NON HO DIMENTICATO NULLA

Ancora ieri passai per quella riva, con la nostalgia della giovinezza passata.

I platani allineati lungo il viale, le macchine che passavano rapide, all’imbrunire.

Il lungo Tevere Ripetta, l’Ara Pacis, il ponte…

La mente ai sedici anni.

La presenza della mamma, la sua irriverente vitalità, i sogni di gloria.

Un pensiero alla vita, non come una ragazza, ma come una donna matura.

Avere sedici anni e averne cinquanta. La stessa cosa.

Mia madre che mi dice: 

“Esci. Guarda alla vita. Non sei tu che ti inchini alla vita, ma la Vita si inchina a te”.

Esco e passeggio sola.

La solitudine è una condizione costituzionale.

La solitudine è un vaso di Pandora, dentro il quale scopri tutto.

Poi una folata di vento autunnale mi risveglia.

Non ho più sedici anni: cinquant’anni e non sentirli.

E il pensiero a chi fu.

Mia madre in me e io in lei, eppure io qui e lei in altra dimensione.

Il Tevere è placido stasera. Vedo già illuminarsi le banchine. 

Qualcuno, giù, sta passeggiando.

Una coppia, qualche solitario come me…qualche animale, forse dei piccioni, forse anche dei gatti selvatici…un battello.

Rivedo Via Margutta, il cancello e sento i ciottoli sotto le scarpe. 

Salgo le scale fino all’attico.

Mia madre mi apre. Dove sei stata?

A passeggiare. Guardo alla vita con gli occhi dello spettatore attento. 

La vita è come un teatro, un palcoscenico in cui ognuno fa la sua parte.

Poi si spengono le luci…ognuno per sé e Dio per tutti.

Non m’accorgo che ho oltrepassato il lungotevere Ripetta e non ho voglia di tornare a casa.

Ascolto il cuore che mi dice di proseguire. Arrivo a Castel Sant’Angelo. Gente che va e gente che viene.

Turisti.

Che tristezza. Roma è eterna. La sporcano. Che vilipendio!

Penso alla pulizia, alle camere di casa e del lavoro. 

Mia madre non faceva metter piede a nessuno. Tutto profumava di pulito.

Ma anche la polvere e la sporcizia dicono qualcosa: dicono il tempo che passa e ciò che resta.

Mentre passa la vita, sarà come andare da una riva all’altra del Tevere, come sulla barca di Caronte o su una zattera…

Il confine tra il qui e lì è talmente breve…

E’ sera. La gente torna a casa. Poca gente per strada. Solo vetture.

Arrivo all’Isola Tiberina. Io vivo nel passato. 

Mi immagino il 1943. La gente che scappa, i camion dei tedeschi.

Il dolore e la morte. La malinconia. Mio padre di un anno.

Una rappresentazione mentale nella quale si può vivere a distanza.

Dove siete? Mamma, papà, nonni, zii?

Avete oltrepassato il cancello o il fiume?

Avete solcato il confine tra la vita terrena e quella eterna e il vostro volto si staglia, mentre guardo verso il cielo.

Roma, città eterna.

Roma, la città dove vivere e morire.

Che strano…un carrettino suona una canzone di Charles Aznavour… 

Non je n’ai rien oublié ….

No, non ho dimenticato nulla.

Nemmeno io.

Questa voce è stata pubblicata in 16 ottobre 1943 e contrassegnata con , , , , , . Contrassegna il permalink.

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