LA STORIA NON E’ A SENSO UNICO

Antonio Scurati (Napoli, 25 giugno 1969) è uno scrittore e giornalista italiano, docente di letterature comparate e di scrittura creativa all’Università IULM di Milano, collaboratore de il Corriere della Sera, Internazionale e La Stampa.

Di madre napoletana e di padre di Cusano Milanino, si è laureato in Filosofia all’Università degli Studi di Milano; prosegue gli studi all’École des hautes études en sciences sociales di Parigi e completa la sua formazione conseguendo un dottorato di ricerca in Teoria e analisi del testo all’Università degli Studi di Bergamo. Professore a contratto nell’ateneo bergamasco, coordina il Centro studi sui linguaggi della guerra e della violenza. Sempre presso l’Università di Bergamo insegna Teorie e tecniche del linguaggio televisivo.

Nel 2018 pubblicò Mussolini, Il figlio del secolo, seguito da Mussolini, L’uomo della provvidenza nel 2020 e da Mussolini, Gli ultimi giorni dell’Europa nel 2022; il romanzo ha vinto il Premio Strega nel 2019. 

Nel settembre 2022, dopo un’intervista, parla di Giorgia Meloni definendola “erede di Mussolini”.

In questi giorni ha fatto scalpore la scelta della Rai di non far intervenire Scurati in una trasmissione dove si ricorda l’Anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Scurati avrebbe dovuto ricevere 1800 euro di compenso per qualche minuto di lettura del suo messaggio. La polemica sembrerebbe essere invece legata alle parole scritte…in cui Scurati accusa apertamente la Meloni e il suo governo di essere eredi del fascismo.

La Meloni, per far capire che non è questione di censura ma di costo elevato di un discorso minimo, ha pubblicato sui suoi account social il messaggio. Ci ha ragione? Scurati o la Meloni?

Storicamente le cose che elenca Scurati sono tutte successe, ma la Meloni ha pubblicato il messaggio per far capire che non si è censurato il pensiero di uno scrittore, nemmeno quando attacca il governo. In ogni democrazia la polemica è necessaria, ma non è ammissibile che il servizio pubblico paghi 1800 euro per pochi minuti o che si accusi a piè pari tutta la classe politica di governo per non pronunciare la parola “antifascismo”.

Allora anche bisogna avere il coraggio di dire e di scrivere che durante la guerra e anche dopo, vennero compiuti atti riprovevoli dalla sinistra, comunista e socialista. Perché non si parla mai dei delitti degli estremisti di sinistra? Perché è accettabile solo quello che pare ad una categoria?

La verità storica non è univoca.

Questo il testo dell’intervento:

Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924.
Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro.

Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania.
In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944.

Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.
Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista.

Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia?
Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.
Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).

Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra.
Finché quella parola, Antifascismo, non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana.”

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SITUAZIONE ATTUALE IN MEDIO ORIENTE

La situazione attuale in Medio Oriente è complessa e delicata. Ecco alcuni punti chiave:

  1. Instabilità e Conflitti: La regione è caratterizzata da instabilitàvulnerabilità e conflitti. Gli stati-nazione hanno confini spesso artificiali e fragili, e le ostilità irrisolte sfociano in guerre decennali.
  2. Diversificazione Economica: La dipendenza dal petrolio è un problema urgente. Per garantire un futuro più stabile, è essenziale che i paesi del Medio Oriente diversifichino le loro economie e riducano la loro dipendenza da una singola risorsa.
  3. Tensioni Regionali: Le tensioni tra Israele e i paesi islamici sono sempre presenti. Ad esempio, l’annunciata invasione israeliana di Gaza rischia di aprire il vaso di Pandora in tutta la regione, con conseguenze imprevedibili. Inoltre, i recenti scontri con gli Hezbollah in Libano stanno contribuendo a un clima di crescente violenza.

Equilibrio Precario: I bombardamenti su Gaza, la violenza in Cisgiordania e la chiusura delle aree di preghiera a Gerusalemme stanno mettendo a dura prova il fragile equilibrio tra Israele e i paesi islamici.

In sintesi, il Medio Oriente è una regione in cui la stabilità è appesa a un filo, e gli sviluppi politici, economici e militari possono avere impatti significativi su scala globale.

Chi sono gli Hezbollah (lett. “Partito di Dio”) è un’organizzazione paramilitare islamista sciita e antisionista libanese. È nata nel giugno 1982 come milizia paramilitare durante il conflitto libanese con Israele. In seguito, è diventata anche un partito politico. Il suo segretario generale è Hassan Nasrallah, che ha assunto la posizione dopo la morte di Abbas Al-Musawi nel 1992.

Ecco alcuni punti chiave su Hezbollah:

  1. Origini: L’organizzazione è stata creata con l’obiettivo di aggregare vari gruppi di militanti sciiti libanesi in un’organizzazione unificata. I suoi leader si ispirano all’Ayatollah Khomeini, e le sue forze militari sono state addestrate e organizzate da un contingente del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica.
  2. Attacchi e Attività: Nel corso degli anni, Hezbollah è stato coinvolto in numerosi attacchi, tra cui attentati suicidi e attacchi con camion bomba. Uno dei più gravi è avvenuto nell’ottobre 1983, quando 241 marines statunitensi e 56 paracadutisti francesi della Legione sono stati uccisi in un duplice attentato a Beirut.
  3. Obiettivi: Hezbollah si organizza con principi politici e manifesta tre obiettivi principali:
    • La fine di ogni potenza imperialista in Libano.
    • Sottoporre i cristiano-falangisti a una giusta legge e portarli a processo per i loro crimini.
    • Dare al popolo la possibilità di scegliere con piena libertà il sistema di governo, invitandoli a optare per un governo islamico.
  4. Forza MilitareGrazie al supporto iraniano, l’ala paramilitare di Hezbollah è cresciuta a tal punto da essere considerata non solo più potente dell’esercito regolare libanese, ma secondo Israele, anche della maggior parte delle forze armate arabe al mondo. Durante la guerra civile siriana, Hezbollah è stato un alleato fondamentale per il governo di Bashar al-Assad.

In sintesi, Hezbollah è un’organizzazione complessa con una storia controversa e un ruolo significativo nella politica e nella sicurezza del Libano e della regione del Medio Oriente.

L’Iran ora

La situazione in Iran è complessa e in costante evoluzione. Dopo la Rivoluzione Islamica del 1979, l’Iran è diventato uno Stato teocratico guidato da una guida suprema, attualmente Ali Khamenei. Il paese è stato a lungo ostracizzato dalla comunità internazionale a causa del suo programma nucleare e delle politiche repressive all’interno del paese.

Negli ultimi anni, l’Iran ha affrontato gravi difficoltà economiche a causa delle sanzioni imposte dall’amministrazione Trump e della pandemia di COVID-19. La situazione è stata ulteriormente aggravata da tensioni con gli Stati Uniti, come dimostrato dall’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani in un raid statunitense nel gennaio 2020.

Malgrado le sfide, l’Iran continua a essere un attore importante nella regione mediorientale. Il paese è stato un alleato importante della Siria nella guerra civile e ha anche stretti legami con gruppi sciiti come Hezbollah in Libano. Tuttavia, l’Iran continua ad essere una fonte di preoccupazione per gli Stati Uniti e i suoi alleati a causa della sua politica estera e del suo programma nucleare.

In campo politico, l’Iran è una Repubblica Islamica guidata da un’assemblea di sacerdoti e da un Leader Supremo, attualmente l’ayatollah Ali Khamenei. Negli ultimi anni, il paese ha vissuto una serie di controversie legate alla successione del Leader Supremo e alla sua influenza sulla politica interna e internazionale del paese.In campo economico, l’Iran ha subito gli effetti delle sanzioni internazionali imposte a seguito del suo programma nucleare, che hanno avuto un impatto negativo sulla crescita economica del paese e sulla vita quotidiana della sua popolazione. Nel 2015, l’Iran ha raggiunto un accordo con le principali potenze mondiali per limitare il suo programma nucleare, ma l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di ritirarsi dall’accordo nel 2018 e di reimporre le sanzioni contro l’Iran, aggravando ulteriormente la situazione economica del paese.

