Da AgenPress – Israele afferma che le sue forze hanno trovato esplosivo durante una perquisizione di una moschea nel campo profughi di Jenin.
In una dichiarazione le forze di difesa israeliane (IDF) hanno affermato che i soldati hanno trovato “ordigni esplosivi, armi ed equipaggiamento militare” che sostiene fossero affiliati a organizzazioni terroristiche nell’area.
“Nelle ultime ore, nel campo di Jenin, in una moschea affiliata a organizzazioni terroristiche della zona, si sono verificati scontri a fuoco tra le forze di sicurezza israeliane e uomini armati palestinesi.
“A seguito dell’intelligence dell’ISA e dell’IDF, i soldati dell’IDF hanno perquisito il piano sotterraneo della moschea, in cui si erano barricati aggressori armati. I soldati stanno attualmente confiscando e neutralizzando le armi”.
Hamas si dice “pronto a intervenire” se Israele si spinge troppo oltre e “persiste nella sua aggressione” a Jenin, ha detto un portavoce del gruppo militante a Gaza.
Gaza, una stretta striscia di terra palestinese fisicamente separata dalla Cisgiordania occupata, è controllata da Hamas dal 2007.
Le proteste per l’attacco di questa mattina sono in corso a Gaza, che è stata sotto un blocco israelo-egiziano, rafforzato quando Hamas ha preso il potere dall’Autorità palestinese 16 anni fa.
Commento
Perché bisogna sempre soggiacere al terrorismo?
Quindi se Israele si difende, fa bene.
Non si può sempre accettare che le proteste diventino offese. Certo… non si sta dicendo che la morte delle persone vada bene, ma chi fa di professione il terrorista lo sa a cosa va incontro.
Si pensa sempre che la normalità sia fatta di cose straordinarie…invece è fatta di noia e a volte soltanto di emozioni forti. Io sono una ragazza semplice, cresciuta in un’isola bellissima che sta nel Mediterraneo occidentale. Qui la guerra non è mai venuta, anche perché a nessuno interessa della nostra terra e di noi… Intanto questo ci permette di vivere anche senza di loro: loro sono gli invasori, sono i continentali, quelli che vengono dal mare e che vogliono imporci una vita e delle regole che non ci riguardano. Io sono una ragazza semplice, ma non stupida. Anzi, quando ero più piccola, circa ai nove o dieci anni, avevo sotto di me una truppa di maschietti del vicinato, che obbedivano e che mi cimentavano a grandi imprese guerresche. Insomma, tornando al tema della normalità, avevo imparato a fantasticare laddove la vita era noiosa e piatta. Così nel 1942, anno in cui iniziammo a renderci conto che la libertà dell’isola poteva essere compromessa, io avevo quindici anni e studiavo al ginnasio. Nell’isola avevo il mio spazio: la mia cameretta in una cittadina piccola ma importante, le mie amiche di vicinato, la mia truppa di maschietti più piccoli da comandare e la voglia di crescere e conquistare il mondo. Così mio nonno, che allora era militare, anche se in pensione, mi diceva che dovevo essere coraggiosa se davvero fossero venuti gli invasori…ma gli invasori non vennero mai. Io però, secondo la mia natura guerriera, rimasi coraggiosa e fui io ad attraversare il mare, quel mare che ci divideva dai conquistatori.
