MARINA CVETAEVA E MUR

Marina era nata a Mosca l’8 ottobre 1892 da Ivan Vladimirovič Cvetaev, professore di Belle Arti all’Università di Mosca, e Marija Aleksandrovna Mejn, eccellente pianista allieva di Nikolaj Rubinštejn. 

Marina iniziò a scrivere precocemente all’età di sei anni, sia nella sua lingua madre, il russo, sia anche in francese e tedesco, lingue apprese da padre e madre e dalla balia. 

Era una giovane molto intelligente, di carattere forte e vivace, appassionato. 

Diventò precocemente famosa, grazie ai suoi versi simbolistici e ai suoi racconti.

Durante delle vacanze estive, nella dacia (villa di campagna) della famiglia Efron, a Koktebel’, in Crimea, Marina incontrò per la prima volta (1911) Sergej Jakovlevič Efron.

Si innamorò subito di questo giovane di diciotto anni -lei ne aveva diciannove-e si sposarono dopo poco. Entrambi scrivevano poesie.

Durante gli anni ’20, Marina e suo marito erano sotto l’occhio del ciclone dei comunisti, perché entrambi appartenevano ai bianchi, ossia a famiglie avverse alla Rivoluzione russa del 1917. 

La loro figlia Ariadna, Alja, la primogenita, era nata nel 1912 e nel 1937 era tornata a Mosca, ma riconosciuta subito per essere figlia di Sergej, venne mandata in un campo di lavoro; seguì nel 1918, Irina, morta di stenti, a neanche tre anni, in un ricovero, nel 1920, perché sua madre, rimasta sola a Mosca, non aveva più come mantenerla e Georgij, detto Mur, nato nel 1925, il figlio più piccolo, che Marina ebbe in Cecoslovacchia e che visse con lei in Francia dal novembre 1925, fino al loro estremo ritorno in Unione Sovietica, nel 1939.

Il marito Sergej Jakovlevič Ėfron militava come ufficiale dell’Armata bianca; costui emigrò prima a Berlino e poi a Praga nel 1922.

Marina aveva sempre la speranza di ricongiungersi al marito, che era stato arrestato dalla polizia comunista, per essere visto come “nemico” interno. Sergej finse di essersi pentito di essere tra i Bianchi, ma in realtà accettò di essere spia della controparte, per conoscere le mosse dei comunisti; scoperto, fu arrestato il 10 dicembre 1937 e venne prima messo in un gulag e poi fucilato dall’NKVD (antecedente del KGB, polizia comunista) nel 1941, perché la polizia aveva torturato sua figlia Ariadna, tenuta poi in un gulag fino al 1953, morte di Stalin. Nel 1955 Ariadna venne fatta uscire dal gulag e riabilitata. Passò poi la sua vita a parlare e scrivere dei suoi genitori e del fratello.

Marina e il giovane figlio Mur erano tornati in Russia allo scoppio della seconda guerra mondiale, con lo scopo di cercare il marito e la figlia. Marina tentò di chiedere aiuto all’Unione degli Scrittori, disposta a fare qualsiasi lavoro per mantenersi e mantenere Mur, ma purtroppo, non ottenne nulla e i pochi risparmi iniziarono a scarseggiare. Mur era cresciuto in Francia, aveva un carattere sensibile ma chiuso, intelligentissimo, sapeva scrivere e parlare correntemente russo e francese. La madre Marina amava moltissimo Mur. 

Mur voleva studiare. Dipendeva in tutto dalla mamma e teneva un diario di tutto. Leggeva tantissimo e desiderava solo ritrovare il papà e la sorella. La madre sentiva disperazione e nessuno la aiutava. Nell’estate del 1941, per via dei bombardamenti tedeschi, molta gente venne allontanata obbligatoriamente dal nord, verso le zone del sud dell’Unione Sovietica. Con disagi immani e sempre in treno, Marina e Mur arrivarono in agosto in un villaggio sperduto della cittadina di Elabuga,  nella repubblica del Tatarsan, sulle rive del fiume Kama.

Qui Marina trovò una camera per sé e Mur e cercò instancabilmente un posto di lavoro, anche nella cittadina vicina, ma invano.

Sfinita e senza più risorse, Marina si impiccò alla trave della cucina della piccola isba, dove vivevano, il 31 agosto 1941. 

Mur tornò a casa e trovò l’orribile scena e tre biglietti scritti da sua madre, ma la polizia comunista non gli diede nemmeno tempo di piangere e seppellire sua madre, perché Marina venne messa in una fossa comune. Mur scrisse allora alla zia Lilja, che si trovava a Mosca e le chiese qualche soldo; nel frattempo riuscì a vendere per poco qualche oggetto della mamma. Restò nella casa della suicida per tre giorni. Il 4 settembre partì per Čistopol’, a sud-ovest di Elabuga, ospite dello scrittore Nikolaj Aseev e della moglie. Tutti lo trattavano con frettolosa simpatia, togliendoselo di dosso: aveva sedici anni, la sorella nei Gulag, il padre giustiziato, la madre ammazzata dal sortilegio dei delatori e dei traditori. Puzzava di morte. Per pagargli il vitto, vendettero abiti e oggetti di Marina; lui, il ragazzo, riuscì a piazzare il cappotto con bavero di montone della madre.

Nel suo diario, che è stato ritrovato dopo anni -e la sorella poi curò nelle edizioni in russo e in francese-, si parla degli avvenimenti legati alle traversie patite dalla mamma e da lui; il suo desiderio di ragazzo, di conoscere una ragazza, di studiare, di crescere e rivedere il papà e la sorella. Il 22 settembre Mur sbarcò a Mosca, poi fu dislocato di nuovo a sud, a Taškent, nell’attuale Uzbekistan.

Lì riuscì anche a studiare, ma fu malato e riuscì a vivere isolato e in abbandono con i pochi soldi della zia.Nell’ottobre del 1943, ritornò a Mosca e riuscì ad iscriversi all’Istituto di Letteratura, ma purtroppo la guerra interruppe ogni desiderio: “Ho visto i morti per la prima volta in vita mia, fino ad oggi mi sono sempre rifiutato di guardare i cadaveri, compreso quello di mia madre Marina.”, scrive, nell’ultima lettera alla zia. “La morte è terribile, mostruosa… le sfuggirò”. Venne poi costretto all’arruolamento il 26 febbraio del 1944. I giovani venivano mandati a combattere nelle prime linee e così Mur fu colpito da un proiettile morendo il 7 luglio del 1944, a Drujka, in Bielorussia, diciannovenne: un proiettile gli aveva fracassato il cranio.

***

Colpisce la storia di questa famiglia. Chissà quante persone nella storia hanno sofferto per la cattiveria e per l’ignavia di altri. La Memoria serve più a noi, che a loro, ai quali, ci si augura, la Misericordia divina avrà riservato Quiete Eterna.

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