Relazioni tra Iran e Israele

Le relazioni bilaterali tra Iran e Israele hanno attraversato diverse fasi nel corso della storia. Ecco un riepilogo delle principali tappe:

  1. 1947-1953: L’Iran fu uno dei 13 paesi che votarono contro il Piano di partizione della Palestina. Tuttavia, nonostante questa opposizione, l’Iran riconobbe Israele come entità sovrana poco dopo la sua creazione, diventando il secondo paese a maggioranza musulmana a farlo, subito dopo la Turchia.
  2. 1953-1979: Durante l’era della dinastia Pahlavi, le relazioni tra Iran e Israele migliorarono notevolmente. Il colpo di Stato del 1953 (noto come Operazione Ajax) portò a un governo filo-occidentale in Iran, e i legami diplomatici e commerciali tra i due paesi si rafforzarono.
  3. 1979-1990: Dopo la Rivoluzione iraniana del 1979, che portò al potere l’ayatollah Ruhollah Khomeyni, l’Iran recise tutti i legami diplomatici e commerciali con Israele. La nuova dirigenza islamica sciita non riconobbe più la legittimità di Israele come Stato-nazione.
  4. 1990-presente: Le tensioni tra Iran e Israele si sono intensificate nel corso degli anni. Fattori chiave includono:
    • Sviluppo nucleare: L’Iran ha sviluppato tecnologia nucleare, suscitando preoccupazioni da parte di Israele.
    • Finanziamento di gruppi militanti: L’Iran sostiene finanziariamente gruppi come HezbollahMovimento per il Jihad Islamico in Palestina e Hamas, considerati organizzazioni terroristiche da Israele.
    • Attacchi terroristici: L’Iran è stato implicato in attacchi come l’attentato all’ambasciata israeliana a Buenos Aires nel 1992 e l’attentato a Buenos Aires nel 1994.

In sintesi, le relazioni tra Iran e Israele sono state complesse e spesso tese, con una serie di fattori geopolitici e storici che hanno contribuito alle attuali dinamiche tra i due paesi

Relazioni tra Iran e Usa

La disputa tra Stati Uniti e Iran ha radici profonde e si è sviluppata nel corso di molti anni. Ecco un riepilogo delle principali tappe:

  1. 1953: Nel 1953, l’agenzia di intelligence statunitense CIA, insieme al servizio segreto britannico MI-6, organizzò un colpo di stato in Iran. L’obiettivo era rovesciare il primo ministro eletto, Mohammad Mossadeq, che voleva nazionalizzare le compagnie petrolifere. Questo evento segnò la prima volta che gli Stati Uniti rovesciarono un governo eletto.
  2. Accordo Italia-Iran: In questo contesto, l’Italia giocò un ruolo chiave. Enrico Mattei, allora presidente dell’Eni, propose un accordo all’Iran. Secondo questo accordo, chiunque producesse petrolio avrebbe partecipato attivamente all’organizzazione, alla produzione e alla supervisione. L’Iran e l’Italia costituirono una società al 50%, la Sirip, che garantiva al governo iraniano il 75% delle royalties e la partecipazione tecnologica diretta.
  3. Relazioni Tese: Nel corso degli anni, le relazioni tra Stati Uniti e Iran sono state caratterizzate da tensionisanzioni e conflitti. Il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano nel 2018 ha ulteriormente irrigidito i rapporti tra i due paesi2.
  4. Rottura Diplomatica: Dal 1980, gli Stati Uniti e l’Iran non hanno più relazioni diplomatiche formali. Il Pakistan funge da potenza protettrice dell’Iran negli Stati Uniti, mentre la Svizzera svolge lo stesso ruolo per gli Stati Uniti in Iran.

In sintesi, la disputa tra Stati Uniti e Iran è complessa e ha radici storiche profonde, con implicazioni politiche, economiche e strategiche su scala globale.

Relazioni tra Iran e Russia

Le relazioni tra Iran e Russia sono complesse e hanno una storia lunga e articolata. Questi due paesi hanno interagito in vari modi nel corso dei secoli, spesso oscillando tra collaborazione e rivalità. Ecco alcuni punti chiave:

  1. Inizio delle Relazioni: Le relazioni ufficiali tra il Granducato di Mosca e l’Impero Persiano (Iran) iniziarono nel 1521, durante il periodo dei Safavidi al potere. Da allora, i due paesi hanno avuto una storia di interazione geografica, economica e socio-politica.
  2. Periodo Amichevole: Fino al 1720, le relazioni tra Iran e Russia erano in gran parte amichevoli e operavano su un piano di equità. Tuttavia, dopo il 1720, con l’attacco di Pietro il Grande all’Iran e l’istituzione dell’Impero Russo, iniziò una serie di campagne contro l’Iran e il Caucaso.
  3. Ruolo Oppressivo dell’Impero Russo: Durante il XIX e l’inizio del XX secolo, l’Impero Russo ebbe un ruolo oppressivo in Iran, danneggiando lo sviluppo del paese. Durante la maggior parte del periodo sovietico successivo, l’ombra del “grande vicino settentrionale” continuò a gravare sull’Iran.
  4. Relazioni AttualiDopo la caduta dell’Unione Sovietica, i due paesi confinanti hanno generalmente goduto di relazioni molto strette e cordiali. Sono alleati strategici e formano un asse nel Caucaso insieme all’Armenia. Inoltre, sono alleati militari nei conflitti in Siria e Iraq e partner in Afghanistan e nell’Asia centrale post-sovietica. La Federazione Russa è anche il principale fornitore di armi e armamenti all’Iran. A causa delle sanzioni economiche internazionali sull’Iran, la Russia è diventata un partner commerciale chiave, soprattutto per le riserve di petrolio in eccesso dell’Iran.
  5. Cooperazione Militare e Politica: L’Iran è l’unico paese dell’Asia occidentale che è stato invitato (nel 2007) a unirsi all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, l’organizzazione internazionale con sede in Russia che fa da parallelo alla NATO1. Inoltre, il presidente russo Vladimir Putin ha cercato una stretta amicizia con l’Iran e ha approfondito la cooperazione militare con l’Iran e la Siria. Nel 2015, Putin ha ordinato un intervento militare in Siria, supportando il regime di Assad e i suoi alleati iraniani con una campagna di bombardamenti aerei contro l’opposizione siriana.

In sintesi, le relazioni tra Iran e Russia sono ora caratterizzate da una stretta alleanza economica e militare, nonostante le pesanti sanzioni imposte dalla maggior parte delle nazioni occidentali a entrambi i paesi.

FONTI:

Treccani on line, siti internazionali politica Usa-Russia-Israele-Iran.

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IL CORAGGIO: dalla parte giusta della STORIA

Ilaria Salis, l’insegnante di origine sarda ma trapiantata a Monza, che sta in carcere in Ungheria, non è che la punta di un iceberg grande quanto la storia dell’umanità.

Infatti è in carcere perché andò a protestare contro un raduno neonazista nella capitale ungherese ed è stata accusata di lesioni gravi contro tre attivisti di estrema destra.

Aldilà della sua posizione politica, quello che conta è l’assurdo sbilanciamento della pena, carcere e catene, dinanzi alla mitezza di considerazione dei neonazisti che si radunano ancora in varie parti dell’Europa e oltre.

Bisogna avere il coraggio di contrastare tutti coloro che vogliono ritornare agli anni bui della seconda guerra mondiale e soprattutto bisogna stare dalla parte di coloro che invece ripudiano ogni forma di intolleranza e di violenza, siano essi credenti, siano essi semplici uomini e donne che tentano di dare un messaggio chiaro e forte alla società civile.

Cristianamente parlando, Gesù stesso fu messo a morte da innocente per aver agito a nome dell’umanità ferita e maltrattata.

Umanamente parlando non possiamo tollerare che persone come noi subiscano ingiustizie e i governi devono fare in modo che tutti i cittadini siano tutelati, in particolare quelli come Ilaria Salis, che ha voluto dare un segnale contro forme di pensiero e azione totalmente antiumane, come appunto il neonazismo.

La mia opinione sarebbe stata la stessa se fosse stata combattuta ogni forma di pensiero o azione di stampo comunista, perché ai miei occhi si equivalgono.

Ogni forma di prepotenza, da qualsiasi parte provenga, infatti ha un’unica matrice antiumana!

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MANI DOTATE

LA STORIA DI UN NEUROCHIRURGO PEDIATRICO ECCEZIONALE

Thomas Carter (Austin, 17 luglio 1953) è un regista, produttore televisivo, attore e sceneggiatore statunitense, nato in Texas, attivo sia in televisione che al cinema.

Nella sua carriera ha vinto tre Premi Emmy, per il miglior film tv (‘Don King: Only in America’) e due come miglior regista per la serie tv ‘La giustizia è uguale per tutti’. Ha anche ottenuto sei nominations all’Emmy e vinto il prestigioso Director’s Guild of America. Nel 1996 ha prodotto e diretto la serie ‘Under one roof’. Ha anche lavorato in serie come ‘Miami Vice’, ‘A cuore aperto’ e ‘Midnight Caller’. Ha diretto il suo primo lungometraggio nel 1993, ‘Swings Kids – Giovani Ribelli’, seguito nel 1997 da ‘Uno sbirro tuttofare’, con Eddy Murphy. Il suo capolavoro resta Gifted Hands – Il dono (Gifted Hands: The Ben Carson Story) (2009) ossia la storia di Ben Carson e della sua missione come chirurgo di eccezionale talento e intelligenza.

Gifted Hands – The Ben Carson Story – è un film televisivo, del 2009, di genere drammatico, biografico che racconta la vita di uno dei più famosi neurochirurghi al mondo: Benjamin Carson (interpretato da Cuba Gooding Jr.), realmente esistito e tuttora in esercizio del suo lavoro di chirurgo. 