Il nonno lesse il giornale e cominciò a dire che stavano arrivando i tempi in cui avremmo dovuto emigrare o lottare. Io non avevo proprio intenzione di emigrare, anche perché stavamo tanto bene a casa nostra. In realtà la paura era quella di dover lasciare la serenità della nostra condizione di eterni rifugiati e affrontare l’ignoto. Poi io studiavo. Studiavo perché volevo realizzare il mio sogno di essere indipendente e di viaggiare; non certo perché costretta da altri, ma perché desiderosa di conoscere ed evolvermi. Il sogno si sarebbe infranto se fossero arrivati gli invasori. Ma chi erano poi gli invasori? Gli Invasori erano le belve, ossia i barbari, quelli che gli antichi chiamavano così. Gli invasori erano un gruppo di persone dal volto coperto da un velo, dalla cui bocca uscivano urla disumane. Essi non erano capaci di parlare come tutti. Essi erano gli eterni eredi del demonio. La notte non sarebbe mai arrivata se noi ci fossimo sempre rifiutati di cedere alle loro minacce. Mio nonno mi chiamò da parte e mi disse che da quella nostra conversazione sarei cresciuta di altri quindici anni. Io ero talmente innocente che non immaginavo certo che davvero la mia vita sarebbe cambiata per loro! Così ascoltai ma senza tanta convinzione. Mia nonna era più realista. Disse che se fossero venuti, noi ci saremmo trasferiti nella sua casa dell’infanzia, ossia all’interno dell’isola, laddove nemmeno i Romani erano mai entrati. Una mattina di domenica, non ricordo bene se fosse di luglio o di agosto, quando era già caldo, però in quella mattina mia nonna decise che saremmo andati a O* per vedere se fosse in buono stato la casa dei bisnonni. Prendemmo la corriera e alle due del pomeriggio arrivammo con la canicola. La piazza del paese era deserta, vista l’ora. Dai racconti della nonna, la casa era in fondo al primo viottolo, sulla sinistra della piazza. Andammo e una volta raggiunto il fondo del viottolo, mia nonna vide che la casa era chiusa e che oramai era stato inutile arrivare lì, avendo l’impressione che la casa non fosse più agibile. La faccia di mia nonna parlava anche tacendo …era sconfortata ma esprimeva parole positive di incoraggiamento.
Dopo un pomeriggio passato ad O*, riprendemmo la corriera e a sera eravamo già a casa. Pensai che per la prima volta avevo visto nel volto di mia nonna la paura. Certamente dopo tanti anni, dopo la guerra e dopo la partenza dalla mia isola, avrei ricordato il volto festoso di mia nonna, ma anche quel momento della sua delusione, al vedere la sua casa d’infanzia inagibile.
Mentre stavamo in classe la nostra insegnante di Latino e Greco ci disse che presto gli Invasori avrebbero fatto chiudere le scuole. Dentro di me sentii come dei cristalli rompersi. A casa dissi a mio nonno delle parole dell’insegnante e lui divenne paonazzo. “Mai e poi mai gli Invasori ci prenderanno. Costi quel che costi. E tu ricordati da quale famiglia provieni. Famiglia di militari e servitori della nostra Patria.”
E così passò quell’anno 1942. L’isola non venne invasa.
GLI INVASORI
La nave Jallow Blue era arrivata da Marsiglia sulle coste dell’isola e i marinai erano scesi, prendendo strade diverse: chi era rimasto nelle vicinanze e chi invece era andato verso la zona interna. Due di loro, erano arrivati nell’interno dell’isola, entrando proprio nel paese dove la mia cara nonna voleva che ci rifugiassimo. Una cugina della nonna il giorno dopo venne a dirci che quei marinai …così aveva poi capito, venivano dal Continente e che il figlio del dottore del paese aveva capito la lingua. Erano forse inglesi e francesi. Mia nonna lasciò che sua cugina tornasse al suo paese e poi a tavola disse che non erano loro gli Invasori, che lei lo sentiva che non erano loro…erano troppo buoni per essere definiti così. L’estate passò senza troppe novità e soprattutto per noi fu un momento di pace. Mio nonno continuò a maledire gli Invasori e a dire che potevano anche non venire e se venivano…avrebbero fatto una brutta fine. L’isola era inavvicinabile al suo interno e se nemmeno i Romani vi erano entrati, non si sarebbero nemmeno avvicinati i nuovi Barbari. A ottobre riprese la scuola e per me fu un grande momento, perché io amavo la scuola e soprattutto amavo andare di pomeriggio nella grande biblioteca del Vescovado che stava a dieci minuti dalla succursale del Ginnasio. Io non volevo proprio pensare agli Invasori. Io volevo studiare e diventare una donna realizzata e senza paura. Mio nonno disse che se i nostri non avessero vinto la guerra in corso nel Continente, allora i giovani si sarebbero dovuti arruolare… A questo punto io chiesi se anche le ragazze come me … e lui disse che a sedici anni e soprattutto in quanto ragazza, non avrei potuto. Ma perché come ragazza? Questo mi feriva ancora di più dell’età, perché a casa mia ero cresciuta nella perfetta uguaglianza col sesso maschile e potevo dire tutto senza alcun timore. Io fantasticavo che con i miei amici avremmo creato un battaglione in difesa dell’isola.
Una sera di ottobre, quasi all’imbrunire venne mio nonno in camera e mi disse che mai e poi mai avrei dovuto dire nulla sulla famiglia. Io già poco sapevo, ma annuii …e rimasi senza dormire chiedendomi che cosa non avrei dovuto dire e a chi.
LA RESISTENZA
Agli inizi del 1943 le cose nel Continente andavano male. A scuola i compagni di classe, ormai quasi diciassettenni, dicevano che sarebbero partiti per andare a combattere con la Resistenza. Nell’isola gli anziani discutevano fuori dalle loro case sul da farsi. Non volevano che i ragazzi andassero a combattere soprattutto perché nell’Isola non erano avvenute invasioni e nessuno era venuto a reclamare aiuti. Perché lasciare la propria terra per andare a morire? Ma si sarebbe lottato, certo, per vincere contro gli Invasori.
La professoressa di latino e greco aveva un figlio, Giovanni, di diciassette anni e quindi stava in apprensione per lui, però ci invitava a pregare e soprattutto a mantenere alta la bandiera della libertà, perché diceva che di fronte agli Invasori non si poteva stare neutrali. Io guardavo quasi con invidia i miei compagni che si preparavano alle possibili iniziative. Non pensavo certo alla mia età nè al mio sesso…che non mi avrebbe permesso di combattere. Io ero un’idealista! Per me era naturale combattere contro gli Invasori! Noi non sapevamo molto. Nella nostra mente di ragazzi e ragazze vi era solo ciò che avevamo: la nostra terra, le nostre famiglie e la nostra libertà. Per esse avremmo combattuto e saremmo anche morti. Passato l’inverno, arrivando la primavera, tutto per noi era uguale. Finché qualcuno ci disse che non si sapeva se a settembre ci sarebbe stata la scuola. Venne il Direttore a dirci che nel Continente quelli che erano stati gli alleati della patria erano diventati i nemici e che dovevamo prepararci al peggio. Lo dissi a mio nonno e lui si infuriò dicendo che i Nazisti erano sempre stati dei cani e disse che da quelli non ci si poteva aspettare nulla di buono. Mio nonno era un nostalgico dell’ordine. Aveva combattuto da giovane ma non aveva mai ucciso nessuno. Era stato anche sotto ufficiale e poi anche ufficiale. Aveva avuto sotto di sè venticinque uomini. Era leale alla Monarchia e al Duce, ma mai avrebbe fatto male a nessuno. Era un uomo forte e coraggioso ed io lo amavo. Lui era il mio nonno adorato e io ero per lui la sua nipote adorata. Tutto avrebbe fatto per me.
LA CONTRO INVASIONE
Nel luglio del 1943 le notizie sulla Guerra, nella nostra Isola, arrivarono come una forza galvanizzatrice. Infatti, alcuni commercianti che provenivano dalla Grande Isola della Sicilia, arrivarono anche da noi ed, entusiasti, ci dissero che avevano visto dalla loro imbarcazione, delle truppe di inglesi e americani che sbarcavano per combattere contro i Barbari Germanici. La gente li accoglieva, come eroi o santi o déi, e loro elargivano, a piene mani, cioccolato e latte in polvere, gallette dure e dolciastre che sapevano di bontà, nonostante fossero dure e salate.