Il film è stato trasmesso negli Stati Uniti d’America nel febbraio 2009, mentre in Italia è andato in onda su Sky Cinema Uno, nel dicembre 2010. Il film ha ricevuto recensioni per lo più positive dalla critica. Ray Richmond di The Hollywood Reporter ha sostenuto: «Il film è così bello che un po’ di immodestia non è solo accettabile ma comprensibile». Il film ha vinto l’Epiphany Prize for Inspiring Television del 2010.

Trama

Nel 1987, il dottor Ben Carson si reca a Ulm, in Germania, per incontrare una coppia, Peter e Augusta Rausch, che hanno due gemelli siamesi uniti dalla parte posteriore della testa. 

Il dottor Carson crede che potrebbe riuscire a separarli con successo, ma si rende conto che rischia anche di perderne uno o entrambi. Dopo aver spiegato il rischio ai genitori dei gemelli, Ben accetta di operare.

Dopo il racconto dei quattro mesi trascorsi a ricercare e formulare un piano per aumentare le sue possibilità di successo di un intervento chirurgico, il film torna al 1961 a Detroitnel Michigan, a un’epoca in cui Ben Carson, 11 anni, andava male a scuola

Sua madreSonyache ha solo un’istruzione di terza elementare, è rimasta sola con i suoi due figli, dopo aver scoperto che il padre dei ragazzi aveva già un’altra famiglia, è angosciata per i fallimenti accademici di entrambi i figli e decide di fare qualcosa al riguardo.

Per prima cosa, chiede a Ben e a suo fratello maggiore Curtis di imparare le tabelline e, a loro insaputa, si ricovera in un istituto psichiatrico per combattere la depressione. Quando ritorna, determina che i suoi figli guardino troppa televisione, quindi li limita a non più di due spettacoli a settimana, richiedendo loro di leggere libri e scrivere resoconti su di essi

Nasconde a Ben e Curtis il fatto di essere analfabeta e quindi di non poter leggere i resoconti dei loro libri.

Ben e Curtis iniziano a imparare molto dal mondo dei libri. Nel giro di un anno, Ben passa dall’ultimo posto della classe al primo. Dopo la cerimonia di diploma della scuola media di Ben, in cui il suo insegnante dice con rabbia ai coetanei bianchi di Ben che dovrebbero vergognarsi per essersi comportato peggio del Ben nero e meno privilegiato, Sonya fa iscrivere Ben a una scuola superiore prevalentemente nera.

Nella nuova scuola, Ben è ripetutamente vittima di bullismo da parte di due studenti, ma fa pace dopo averli superati in una battaglia scherzosa. Ben presto si rivelano dei drogati, e danno a Ben un coltello. Nel frattempo, Ben alimenta in sè un carattere irascibile, che culmina quando minaccia fisicamente sua madre e quasi pugnala uno dei suoi ex bulli. Sebbene la lama colpisca la fibbia della cintura del suo amico e non passi attraverso, Ben corre a casa inorridito e grida a Dio di togliergli il cattivo carattere; questo è l’inizio del suo cambiamento.

Dopo un duro lavoro e una forte determinazioneBen riceve una borsa di studio per l’Università di Yale, dove incontra la sua futura moglie, Candy Rustin, che lo sostiene nelle sue lotte per superare Yale. Dopo aver studiato neurochirurgia, Ben viene accettato come residente al Johns Hopkins Hospital, dove si trova ad affrontare un dilemma che potrebbe porre fine alla sua carriera: operare un uomo morente senza permesso o supervisione, o lasciarlo morire. Corre il rischio e salva la vita dell’uomo, e in seguito viene promosso dal suo superiore.

Nel 1985, dopo che la madre di Ben si unisce alla famiglia nel Maryland, Candy viene portata d’urgenza all’ospedale dove abortisce i loro gemelli. Il dottor Carson rimane con lei tutta la notte fino al mattino successivo, quando esegue una rara procedura, un’emisferectomia, in cui rimuove metà del cervello di una bambina di quattro anni che ha convulsioni 100 volte al giorno. Nonostante i rischi drastici, la procedura ha successo e la ragazza si riprende molto più velocemente di quanto Ben si aspettasse, il che si traduce nel suo primo assaggio di esposizione mediatica.

Il film ritorna poi a quando Ben si prepara per un’operazione rischiosa per separare i gemelli siamesi dalla testa. Con quattro mesi prossimi alla fine, Ben non è ancora in grado di trovare un modo per separare i gemelli. Poi riceve un’illuminazione mentre gioca da solo a biliardo e, di conseguenza, escogita un piano. Dopo 22 ore dall’inizio della procedura, il dottor Carson e il suo team riescono a separare i gemelli, salvando loro la vita e liberando i genitori Peter e Augusta. Il film si conclude con il dottor Carson circondato da membri della stampa.

CHI E’ IL NEUROCHIRURGO DEL FILM?

Benjamin Solomon Carson Sr. (Detroit, 18 settembre 1951) è un medico, chirurgo e politico statunitensedal 2017 al 2021 Segretario della Casa e dello Sviluppo Urbano nell’amministrazione Trump.

Dal 1984 al 2013 fu direttore del dipartimento di Neurochirurgia Pediatrica al Johns Hopkins Hospital. Nel 2008ha ricevuto dal Presidente George W. Bush la medaglia presidenziale della libertà, una delle maggiori onorificenze civili negli Stati Uniti.

Annunciò che avrebbe tentato di ottenere la nomination del Partito Repubblicano per le elezioni presidenziali del 2016, ma si ritirò dalla campagna elettorale durante le votazioni.

Sua madre, Sonya Carson, era una giovane poco istruita, che contrasse matrimonio a solo tredici anni. Il marito abbandonò la famiglia dopo che Sonya scoprì che aveva un’altra moglie e altri figli. Si ritrovò sola, con scarse possibilità economiche e con due figli da mantenere. Nonostante tutto, incoraggiò sempre i figli con positività dando molta forza ad entrambi.

La sua dedizione e il suo spirito di sacrificio ebbero un profondo impatto sulla vita di Ben.

La separazione dal padre dei suoi figli spinse Sonya in uno stato di profonda depressione, per cui si fece ricoverare in un ospedale psichiatrico, preferendo comunque non rivelarlo ai figli. 

Con il tempo si ristabilì dalla depressione, ma per lei non fu facile ritornare alla vita normale.

Nel 1959 la famiglia decise di trasferirsi da Detroit a Boston, in Massachusetts, rimanendoci fino al 1961. 

Nel frattempo Sonya lavorava duramente nelle case di gente ricca, come baby-sitter e domestica. Si interessò sempre molto dell’istruzione dei suoi figlitanto che li obbligò a leggere e a riassumere due libri alla settimana. Tornarono nella casa dove avevano vissuto prima della separazione dal padre dei ragazzi e Benjamin si iscrisse al liceo Hunter, una scuola a maggioranza di allievi di colore, e fu un allievo eccellente. 

Nell’autunno 1969 Ben fu accettato all’università Yale e gli fu anche offerta una borsa di studio accademica pari al 90% della retta. Durante i suoi anni di studio svolse diversi tipi di lavori per mantenersi: lavorò in un laboratorio di biologia, in un ufficio paghe, come spazzino, in una posta, in un’azienda di automobili e in un laboratorio di radiologia.

A Yale mentre frequentava il terzo anno conobbe la sua futura moglie Lacena Rustinviolino nell’orchestra sinfonica di Yale. Ben si diplomò nel 1973 con un discreto punteggio, iscrivendosi poi ad “Ann Arbor”, la facoltà di medicina del Michigan, una delle migliori degli Stati Uniti. Nell’estate tra il diploma e l’università medica lavorò in un’acciaieria dove divenne cosciente di possedere un’ottima coordinazione occhio-mano, che in seguito lo fece diventare un ottimo chirurgo.

«La mia coordinazione tra occhi e mani, fu un inestimabile vantaggio per me in chirurgia. Questo dono va oltre la coordinazione occhio-mani e include l’abilità di capire i rapporti personali, pensando in tre dimensioni.»

Fin dai primi tirocini nel reparto di neurochirurgia furono evidenti le doti di Ben: inventò un metodo semplice per localizzare il foro ovale, che si trova alla base del cranio. Il forte interesse per la neurochirurgia, il crescente interesse per lo studio del cervello e il talento della coordinazione occhio-mano, furono gli ingredienti fondamentali del suo successo. 

Carriera universitaria al Johns Hopkins University

Nell’autunno del 1976 inviò una domanda per l’internato in neurochirurgia al Johns Hopkins Hospital, ospedale che accettava solo due studenti all’anno e venne assuntoNel 1975 Ben e Candy si sposarono tra il secondo e il terzo anno di medicina trasferendosi a Baltimora. Durante il suo internato incontrò diversi pazienti che avevano dei pregiudizi e che non volevano essere curati da un medico nero. Ben sentì un obbligo morale di diventare un modello per i giovani neri. Nel corso di tutti i suoi tirocini aveva ottenuto diversi apprezzamenti e riconoscimenti. Terminato l’internato, venne accolto nel programma interno di neurochirurgia al Johns Hopkins Hospital, dove rimase dal 1978 al 1982. Grazie a uno studio su un modello di tumore cerebrale, compiuto insieme al dottor Jim Anderson, ottenne il premio di Internista dell’anno.