A casa mia vennero tutti i vicini a sentire la radio che, da Londra, parlava dello sbarco in Sicilia. Si bevve vino rosso e si mangiarono dolci. Il periodo buio e incerto era passato, almeno per noi. Nella nostra isola non c’erano stati Invasori e non erano venuti a salvarci, perché noi ci saremmo salvati da soli! Fu un’estate calda ma per noi nessuna noia era invincibile. Ogni giorno che passava, aspettavamo notizie. Dal Continente ci si aspettava solo che mai nessuno avrebbe permesso che i Germanici venissero in casa. Eppure erano venuti in mezzo alle persone civili e nessuno li aveva scacciati. Poi a fine ottobre, mentre stavamo a lezione venne il nostro Direttore a dirci che a Roma i Germanici avevano preso dal Ghetto tante persone innocenti. Ammutolimmo. Nella pausa di ricreazione ogni allievo ed allieva si unì al gruppetto dei sediziosi e si discusse aspramente su quanto accaduto. Molti tra quelli più vivaci con i pugni in aria pensavano che avrebbero dovuto fare qualcosa…fare giustizia! Poi venne il suono della campanella per far tornare tutti nelle proprie aule e il discorso si interruppe. In casa il nonno mi disse che noi avremmo dovuto essere prudenti. Io in cuor mio ero d’accordo con i miei compagni di scuola.
UN LUNGO INVERNO
Novembre 1943. Ho compiuto sedici anni senza regali. Anche se il nonno mi ha promesso che, se finirà presto la guerra, andremo in crociera nel Mediterraneo, mi mancano i regali. Sono egoista? Forse sì, un poco. Però desideravo solo un bel diario rilegato e una bella penna stilografica… Così ci fu la torta e i biscotti, il miele sulla crostata e la presenza della famiglia. C’era freddo. Noi eravamo abituati al freddo e al vento. Quando avevo finito i compiti, di solito andavo alla fine del paese, davanti alla Chiesetta della Solitudine e stavo lì… a prendere vento in faccia. Mi si spaccavano le labbra, le guance diventavano rosse e rugose, però mai avrei rinunciato a quella particolare sensazione di libertà e indipendenza che mi trasmetteva il vento freddo sulla mia persona. Stavo lì impassibile, pensando ai miei avi, i coraggiosi abitanti della mia Isola. Poi pensavo a quante vite vissute, a quanto amore e fatica, a quante preghiere…a quanta fedeltà … Ogni volta che andavo alla Solitudine, tornavo a casa ritemprata. Io ero felice delle mie origini, ero felice e orgogliosa dei miei sedici anni, dello studio, della mia famiglia. Insomma non sarebbe stata la guerra a farmi desistere dai miei buoni progetti per il futuro. Poi io avevo la certezza che con la mia famiglia a fianco, non mi sarebbe successo nulla di insormontabile. La mia Fede poi era forte. Io venivo da gente credente. Dio ci guida sempre, anche quando crediamo di fare da soli. Ovvio che non vuole burattini, però fa come un Padre che cerca di stare attento ai passi falsi dei propri figli. Pregavo che facesse cessare la guerra…soprattutto però non ero molto tollerante. Insomma ero umanamente dura ad accettare tutto. Ma non mi si poteva dare torto e all’epoca io ed altri non sapevano tutto…
Fino a qualche anno fa esisteva la distinzione tra voti delle discipline e quello di condotta. Poi hanno iniziato a inserire la condotta nell’ educazione civica e ora vogliono rimettere il voto di condotta.
Il problema non è quello. Il problema è che questa società italiana non educa. Se ci fosse più disciplina e se i genitori e gli educatori non fossero così blandi come sono, senz’altro si riuscirebbe a tirar su generazioni nuove più strutturate. Ricordiamo anche che non serve a nulla il voto se non cambia la mentalità.
La mentalità imperante elimina le difficoltà. Così si rendono i ragazzi più deboli di quanto non siano. Ad ogni difficoltà quindi non avranno armi per difendersi e saranno succubi del lassismo imperante.
Caro Ministro, cara società italiana… eliminiamo alla radice il lassismo e allora ci sarà più disciplina e rispetto.
Una ragazzina di diciassette anni, a Primavalle, Roma. Una vita finita letteralmente nella spazzatura.
Un ragazzo, che probabilmente era per lei il fidanzato…che la uccide dopo una collutazione e la mette su un carrello del supermarket e la porta a lato di un cassonetto.
Una vita vale quanto un rifiuto. Ma gli amici della vittima oggi dichiarano che il morto che cammina è lui, perchè, se anche fosse messo in carcere o uscisse tra trenta, quarant’anni, durerebbe poco. Chi di spada ferisce, di spada perisce. E nella mala romana le cose vanno così…la vendetta farà il suo corso.
Ma che dobbiamo dire noi? Leggere un fatto di cronaca come un altro, a volte rende cinici e a volte no. Questo non lascia indifferenti: perchè se un ragazzino di diciassette anni può fare questo in modo efferato (non è il primo e purtroppo non sarà l’ultimo) cosa sarà poi? Ma la responsabilità non è solo sua. La responsabilità è di una società assenteista. Sì, una società che accetta tutto e il suo contrario.
Anche in carcere esiste un codice d’onore, per il quale chi fa del male a bambini o donne, fa una brutta fine. Michelle era una ragazzina, che forse nemmeno si aspettava di essere uccisa da quello che era il suo fidanzatino. Ma attenzione: madri, padri…perchè non bisogna mai dare nulla per scontato. Allerta sempre. Il male non guarda in faccia a nessuno. La cronaca nera insegna che il male sta laddove meno te lo aspetti.
Una vita vale forse quanto un sacco di rifiuti? E se è così, la Vita stessa ripaga.
Dall’altro giorno ad oggi, il mondo per alcune ore è rimasto con il fiato sospeso. Siamo forse tutti rimasti a guardare o a leggere gli sviluppi della marcia dei mercenari verso Mosca, arrestatasi a 200 km.
Poi l’intervento di un alleato di Putin, come mediatore, ha forse risolto o fatto rientrare la situazione.
Ma che ne sarà del capo della Wagner, Prigozhin?
Certamente tante sono le supposizioni…aggiungendo il fatto che si fa risentire con degli audio, dicendo che il suo non era un golpe contro Mosca, ma una protesta, perchè, a suo dire, laggiù vorrebbero sciogliere questo corpo di mercenari…entro i primi di luglio…
Intanto questo corpo di mercenari combatte per denaro e il denaro di Prigozhin, che lui teneva in una cassaforte di un albergo, a San Pietroburgo, ora è stato requisito…poi la sua schiera di soldati si è ritirata dal suo avamposto e successivamente il ministro Lavrov ha detto che continueranno ad essere attivi altrove, come per far intendere che non vengono sciolti, ma non saranno più sul campo ucraino…
Per chi ama i gialli e il mistero, certamente noi comuni mortali non sapremo mai esattamente come sono andate le cose. Fatto sta che, per un giorno almeno, si è temuto molto per questa situazione.
Come sempre, parlare è più facile che essere sul campo.
Speriamo che presto, molto presto, si arrivi alla fine di questa guerra in seno all’Europa, che ha portato solo morte e distruzione.
Faccio appello ai cittadini russi, al personale delle forze armate, alle forze dell’ordine e ai servizi speciali, ai soldati e ai comandanti che ora stanno combattendo nelle loro posizioni di combattimento, respingendo gli attacchi nemici, facendolo eroicamente […].
Faccio appello anche a coloro che, con l’inganno o le minacce, sono stati trascinati in un’avventura criminale, spinti sulla via di un grave crimine: una ribellione armata.