Nel giugno 1983 divenne titolare di neurochirurgia dell’ospedale di Perth in Australia.

In quell’anno fece molta esperienza in chirurgia, tanto che la sua abilità si ampliò notevolmente. 

Il 12 settembre 1983 nacque il loro primo figlio, Murray Nedlands Carson.

Tornato nell’estate 1984 a Baltimora riprese a lavorare alla Hopkins.

Dopo pochi mesi dal suo rientro, il primario della neurochirurgia pediatrica diede le dimissioni, per cui, a soli 33 anni ricevette l’incarico. Molti pazienti si stupirono della sua giovane età, ma nessuno rifiutò un suo intervento, perché la sua fama e la sua bravura lo precedevano.

A un anno dalla sua nomina al Johns Hopkins Hospital affrontò uno degli interventi più difficili della sua vita: eseguì la sua prima emisferectomia su una bambina di nome Maranta Francisco. L’esito del caso ebbe un effetto straordinario oltre che per la sua carriera, anche sull’atteggiamento della professione medica verso un procedimento chirurgico controverso con molti e potenziali effetti collaterali e un’alta mortalità associata. La bambina era affetta da un’encefalite di Rasmussen, un’infiammazione del tessuto cerebrale estremamente rara, che le provocava fino a cento convulsioni al giorno. Questa malattia progredisce lentamente ma inesorabilmente, fino a portare alla paralisi di un lato del corpo, a un ritardo mentale e infine alla morte. Ben rimosse la parte sinistra del cervello, e, dopo dieci ore di intervento la bambina si svegliò riuscendo sia a parlare che a muovere le varie parti del corpo. Da quel momento in poi non subì più attacchi epilettici. Fu un successo così straordinario che monopolizzò i telegiornali e i quotidiani per giorni e giorni. Ben utilizzò questa pratica in molti interventi ed ebbe molto successo in quanto veniva eseguita su pazienti idonei e l’équipe di medici e infermieri lavorava straordinariamente bene insieme, ottenendo eccellenti risultati. 

La separazione dei gemelli siamesi

Nel 1987, Ben entrò nella storia della medicina con un intervento chirurgico necessario per separare una coppia di gemelli siamesi. I gemelli Binder, Benjamin e Patrick, erano nati uniti nella parte posteriore della testa. Le operazioni di gemelli separati uniti in questo modo erano sempre fallite, causando la morte di uno o di entrambi i bambini. La nascita di gemelli siamesi uniti in una parte del corpo, si verifica una volta ogni 70 000 – 100 000 nascite, mentre il caso di gemelli uniti per la testa si verifica solo una volta ogni 2-2.5 milioni di nascite.

La madre dei bambini, Theresa Binder, dalla Germania aveva cercato un medico disposto a eseguire l’intervento. Tutti le avevano detto che non era possibile, che si doveva necessariamente sacrificare uno dei due piccoli. Ben accettò di operarli, con la consapevolezza che sarebbe stato un intervento molto rischioso.

Il Dottor Mark Rogers, direttore della terapia intensiva pediatrica alla Hopkins, coordinò l’imponente impresa. Riunirono sette anestesisti pediatrici, cinque neurochirurghi, due cardiochirurghi, cinque chirurghi plastici e dozzine di infermiere e tecnici, in tutto una settantina di persone. Furono necessari cinque mesi per programmare e preparare accuratamente l’intervento. L’operazione sui gemellini di sette mesi iniziò sabato 5 settembre 1987 alle 7:15 e durò 22 ore. Ben avrebbe separato i gemelli, poi Donlin Long avrebbe operato su un bambino e Ben sull’altro. Dopo la separazione i gemelli dovettero affrontare un ostacolo potenzialmente mortale.

Attuato un arresto ipotermico, prima di poter ripristinare il flusso sanguigno, Carson e Long dovevano modellare una nuova vena sagittale da frammenti del pericardio preparati in precedenza. Dopo aver rimesso in funzione il cuore dei bambini si scontrarono con un altro grande ostacolo: un’emorragia massiva di tutti i piccoli vasi sanguigni del cervello incisi durante l’intervento. Le riserve di sangue stavano terminando, ma riuscirono a ottenere dieci flaconi dalla Croce Rossa Americana. Al termine dell’operazione i gemelli avevano ricevuto sessanta trasfusioni, diverse dozzine in più di quelle che sarebbe stato necessario per il loro normale volume sanguigno.

L’equipe aveva programmato che la testa dei gemelli venisse ricoperta da una struttura a rete in titanio, ideata da Craig Dufresne, mescolata con un impasto di ossa polverizzate estratte dal cranio stesso dei bambini. Alla fine queste ossa sarebbero cresciute tra gli interstizi, senza bisogno di rimuoverle in seguito. Non vi era cuoio capelluto a sufficienza per coprire ambedue le teste dei bimbi, così chiusero la testa di Benjamin con una struttura chirurgica, non riuscendo ad installare la copertura in titanio. Dopo aver completato l’intervento posero per dieci giorni i bambini in coma artificiale, per dare ai piccoli cervelli traumatizzati dall’operazione una possibilità di recupero senza danni successivi.

L’assistenza postchirurgica fu eccezionale quanto l’operazione. I bambini, terminato l’effetto del fenobarbital, aprirono gli occhi e iniziarono a guardarsi intorno. Tuttavia tre settimane prima di tornare in Germania Patrick aspirò il cibo nei polmoni subendo un arresto respiratorio. Soffrì di un danno cerebrale, ma non si sapeva quanto fosse esteso. Quando i gemelli lasciarono il Johns Hopkins Hospital il bimbo fece dei progressi. Fu un intervento storico che segnò la storia della medicina. 

Carriera e malattia

Ben scrisse tre bestseller: Mani miracolose, Think big e The big Picture. Il primo era un’autobiografia, mentre negli altri due esponeva la sua filosofia di vita. Questi libri hanno avuto molto successo non solo in America, ma anche in altri paesi, essendo stati tradotti in molte lingue.

Nel 2002 gli venne diagnosticato un cancro alla prostata. Dopo questa malattia, decise di fare dei cambiamenti nella sua vita cercando di trascorrere più tempo in famiglia. Nonostante tutto operò più di trecento bambini in un anno. Nel 2009 è uscito il film Gifted Hands – Il dono dedicato alla sua vita, nel quale Ben è interpretato da Cuba Gooding Jr..

Carson ricevette numerose onorificenze e riconoscimenti nel corso degli anni, tra i quali oltre 61 dottorati honoris causa. Fu inoltre membro della American Academy of Achievementla Horatio Alger Association, la Alpha Omega Alpha Honor Medical Society, la Yale Corporation, della Yale University, e molte altre prestigiose organizzazioni. È membro del Consiglio di Amministrazione di Kellogg Company, Costco Wholesale Corporation, e America’s Promise. Fu anche il presidente e cofondatore del “Fondo studi Carson“, che riconosce borse di studio a giovani di ogni estrazione, che si siano distinti per eccezionali risultati accademici e per doti umanitarie. Infatti il desiderio di Ben e sua moglie fu sempre quello di poter creare un fondo nazionale scolastico istituito per giovani che abbiano capacità negli studi riuscendo a realizzare i sogni di molti studenti brillanti, che, economicamente, non avrebbero avuto le possibilità di accedere a università prestigiose. Nel 2007, venne inserito nella Wesleyan Indiana University Society of World Changers ricevendo, come oratore, un dottorato onorario. Nel 2008 tornò alla IWU, insieme al suo amico, Tony Dungy.

Il 19 giugno 2008, Carson ha ricevuto la Medaglia Presidenziale della Libertà dal presidente George W. Bush. È un destinatario del Ford’s Theatre Lincoln Medal, e, nel 2010 fu incaricato per l’Institute of Medicine, della United States National Academy of Sciences. 

Inoltre ha fondato due scuole: “Benjamin S. Carson Honors” e “Accademia di scienza” nel Wisconsin.

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LA MEMORIA STORICA: UN MONITO CONTRO OGNI GUERRA

DISCORSO DI MATTARELLA PER L’80 ANNIVERSARIO DELLA DISTRUZIONE DELLA CITTA’ DI CASSINO

Ogni volta che il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella parla, è per lasciare un segno, non solo circostanziato ad avvenimenti o momenti istituzionali, ma valevole nel tempo, come riflessione duratura, per noi adulti e soprattutto per i nostri giovani.

Nessuno di noi, eccetto la generazione della seconda guerra mondiale, ha vissuto gli avvenimenti degli anni ’40 del Novecento; eppure ora sono vivi nella Memoria storica e devono essere ricordati, soprattutto in tempi come questi, in cui, alle porte dell’Europa, ci sono delle guerre.