La Russia oggi sta conducendo una dura lotta per il suo futuro, respingendo l’aggressione dei neonazisti e dei loro padroni. Praticamente l’intera macchina militare, economica e informativa dell’Occidente è diretta contro di noi.
Stiamo combattendo per la vita e la sicurezza del nostro popolo, per la nostra sovranità e indipendenza. Per il diritto di essere e rimanere Russia, uno stato con una storia millenaria. Questa battaglia, quando si decide il destino del nostro popolo, richiede l’unificazione di tutte le forze: unità e responsabilità. Quando tutto ciò che ci indebolisce deve essere messo da parte, qualsiasi conflitto che i nostri nemici esterni possono usare per indebolirci dall’interno.
E quindi, le azioni che dividono la nostra unità sono, di fatto, l’apostasia del nostro popolo, dei nostri compagni d’armi, che ora stanno combattendo al fronte.
Questa è una pugnalata alle spalle del nostro paese e della nostra gente. Un colpo simile fu inferto alla Russia nel 1917, quando il paese stava conducendo la prima guerra mondiale: la vittoria le venne rubata. Intrighi, litigi, politica dietro le spalle dell’esercito e del popolo si sono trasformati nel più grande choc, la distruzione dell’esercito e il crollo dello stato, la perdita di vasti territori. E, come conseguenza, la tragedia della guerra civile. I russi hanno ucciso russi, fratelli: e ogni sorta di avventurieri politici e forze straniere, che hanno diviso il paese, lo hanno fatto a pezzi, hanno ottenuto guadagni egoistici.
Non permetteremo che accada di nuovo. Proteggeremo sia il nostro popolo sia il nostro Stato da qualsiasi minaccia. Compreso il tradimento interno.
E quello a cui ci troviamo di fronte è proprio un tradimento. Ambizioni esorbitanti e interessi personali hanno portato al tradimento. Al tradimento del nostro paese, del nostro popolo e della causa stessa per la quale, fianco a fianco con le nostre altre unità, i soldati e i comandanti del gruppo Wagner hanno combattuto e sono morti. Gli eroi che hanno liberato Soledar e Artyomovsk, le città e i paesi del Donbass, hanno combattuto e hanno dato la vita per l’unità del mondo russo.
Il loro nome e la loro gloria sono stati traditi da coloro che stanno cercando di organizzare una ribellione, spingendo il Paese verso l’anarchia e il fratricidio. […]
Ripeto, qualsiasi tumulto interno è una minaccia mortale per il nostro Stato, e per noi come nazione. Questo è un duro colpo per la Russia, per il nostro popolo. E le nostre azioni per proteggere la Patria da una tale minaccia saranno dure. Tutti coloro che hanno deliberatamente intrapreso la via del tradimento, che hanno preparato una ribellione armata, intrapreso la via del ricatto e dei metodi terroristici, subiranno inevitabili punizioni, risponderanno sia davanti alla legge che davanti al nostro popolo.
Le forze armate e altre agenzie governative hanno ricevuto gli ordini necessari; ora saranno introdotte ulteriori misure antiterrorismo a Mosca, nella regione della capitale e in numerose altre regioni. Saranno inoltre intraprese azioni decisive per stabilizzare la situazione a Rostov (sotto il controllo della Wagner mentre Putin parlava, ndr). La situazione, lì, rimane difficile, e le operazioni di autorità civili e militari sono bloccate.
In qualità di Presidente della Russia e Comandante supremo in capo – e di cittadino russo — farò di tutto per difendere il Paese, per proteggere l’ordine costituzionale, la vita, la sicurezza e la libertà dei cittadini.
Coloro che ha organizzato e preparato la ribellione militare, che ha alzato le armi contro i suoi compagni d’armi, ha tradito la Russia. E ne risponderanno.
Esorto coloro che sono stati trascinati in questo crimine a non commettere un errore fatale e tragico, e li invito a fare l’unica scelta giusta: smettere di partecipare ad atti criminali.
Conserveremo e difenderemo ciò che ci è caro e sacro; insieme alla nostra Patria supereremo ogni prova, e diventeremo ancora più forti.
La Chiesa cattolica ( dal greco antico καθολικός, katholikós, «universale») è la Chiesa cristiana che riconosce il primato di autorità al vescovo di Roma, in quanto successore dell’apostolo Pietro sulla cattedra di Roma. I suoi fedeli vengono chiamati cristiani cattolici.
La Chiesa è stata fondata a partire dalla predicazione di Gesù Cristo e dei suoi Apostoli, nella comunione dei battezzati.
Tra le Chiese cristiane conta il maggior numero di fedeli a livello mondiale, circa 1,2 miliardi, con un’alta percentuale in Europa e nelle Americhe.
La caratteristica principale risiede nel cosiddetto primato di San Pietro o petrino che la caratterizza sostanzialmente fin dalle origini delle prime comunità cristiane sorte dopo la morte di Gesù Cristo. Nel Vangelo di Matteo è presente la cosiddetta “Confessione di Pietro”, cioè l’atto formale con cui Cristo, secondo la dottrina cattolica, dando all’Apostolo Simone il nuovo nome di “Cefa” (in aramaico “roccia”, donde “Pietro”), con ciò costituendo l’Apostolo a fondamento su cui sarebbe stata edificata la struttura della Chiesa, e affidando a lui le “chiavi del Regno dei Cieli” (che, secondo il linguaggio rabbinico, significherebbe investirlo di potestà ultraterrena), avrebbe investito il “Principe degli Apostoli” di autentica e piena autorità giurisdizionale su tutta la Chiesa.
Quest’autorità attribuisce ai successori dell’Apostolo Pietro sulla cattedra di Roma
(i Papi), il titolo di “Vicari di Cristo”, cioè veri e propri rappresentanti di Dio sulla terra.
La Chiesa cattolica stabilisce il proprio effettivo giorno di nascita già nel mattino di Pasqua, quando Cristo risorto si rese manifesto alle donne e agli apostoli. Da quando gli Apostoli ricevettero lo Spirito Santo nel giorno di Pentecoste, essa realizza l’imperativo missionario di Gesù:
« Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. » Mt 28, 19-20
La sua diffusione fu rapida e continua in numerose aree dell’Impero romano, anche se venne riconosciuta come lecita solo nel IV secolo con l’editto di Milano di Costantino I. La sua capacità di conversione fu dovuta anche al fatto di voler manifestare la propria religione non come una credenza associata esclusivamente a un particolare popolo (quale era ad esempio quella ebraica), ma di presentarsi come ecclesia, comunità di credenti aperta a tutti, indipendentemente dall’appartenenza di ognuno. Espressione di una “religione universale”, il suo insegnamento, tramite cui si fece interprete della legge morale naturale, fu ed è indirizzato, oltre le divisioni di classe, di razza, di genere e di nazione, a tutti gli uomini.
La Chiesa cattolica esiste in forma attuale nella Chiesa retta dal vescovo di Roma, il papa, e da tutti i vescovi in comunione con lui; insegna che «il popolo di Dio restando uno e unico si deve estendere a tutto il mondo e a tutti i secoli» e per questo la «Chiesa cattolica […] tende a ricapitolare tutta l’umanità […] in Cristo capo nell’unità del suo Spirito.»
Il Catechismo della Chiesa cattolica, l’Annuario pontificio, il Codice di diritto canonico e il Codice dei canoni delle Chiese orientali raccolgono gli insegnamenti e le modalità di organizzazione della Chiesa cattolica.
Il Gruppo Wagner, noto anche come Compagnia militare privata “Wagner”, è stato descritto come una compagnia militare privata e come un gruppo paramilitare della Federazione Russa. Il gruppo è di proprietà di Evgenij Prigožin, un uomo d’affari che aveva stretti legami con il presidente Putin.