Indico, quindi, come importante la lettura di questo discorso del Presidente a Cassino.

“Nella drammatica storia della Seconda Guerra mondiale, con le sue immani sofferenze, Cassino, la città e il suo territorio, queste popolazioni, sono tragicamente entrate nell’elenco dei martiri d’Europa, accanto ad altri centri come Coventry, come Dresda.

Gli storici ci consegnano un numero – così alto da essere terrificante – di migliaia e migliaia di vittime delle diverse armate, della popolazione civile, degli abitanti di questa città, di questo territorio, come conseguenza dei 129 giorni di combattimenti qui avvenuti.

I cimiteri – e quelli di guerra, dedicati ai combattenti – fanno qui corona e ammoniscono.

Una tragedia dai costi umani ripeto di dimensioni spaventose.

In questa terra avvennero scontri tra i più cruenti e devastanti.

E mentre un sentimento di pietà si leva verso i morti, verso le vittime civili, non può che sorgere, al contempoun moto di ripulsa da parte di tutte le coscienze per la distruzione di un territorio e delle sue risorse, per l’annientamento delle famiglie che lo abitavano, nel perseguimento della cieca logica della guerra, quella della volontà di ridurre al nulla del nemico, senza nessun rispetto per le vittime innocenti.

Lutti e sofferenze pagate in larga misura dalla incolpevole popolazione civile, a partire da quel funesto bombardamento del 15 febbraio contro l’Abbazia, nella quale, con i monaci, perirono famiglie sfollate, tante persone che vi si erano rifugiate contando sull’immunità di un edificio religioso, espressione di alta cultura universalmente conosciuto.

Ma la guerra non sa arrestarsi sulla soglia della barbarie.

L’offensiva della coalizione contro il nazismo, che aveva occupato – e opprimeva – l’Italia, rase totalmente al suolo la città e la storica Abbazia.

Questo territorio, all’indomani degli eventi bellici, si presentò completamente distrutto: case, chiese, strade, ponti, ferrovie, scuole.

A quella comunità così duramente colpita, a quelle donne e a quegli uomini contro cui la furia bellica si manifestò in tutta la sua disumanità, la Repubblica esprime oggi affetto e rimpianto e, nel ricordo, si inchina alla loro memoria.

Rende omaggio a un eroismo silenzioso nel tempo della sofferenzae alla loro orgogliosa volontà di far riprendere la vita in quello che era divenuto un campo di rovine.

Ricordiamo come un gesto eroico quello di trovare dentro di sé le risorse per porre mano immediatamente alla ricostruzione.

Anche dell’Abbazia, faro di civiltà, avviata – questa ricostruzione dell’Abbazia – ancor prima della conclusione del conflitto.

Toccò al primo Presidente del Consiglio dei ministri espresso dal Comitato di Liberazione Nazionale, Ivanoe Bonomi, porne la prima pietra già nel marzo del 1945.

Cassino martire. Ma Cassino anche protagonista, straordinaria testimone di questa risalita dall’abisso.

Un abisso che inghiottì anche migliaia di giovani di altri Paesi che morirono combattendo contro gli oppressori dell’Italia e che ricordiamo con commozione e con riconoscenza.

La strada della libertà è stata segnata dal sacrificio e dal coraggio degli uomini che combatterono coraggiosamente – e tanti vi persero la vita – in questi territori, prendendo parte alla lotta di Liberazione, per far sì che prevalesse la pace nel Continente dilaniato da nazionalismi e da conflitti e che non avessero a soccombere le ragioni dei diritti delle persone e dei popoli.

Quello che l’Italia ha compiuto in Europa in questi decenni è un cammino straordinario di pace e di solidarietà, abbracciando i valori dell’unità del nostro popolo, della democrazia, dell’uguaglianza, della giustizia sociale.

Valori che gli italiani vollero consacrati con la scelta della Repubblica e con la Costituzione.

Insieme a una affermazione solenne, tra le altre: il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali.

Sono queste le poche parole dell’art.11 della nostra Costituzione che contiene le ragioni, le premesse del ruolo e delle posizioni del nostro Paese nella comunità internazionale: costruire ponti di dialogo, di collaborazione con le altre nazioni, nel rispetto di ciascun popolo.

Vent’anni dopo quei drammatici eventi, Papa Paolo VI, nel momento di inaugurare la ricostruita Abbazia,volle tributare alla figura di San Benedetto il riconoscimento di essere Patrono d’Europa. Lo volle definire “Messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà”. 

La nuova Abbazia ha la stessa vocazione ma ambisce anche a essere prova di un’accresciuta consapevolezza degli orrori della guerra e di come l’Europa debba assumersi un ruolo permanente nella costruzione di una pace fondata sulla dignità e sulla libertà.

Ne siamo interpellati.

Sono mesi – ormai anni – amari quelli che stiamo attraversando.

Contavamo che l’Europa, fondata su una promessa di pace, non dovesse più conoscere guerre.

Ai confini d’Europa, invece, anzi dobbiamo dire dentro il suo spazio di vita, guerre terribili stanno spargendo altro sangue e distruggendo ogni remora posta a tutela della dignità degli esseri umani.

Bisogna interrompere il ciclo drammatico di terrorismo, di violenza, di sopraffazione, che si autoalimenta e che vorrebbe perpetuarsi.

Questo è l’impegno della Repubblica Italiana.

Far memoria di una tragedia, una battaglia così sanguinosa, come quella di Cassino – che ha inciso nelle carni e nelle coscienze del nostro popolo e di popoli divenuti nostri fratelli – è anche un richiamo a far cessareovunque, il fuoco delle armi, a riaprire una speranza di pacedi ripristino del diritto violato in sede internazionale, della dignità riconosciuta a ogni comunità.

Cassino esprime un ricordo doloroso di quanto la guerra possa essere devastante e distruttiva, ma è anche un monito a non dimenticare mai le conseguenze dell’odio, del cinismo, della volontà di potenza che si manifesta a più riprese nel mondo.

Cassino città martire.  Cassino città della pace.

Questo il messaggio forte, intenso, che da qui viene oggi.

È questo il traguardo a cui ambire.

È questa la natura dell’Europa, la sua vocazione, la sua identità.

È questa la lezione che dobbiamo tenere viva, custodire, trasmettere sempre, costantemente.

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Modello: DONNA

Credo che, per quanto mi riguarda,l’idea discriminatoria circa le donne non esiste. Ossia, nella mia vita e nella mia famiglia, le donne erano e sono le Regine.

Gli uomini di casa mia sempre ci hanno trattato con parità e soprattutto posso sostenere che le mie nonne e le altre donne di casa, mia madre, in primis, siano state sempre donne forti, che difficilmente accettavano sottomissioni.

Ricordo perfettamente che nessuno dei maschi abbia mai usato discriminazioni o abbia mai maltrattato le donne di casa, anche perché le vere padrone e signore erano loro e inoltre erano talmente toste da non permetterlo.

Io stessa parlavo con gli adulti come fossi adulta anche io.

Questa parità “costituzionale” è sempre stata un’ossatura della mia famiglia e quindi della mia persona.

Non concepisco quindi nessun tipo di differenza rispetto agli uomini.

Anche nella mia vita di fede, mi sento di dire che non dimentico questa caratteristica derivante dalle mie origini e sono una donna fiera.

Il Creatore quando ha creato l’Umanità, l’ha creata complementare.

Sono le persone che fanno le differenze e chi crea problemi ad altri è perché, evidentemente, ne soffre in prima persona.

La ricorrenza dell’otto marzo dovrebbe essere sempre uno sprone per riportare la gente a quello che era il progetto primitivo di Felicità che Dio ha voluto per tutti noi.

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CHE COSA E’ L’INTELLIGENZA E CHE COSA E’ L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

La parola intelligènza deriva dal sostantivo latino intelligentĭa, a sua volta proveniente dal verbo intelligĕre, “capire“. Il vocabolo intelligĕre è formato dal verbo legĕre, “cogliere, raccogliere, leggere” con la preposizione intus, “dentro” (quindi, ‘leggere dentro, in profondità‘); l’intelligenza, quindi, è letteralmente capacità di vedere in profondità.

Da sempre l’uomo si è chiesto che cosa lo distingua dagli altri esseri viventi sulla Terra e che cosa lo caratterizzi. Con il tempo ha capito che ha a che fare con un Essere al di sopra di lui e con altri esseri animali e non, che lo circondano.

L’intelligenza è un complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono di capire le cose e i concetti e di organizzare conseguentemente il proprio comportamento, sia nel campo delle idee, sia nel campo dell’attività pratica, per risolvere un problema e raggiungere un obiettivo.

L’intelligenza è stata anche definita come la capacità di passare dal pratico al teorico, attraverso l’astrazione, di comprendere i processi della realtà, attraverso la logica e inoltre come la capacità di percepire o dedurre informazioni e di conservarle come conoscenza da applicare a comportamenti adattivi, all’interno di un ambiente o di un contesto.