Ma cosa sta accadendo ora? Perchè stanno marciando speditamente verso Mosca?
Il leader ceceno, Ramzan Kadyrov, ha annunciato l’invio delle sue milizie per sedare la ribellione, che ha definito “tradimento”. Sui social ha riferito che i suoi combattenti sono partiti “verso le zone di tensione”. “Tutti noi siamo pronti a morire. Tutti e 25 mila, e poi altri 25 mila”, è il monito arrivato questa mattina su Telegram da Prigozhin, “moriremo per il popolo russo”.
Putin accusa la Wagner di essersi venduti per ambizioni esorbitanti. Cosa lascerà intendere? Venduti a chi? Alle potenze straniere? All’Ucraina?…forse no…forse agli Usa? Vedremo.
Ma alla fine chi morirà davvero?
Un po’ tutti. I Russi, pro o contro Putin, gli Ucraini e…speriamo non altri ancora…
La Chiesa cattolica (dal latino ecclesiastico catholicus, a sua volta dal greco antico καθολικός, katholikós, «universale», dal greco antico καθόλου, kath(‘)ólou, «nell’insieme, nel totale», a sua volta da κατά, katá, «su, in» e ὅλος, hólos, «tutto») è la Chiesa cristiana che riconosce il primato di autorità al vescovo di Roma, in quanto successore dell’apostolo Pietro sulla cattedra di Roma. I suoi fedeli vengono chiamati cristiani cattolici.
Formata da 24 Chiese sui iuris, la Chiesa latina in Occidente e 23 Chiese di rito orientale, che sono in comunione con il Pontefice, il nome richiama l’universalità della Chiesa fondata a partire dalla predicazione di Gesù Cristo e dei suoi Apostoli, costituita dal “Popolo di Dio” a sua volta formato da “tutte le nazioni della terra“, la quale viene dichiarata sussistere in modo perfetto nella Chiesa cattolica visibilmente organizzata, e nella comunione dei battezzati (non macchiati dai peccati di eresia o di apostasia) senza tuttavia negare, soprattutto a partire dal Concilio Ecumenico Vaticano II, la presenza di elementi di verità nelle altre Chiese cristiane separate da essa con le quali ritiene invece di dover perseguire un’azione ecumenica e il riconoscimento di valori spirituali presenti nelle altre religioni.
La formula latinasubsistit in, impiegata dalla Lumen gentium, fu oggetto di molteplici interpretazioni e successivamente chiarita nel suo significato autentico dal dialogo fra la Conferenza episcopale spagnola e la Congregazione per la dottrina della fede, e nella dichiarazione Dominus Iesus. Tra le Chiese cristiane, secondo le statistiche, al 2007 contava il maggior numero di fedeli a livello mondiale, circa 1,2 miliardi, con un’alta percentuale in Europa e nelle Americhe.
Vi ricordate gli studenti che a Rovigo hanno lanciato i pallini alla loro prof?
E dello studente che ha tentato di uccidere la sua insegnante?
Bene…si può dire benissimo che in Italia prevale non l’educazione, la crescita, il merito, ma il contrario: la paura di punire comportamenti reiteratamente scorretti e quindi irrispettosi dei ruoli oltreché,nel secondo caso, della vita di una insegnante, l’appiattimento individuale e sociale e infine la dis-educazione.
Di poco fa la notizia che addirittura gli studenti “intrepidi” del lancio dei pallini, non solo non sono stati sospesi, ma addirittura, hanno avuto nove in condotta. Manca poco che siano anche beatificati!
Che dire? Che la responsabilità è sociale. Che la responsabilità è di persone: famiglia in primis, insegnanti e dirigenti e società che non sa cosa siano le parole EDUCAZIONE, RISPETTO. Come si può permettere che dei ragazzini possano essere promossi, anche se a livello didattico sono capaci, se hanno dimostrato di non aver superato l’esame della vita?
La colpevole è la società, quindi ognuno di noi può essere responsabile del contesto in cui vive.