Il concetto chiave della mente umana è riassunto nel quoziente d’intelligenza (QI) ossia il rapporto tra l’età mentale di una persona e la sua età cronologica, moltiplicato per 100. Il valore 100 del quoziente intellettivo è considerato il valore medio della popolazione. Si supera la media della popolazione da 100 a circa 160 punti. Chi sta sulla media del 140 è già un genio o perlomeno una persona di grandi capacità.

Ci sono due tesi, circa il potenziale del QI: 1. la Tesi ereditarista, secondo la quale, il QI di una persona dipende dal suo genotipo (dunque è immutabile); 2. la Tesi ambientalista, secondo la quale, il QI di una persona dipende dall’ambiente culturale in cui è nata, cresciuta e in cui vive (dunque è mutabile).

Queste due teorie, per tutto il ‘900, si sono susseguite e scontrate, finchè si è pensato che il sostrato sia la prima e il completamento la seconda.

Esiste poi la teoria delle intelligenze multiple

Lo psicologo statunitense Howard Gardner arriva a distinguere ben nove manifestazioni fondamentali dell’intelligenza, derivanti da strutture differenti del cervello e indipendenti l’una dall’altra. 

Ecco i nove macro-gruppi intellettivi:

1.Intelligenza Linguistica: è l’intelligenza legata alla capacità di utilizzare un vocabolario chiaro ed efficace. Chi la possiede solitamente sa variare il suo registro linguistico, in base alle necessità, ed ha la tendenza a riflettere sul linguaggio.

2.Intelligenza Logico-Matematica: coinvolge sia l’emisfero cerebrale sinistro, che ricorda i simboli matematici, che quello di destra, nel quale vengono elaborati i concetti. È l’intelligenza che riguarda il ragionamento deduttivo, la schematizzazione e le catene logiche.

3.Intelligenza Spaziale: concerne la capacità di percepire forme e oggetti nello spazio. Chi la possiede, normalmente, ha una sviluppata memoria per i dettagli ambientali e le caratteristiche esteriori delle figure, sa orientarsi in luoghi intricati e riconosce oggetti tridimensionali, in base a schemi mentali piuttosto complessi. Questa forma dell’intelligenza si manifesta essenzialmente nella creazione di arti figurative.

4.Intelligenza Corporeo-Cinestesica: chi la possiede ha una padronanza del corpo che gli permette di coordinare bene i movimenti.

In generale si può riferire a chi fa un uso creativo del corpo, come i ginnasti e i ballerini.

5.Intelligenza Musicale: normalmente è localizzata nell’emisfero destro del cervello, ma le persone con cultura musicale elaborano la melodia in quello sinistro. È la capacità di riconoscere l’altezza dei suoni, le costruzioni armoniche e contrappuntistiche. Chi ne è dotato solitamente ha uno spiccato talento per l’uso di uno o più strumenti musicali, o per la modulazione canora della propria voce.

6.Intelligenza Intrapersonale: riguarda la capacità di comprendere la propria individualità, di saperla inserire nel contesto sociale, per ottenere risultati migliori nella vita personale, e anche di sapersi immedesimare in personalità diverse dalla propria. Si può chiamare anche intelligenza emotiva.

7.Intelligenza Interpersonale: Riguarda la capacità di comprendere gli altri, le loro esigenze, le paure, i desideri nascosti, di creare situazioni sociali favorevoli e di promuovere modelli sociali e personali vantaggiosi. Si può riscontrare specificamente negli psicologi. Si chiama anche intelligenza sociale.

8.Intelligenza Naturalistica: consiste nel saper individuare determinati oggetti naturali, classificarli in un ordine preciso e cogliere le relazioni tra di essi. 

9.Intelligenza Esistenziale o Teoretica: rappresenta la capacità di riflettere consapevolmente sui grandi temi della speculazione teoretica, come la natura dell’universo e la coscienza umana, e di ricavare da sofisticati processi di astrazione delle categorie concettuali che possano essere valide universalmente.

Il significato del concetto di intelligenza, secondo queste nove categorie, è da intendersi dunque come particolari abilità di cui è dotato l’individuo. Queste capacità non sono statiche e possono essere sviluppate mediante l’esercizio, ma possono anche sparire col tempo, se non vengono utilizzate. 

Ogni macro-gruppo contiene vari sottotipi. Quindi si possono anche intersecare tra loro.

L’intelligenza artificiale

La locuzione intelligenza artificiale (o IA) indica sia la proprietà di una macchina di imitare, del tutto o in parte, l’intelligenza biologica, sia il ramo dell’informatica che mira a creare le macchine capaci di tale imitazione, attraverso “lo studio e la progettazione di agenti intelligenti”  ossia dei sistemi che percepiscono l’ambiente e attuano le azioni che massimizzano le possibilità di successo.  

L’intelligenza artificiale è vista come “la capacità di un sistema di interpretare correttamente dati esterni, di capire questi dati e di utilizzare tale apprendimento per raggiungere obiettivi specifici e svolgere compiti, attraverso un adattamento flessibile”. 

Tra le caratteristiche che le macchine possono avere vi sono il ragionamento, la capacità di pianificare, apprendere, percepire, comunicare e manipolare oggetti. Non vi è attualmente consenso su quanto vicino si possa andare nel simulare il cervello umano.

Per il presente e il futuro sono stati proposti o ipotizzati diversi metodi di miglioramento dell’intelligenza umana, le cui implicazioni e i cui livelli di efficacia, sicurezza e legittimità etica sono stati oggetto di discussione. 

L’AI sta pian piano pervadendo le nostre vite, ma va regolamentato l’uso e a tal proposito l’UE sta già agendo, per offrire all’umanità un valido aiuto come strumento in molti campi e non solo un insieme di rischi incontrollati e incontrollabili.

cfr. Treccani on line e altri siti di psicologia e corsi su AI

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CHI ERA ALEKSEJ ANATOLIEVICH NAVAL’NYJ

Un personaggio controverso

“Chi cerca la verità non la troverà mai completa, perchè umanamente parlando la verità è irraggiungibile”

MS

Aleksej Anatolievich Naval’nyj era nato, nel distretto rurale di Butyn, a ovest di Mosca, il 4 giugno 1976, da una famiglia di militari. Si era laureato in giurisprudenza nel 1998 e poi in Finanze. Nel 2000 si era iscritto al partito Jabloko, di ispirazione social-liberale e filo-occidentale, del quale, dal 2004 al 2007, divenne uno dei leader nell’area di Mosca.

Nel 2005 fonda il gruppo giovanile Democrazia Alternativa, che riceveva finanziamenti dagli Usa. 

Nel 2004, aveva fondato il “Comitato per la protezione dei moscoviti“. Poi divenne capo del ramo regionale di Mosca, del partito Jabloko. 

Nel 2007 fondò un movimento politico chiamato Narod (Popolo), che aveva come priorità la tematica dell’immigrazione. Poiché però Naval’nyi si dimostrò un accanito nazionalistadicendo parole offensive verso gli immigrati, i dirigenti del suo partito lo espulsero. Nel luglio 2008 il partito Narod si unì a due partiti nazionalisti e xenofobi, e si formò il Movimento Nazionale Russo, del quale Naval’nyj fu co-presidente.

Nel 2009 iniziò ad occuparsi della corruzione in Russia e pubblicò i risultati delle sue indagini su un blog, che divenne popolare. Cominciò a focalizzare le sue indagini anche sui politici e sul governodivenendo grande critico del presidente russo Vladimir Putin

Successivamente nel 2011 e nel 2012 invitò a non votare per Putin. Andava in piazza a esprimere disaccordo con i risultati delle elezioni e ad accusare le autorità di brogli elettorali su larga scala. Venne così arrestato dalla polizia.

Nell’ottobre del 2011 vennero intercettate e pubblicate le e-mail di Naval’ny che contenevano scambi con politici dell’estrema destra come Aleksandr Belov, il leader anti-semita e suprematista del Movimento contro l’immigrazione illegale (DPNI), e con personaggi dell’ambasciata statunitense in Russia. 

Nel 2014, Naval’nyj si oppose all’annessione della Crimea, dichiarando che questa manovra avrebbe portato all’espansione della NATO e a un indebolimento dell’economia del Paese. Nel novembre 2018 la Corte europea dei diritti dell’uomo condannò la Russia a risarcire Naval’nyj, per i suoi molteplici arresti subiti sul territorio russo valutati come politici, contro la libertà di espressione e privi di una reale motivazione. Il 23 dicembre 2016, Naval’nyj annunciò la propria candidatura alle elezioni presidenziali, ma poi ne venne escluso per varie condanne (appropriazione indebita), anche se molti governi filo-occidentali e Amnesty International sostengono ancora che la causa delle sue condanne sia dovuta alla stessa opposizione a Vladimir Putin. 

Il 27 aprile 2017, Naval’nyj fu attaccato fuori dal suo ufficio nella Fondazione Anti-corruzione. Gli spruzzarono sul viso una tintura verde brillante. Il disinfettante era stato mescolato con una sostanza chimica caustica, provocando un’ustione chimica all’occhio destroPerse l’80% della vista. 

Nello stesso anno, Naval’nyj accusò Dmitrij Medvedev, l’allora primo ministro russo.

Nel luglio del 2020, la Fondazione Anti-corruzione venne ufficialmente chiusa dal governo russo, perché avevano le prove che i membri ricevevano aiuti dalla Gran Bretagna.

La mattina del 20 agosto 2020, Naval’nyj e la sua portavoce Kira Jarmyš erano a bordo dell’aereo S7 Airlines, volando da Tomsk a Mosca. Durante il volo, Naval’nyj cominciò a sentirsi male e perse conoscenza. 

Il 21 agosto, dopo la richiesta della famiglia e del partito Russia del Futuro alla cancelliera tedesca Angela Merkel e al presidente francese Emmanuel Macron, un aereo dalla Germania arrivò ad Omsk, per trasportare Naval’nyj in una clinica di Berlino. 

Il 2 settembre un portavoce del governo tedesco confermò l’ipotesi dell’avvelenamento, affermando la presenza del Novichok, agente nervino già utilizzato per avvelenare l’ex spia Sergej Skripal’ nel 2018. Il 7 settembre uscì dal coma indotto. Degli agenti segreti russi avevano messo il veleno nelle mutande di Naval’ny, quando si trovava in albergo e il veleno a contatto con la pelle avrebbe fatto il suo effetto rapidamente. Non lo fece del tutto, perché evidentemente non penetrò sotto l’epidermide.

Il 17 gennaio 2021, Naval’nyj tornò in Russia dalla Germania e venne trattenuto nella zona grigia dell’aeroporto Šeremet’evo di Mosca da ufficiali.  

L’arresto di Naval’nyj scatenò proteste di massa nel paese.

Il 31 marzo 2021, Naval’nyj iniziò uno sciopero della fame a causa del rifiuto dei medici di vederlo. Il 6 aprile venne ricoverato per sospetta tubercolosi. 

Il 9 giugno 2021, la sua rete di associazioni politiche, incluso il “quartier generale” e la “Fondazione Anti-corruzione”, venne definita estremista dal Tribunale della città di Mosca e quindi bandita. 

Nell’ottobre 2021 ricevette il “Premio Sacharov”, per i diritti umani del Parlamento europeo.  Nello stesso mese la commissione carceraria russa invece designò Naval’nyj come “terrorista”.

Il 25 dicembre 2023 alcuni collaboratori di Naval’nyj comunicarono che era stato trasferito nella colonia penale IK-3 (nota come “Lupo polare”), a Charp, nel circondario autonomo Jamalo-Nenec, oltre il circolo polare articoin condizioni di completo isolamento e nella quasi totale impossibilità di comunicare con lui. Il trasferimento avvenne in treno; secondo la pratica penale russa (reclusione ed esilio), i prigionieri vengono infatti trasportati in vagoni ferroviari, gli Stolypin, che spesso percorrono itinerari tortuosi verso i territori più estremi del paese. 

Il 16 febbraio 2024, il servizio carcerario russo ha comunicato che Naval’nyj è morto, affermando che “si è sentito male dopo una passeggiata e ha perso quasi immediatamente conoscenza”.

Sito ufficiale di Naval’ny

https://navalny.com

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LE VITE DEGLI ALTRI

L’opera e il film Le vite degli altri sono opera di Florian Henckel von Donnersmarck nato nel 1973 a Colonia, Germania Occidentale, in una famiglia cattolica ma cresciuto in America. Dopo essersi diplomato in un Liceo Cattolico studiò letteratura russa per due anni a  San Pietroburgo. Nel 1977 a New York iniziò il suo amore per il cinema. Nel 1996 iniziò a studiare regia di fiction all’Università di Televisione e Cinema, di Monaco di Baviera. Il suo primo lungometraggio Das Leben der Anderen (Le vite degli altri), che necessitò di tre anni per essere scritto, diretto e completato, vinse l’European Film Award come miglior film, miglior attore e miglior sceneggiatura nel 2006; nel 2007 vinse l’Oscar al miglior film straniero . Attualmente è sposato e ha tre figli. 

Le vite degli altri è un dramma ambientato a Berlino Est negli anni Ottanta del Novecento; si confronta con la storia della DDR  controllata dalle spie della Stasi, temuto organo di sicurezza e spionaggio interni.

Il capitano della Stasi Gerd Wiesler viene incaricato di spiare Georg Dreymanfamoso scrittore teatrale e intellettuale, ritenuto all’apparenza non pericoloso per l’ideologia del Partito Socialista Unificato di Germania (SED). Anche il superiore di Wiesler, il tenente colonnello Anton Grubitz, lo incoraggia, promettendogli una promozione nel caso riesca a scoprire qualcosa di compromettente su Dreyman. Insieme alla sua squadra, Wiesler approfitta di una breve assenza di Dreyman dal suo appartamento per piazzarvi numerose microspie.

L’operazione è voluta dal ministro della cultura Bruno Hempfinteressato ad avere per sè la compagna di Dreyman, l’attrice Christa-Maria Sieland

Wiesler, uomo solo e senza una vita privata, inizia a spiare Dreyman e la compagna, cominciando un po’ alla volta a incuriosirsi all’arte e alla letteratura, aspetti della vita a lui fin lì sconosciuti. Qualche giorno dopo Albert Jerskaun vecchio amico di Dreyman, già da anni impossibilitato a lavorare per via delle sue idee politiche, e per questo ormai stanco e disilluso, si suicidaQuesto fatto porta Dreyman a cambiare definitivamente opinione sulla Repubblica Democratica Tedesca, decidendo di fare qualcosa per ribellarsi alla società in cui vive.

Con una macchina per scrivere portata clandestinamente a Berlino Est dall’Occidente, Dreyman comincia a stendere un saggio anonimo sull’alta e anomala percentuale di suicidi nella DDR. Lo scrittore non sospetta di essere in realtà ascoltato giorno e notte da Wiesler, che tuttavia, sempre più affascinato dallo spirito libero e dalle relazioni sentimentali, di amore e d’amicizia, della coppia di artisti, pian piano si sottrae all’incarico di trovare materiale compromettente e, anzi, non fa nulla per ostacolare Dreyman dai suoi intenti; al contrario, lo protegge indirettamente cercando di insabbiare l’intrigo il più a lungo possibile.

Quando Christa-Maria viene portata alla sede centrale della Stasi per un interrogatorio, finisce con il rivelare a Grubitz il coinvolgimento di Dreyman nell’articolo, che tanto scalpore ha destato nel partito socialista; l’appartamento di Dreyman è subito ispezionato, ma la macchina per scrivere non viene trovata. Grubitz, comunque, per provare la lealtà di Wiesler, fissa un nuovo interrogatorio dell’attrice, in cui ella rivela definitivamente il nascondiglio dell’oggetto.

Appena prima dell’ennesima ispezione, Wiesler si affretta verso l’abitazione di Dreyman e porta via la macchina per scrivere. Quando Grubitz inizia a cercare proprio nel nascondiglio escogitato da Dreyman e rivelato da Christa-Maria, questa — non sapendo che il posto è ormai vuoto —si precipita fuori di casa e si getta sotto un camion di passaggio, che la uccide sul colpo. L’indagine su Dreyman si chiude in un nulla di fatto ma, pur senza poterlo provare, ora a Grubitz è chiaro che Wiesler ha protetto l’uomo; lo affronta e gli preannuncia la fine della sua carriera.

Due anni dopo la caduta del muro, nel 1991, in seguito alla riunificazione, Dreyman reincontra Hempf e apprende che anche la sua vita, come quella di tanti altri innocenti cittadini, era spiata. Una volta letti i documenti della Stasi relativi alla sua persona, molto perplesso, capisce finalmente che l’agente “HGW XX/7”, sigla identificativa di Wieslerlo ha coperto. Riesce a rintracciarlo; ora l’uomo si guadagna da vivere come semplice fattorinoDreyman vorrebbe andare a parlargli ma, non trovando parole o gesti che possano esprimere la gratitudine per avergli salvato la vita, se ne va.

Passano altri due anni, si arriva al 1993, e durante il suo lavoro Wiesler nota per caso la pubblicità del nuovo romanzo scritto da Dreyman, dal titolo “Sonata per gli uomini buoni”. Sfogliandolo in una libreria, vi legge «dedicato a HGW XX/7, con gratitudine» e decide di acquistarlo; quando il commesso gli chiede se lo desidera in una confezione regalo, lui risponde con un lieve sorriso: «No, lo prendo per me».

Recensioni sul libro e sul film

 (…) Un testo esemplare. Con tutti i suoi elementi in ordine, caratteri, situazioni, processi psicologici, incidenti, sorprese. Mentre la regia riesce a evocarvi attorno le atmosfere terribili di quei luoghi e di quei giorni, all’insegna sempre di una paura che dilaga ovunque tappando la bocca a tutti e disseminando angosce e sospetti. Con accenti, però, mai troppo marcati, anzi in cifre in cui il non detto, specie al momento di tirare certe somme, prevale senza mai uno strappo. Affidato a immagini che sembrano quasi fotografare dal vero quei colori verdastri, grigi, opachi, soffocanti, tipici in quegli anni della vita di Berlino Est. Vi concorrono degli interpreti che, specie per quel che riguarda il protagonista, Ulrich Mühe, ne sembrano, almeno fin quasi alla fine, il riflesso più autentico e spettrale. Di fronte a lui Martina Gedeck compone, con lacerata intensità, il ritratto contraddittorio dell’amante dello scrittore. Dà volto a quest’ultimo Sebastian Koch, già visto di recente in ‘Black Book’ di Paul Verhoeven: asciutto, sincero, sofferto.” (Gian Luigi Rondi, ‘Il Tempo’, 4 aprile 2007)

“‘Le vite degli altri’ è un film sottilmente psicologico, dove la dialettica di simmetrie-opposizioni tra i due caratteri maschili funziona da motore principale degli eventi. Con orientamento sicuro, la sceneggiatura dello stesso Von Donnersmarck evita le possibili implicazioni patologiche del rapporto, prendendo una direzione umanistica e narrandoci, quasi a mezza voce, una presa di coscienza esemplare.” (Roberto Nepoti, ‘la Repubblica’, 6 aprile 2007)

“Una spy story ambientata a Berlino Est pre-caduta del muro che fa leva sull’ambiguità di tutti i personaggi per uscire dal film di genere ed entrare in quello della riflessione esistenziale. Il tema della sorveglianza della ‘vita degli altri’ in funzione di una ‘causa superiore’ è quanto mai attuale.” (Paola Casella, ‘Europa’, 6 aprile 2007)

“Alla fine il film si ferma mentre la storia (e a maggior ragione la Storia con S maiuscola) continua, anzi mentre lascia dietro di sé le tracce di tanti possibili cadaveri, se non letterali almeno metaforici. Ma nel ricordo dello spettatore quelle ‘metafore’ acquistano la consistenza delle visioni più reali e concrete, quelle che solo il grande cinema riesce a regalarci: il quadro di una umanità costretta a far i conti con la più preziosa delle proprie qualità, la dignità. Von Donnersmarck ci dice che ci sono tanti modi per cercarla e per trovarla, che qualche volta possono passare anche attraverso i più impervi percorsi, lungo le strade più grigie (tra i meriti non secondari del film – che gli hanno fatto vincere meritatamente 3 European Film Awards e l’Oscar come miglior titolo straniero – ci sono anche un’ambientazione e una scenografia praticamente perfette) attraverso i più squallidi dei lavori. Basta non dimenticare mai che la propria vita, e quelle degli altri, dipendono solo da lei. Dalla dignità.” (Paolo Mereghetti, ‘Corriere della Sera’, 6 aprile 2007)

“‘Le vite degli altri’ è costruito come un thriller e tiene col fiato sospeso per 138 minuti, gli attori sono tutti perfetti e la ricostruzione della Germania dell’Est è al tempo stesso agghiacciante e struggente. Un Oscar meritatissimo.” (Alberto Crespi, ‘L’Unità’, 6 aprile 2007)

“Implacabile come un thriller, ma rigoroso e penetrante sul piano psicologico e fattuale, Le vite degli altri non è solo uno straordinario film storico che getta una luce cruda sulla vita quotidiana in quel paese così assurdo e diverso da tutti che oggi sembra una finzione letteraria. E’ anche una parabola spietata e insieme ottimista sul Potere, in ogni epoca e luogo, nutrita di dettagli di prima mano che accentuando la credibilità dell’insieme potenziano anche la sua carica simbolica. Non a caso il regista nelle interviste cita lo scandalo Telecom. E negli Usa già si pensa a un remake.” (Fabio Ferzetti, ‘Il Messaggero’, 6 aprile 2007)

“Molto ben fatto, pieno d’umanità, recitato magnificamente, il film non si perde nell’aneddoto ma trasforma il suo soggetto in un’analisi pietosa, in un avvertimento generale.” (Lietta Tornabuoni, ‘L’Espresso’, 12 aprile 2007)

“Siamo a Berlino, nel 1984. L’ordine di avviare l’inchiesta parte dal ministro della Cultura, invaghitosi della donna e il fine è tutt’altro che politico. Il poliziotto, un capitano, esperto e spietato investigatore – magistralmente interpretato da Ulrich Mühe – all’inizio è rigoroso nel suo incarico, ma il contatto con le vite dei due intellettuali insinuerà in lui emozioni mai provate. Emozioni destinate ad aprire una crepa nelle granitiche certezze dell’ideologia e a cambiare la sua vita, portandolo a compiere una scelta difficile, rischiosa, ma alla fine inevitabile. “Stai ancora dalla parte giusta?”, gli chiede il superiore che inizia a sospettare della sua condotta. “Sì”, è l’asciutta risposta. Ma la parte giusta è già cambiata. Ed è nei delicati ingranaggi di questo lento processo di cambiamento che lo spettatore è accompagnato da una regia accorta, da una sceneggiatura senza pause nel ritmo narrativo e da una recitazione intensa, mai sopra le righe. Grande successo in Germania, nonostante pochi credessero in questo lavoro, Le vite degli altri è un film molto bello, giocato sulla ricerca dei sentimenti e delle emozioni reali della gente oltre la maschera imposta dal regime totalitario. Ed è una pellicola che può essere guardata da punti di vista diversi, a seconda del personaggio che si prende come riferimento. Perché ogni “vita” racconta una storia diversa.” (Gaetano Vallini, “L’Osservatore Romano”, 14 aprile 2007) 

“Lasciatemi dire e se sbaglio lapidatemi: c’è più cinema in una sola inquadratura di Nuovo mondo che in quasi due ore e mezzo di Le vite degli altri. (…) Tutto si risolve nei dialoghi, affidati a interpreti tanto professionali quanto privi di fascino, e per il resto lo sfondo è di una raggelante genericità. Manca (e non è un difetto da poco) ogni sensibilità visiva. Per di più la vicenda è mal raccontata, le motivazioni sono improbabili e nell’insieme “Le vite degli altri” conferma che il bello e il politicamente corretto sono cose distinte.” (Tullio Kezich, ‘Magazine’ 19 aprile 2007).

ALCUNE PRECISAZIONI UTILI PER CAPIRE IL FILM “LE VITE DEGLI ALTRI”

Le vite degli altri è un film drammatico, un thriller del 2006, diretto da Florian Henckel von Donnersmarck. Questo film vinse il premio Oscar per il miglior film straniero in gara.   k

Siamo nella DDR. Nella Berlino dell’Est, 1984. LA “DDR” è l’acronimo di “Deutsche Demokratische Republik”, ovvero la Repubblica Democratica Tedesca. Questo era uno stato socialista esistito dal 1949 al 1990, comunemente indicato come Germania Est o Germania Orientale.

Il capitano della Stasi, Gerd Wiesler, deve spiare un famoso scrittore teatrale di nome Georg Dreyman.

La “STASI” è l’acronimo di “Ministerium für Staatssicherheit” in tedesco, che tradotto in italiano significa “Ministero per la sicurezza dello Stato”. Era la principale organizzazione di sicurezza e spionaggio della DDR, fungendo da strumento governativo per il Partito Socialista Unificato di Germania (SED).

Fondato nel 1950, la STASI aveva il compito di assicurare il potere della SED e fu sciolto ufficialmente nel 1990.

Wiesler e i suoi agenti piazzarono microspie nell’appartamento del regista, anche se all’apparenza non sembrava pericoloso per il partito socialista Unificato di Germania (SED).

Il film esplora le vite di questi personaggi e come cambiano a seguito di questo rapporto di sorveglianza. 

Elogi e critiche al film

“Le vite degli altri” ha ricevuto diverse critiche, sia positive che negative. 

Ecco alcuni punti salienti:

Il film è stato lodato per la sua rappresentazione del clima paranoico caratterizzante gli ultimi anni della Repubblica Democratica Tedesca (DDR) e del suo contesto culturale.

È stato descritto come un dramma politico-sociale intenso e coinvolgente, diretto con equilibrio e sorretto da una sceneggiatura di spessore e di grande linearità.

Gli interpreti sono stati elogiati per la loro misura e compostezza, in particolare Ulrich Muhe, che ha interpretato il capitano Gerd Wiesler.

Tuttavia, ci sono state anche alcune criticheAlcuni hanno sostenuto che il film non scava abbastanza in profondità, non va al di sotto della superficie degli eventi e dei personaggi, e cede spesso ad una retorica del senno di poi.

È stato anche suggerito che il film si concentra troppo su un singolo personaggio (l’agente della Stasi) piuttosto che esplorare le vite di più personaggi.

In generale, “Le vite degli altri” è considerato un film ben fatto e coinvolgente.

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