QUANDO LA LIBIA ERA ITALIANA
Un po’ di storia …
A seguito della guerra italo-turca del 1911 voluta dal Governo italiano, presieduto da Giovanni Giolitti, la città, assieme alla regione cirenaica, fu annessa al Regno d’Italia assieme alle regioni della Tripolitania. Nel 1912 la Turchia, sconfitta, fu costretta a riconoscere la sovranità dell’Italia e a ritirare le sue truppe.
L’insediamento italiano, tuttavia, si scontrò con una forte resistenza locale culminata, nel 1923, nella rivolta dei seguaci del maggior esponente della confraternita della Senussiyya. Nella primavera del 1922 fu intrapresa una sistematica occupazione del territorio e in seguito fu avviata una campagna di colonizzazione che portò migliaia di italiani a insediarsi in Libia.
Solo nel 1931 le truppe coloniali ebbero la meglio sulla resistenza libica anche nei territori interni, dopo aver giustiziato il loro capo Omar al-Mukhtar. Dalla fine di agosto del 1942 fu comandante militare di Bengasi il generale di artiglieria Camillo Zarri; inoltre Bengasi era sede del Comando del 15º Stormo della Regia Aeronautica.
Nella cittadina libica, mio bisnonno materno, Filippo, fu inviato dal capo del governo italiano, per essere direttore della sede del governo italiano nella città libica. Vi andò con la moglie e i suoi tre figli, il maggiore dei quali era mio nonno, nato nel 1914. Erano i primi anni Venti. Il fascismo era al potere da poco. I coloni venivano inviati dalle varie regioni d’Italia e un folto gruppo andò dalle Puglie.
La storia certamente, nei particolari non la conosco, per mancanza di documenti attendibili e perché dalla cacciata degli italiani, non è permesso ottenere nulla; però le foto parlano di una città-oasi, sul mare, fiorente ed estiva.
La spiaggia sembra quella di Ostia-Roma, negli anni coevi, solo che sta dall’altra sponda del Mediterraneo. Si vede mia bisnonna affiancata da un giovane magro e serio: mio nonno all’età di circa vent’anni, quindi più o meno il 1934.
Sullo sfondo una veranda di un chiosco, come quelli delle spiagge del litorale laziale.
Mia bisnonna porta una vestaglia sobria, un sovra-costume, mentre mio nonno un completo bianco coloniale.
Immagino di essere lì io, a fare la foto.
Non è molto diverso da un qualsiasi giorno di agosto della nostra epoca, ma certamente meno agitato e chiassoso.
Alla destra della nonna, si vede una sdraio di legno con un tettuccio, forse di colore avana.
Non sono sicura del colore, forse un bianco sporco…la foto è in bianco e nero, sbiadita ai lati, ma sono ben visibili i volti delle persone.
Immagino di sentire dietro di me, il rumore delle onde che si infrangono, leggere, sul bagnasciuga.
Tornando a mio bisnonno Filippo, senz’altro essere responsabile del Palazzo e dei Giardini del Re d’Italia, deve esser stato un onore.
In Libia vivevano molti italiani e i quartieri erano molto marcati. Mia nonna materna mi disse che esistevano comunità diverse. Lei si trovava lì, dagli anni Trenta, come dama di compagnia e amica di una nobildonna messinese.
Il quartier generale e la caserma italiana erano sul lungomare, ed ella vi passava con la signora sua amica, insieme alla sua bambina.
Immagino che mia nonna passasse ogni giorno davanti a tale luogo, dove poi conobbe mio nonno…
Mi piace pensare che i giardini del Re fossero un luogo fatato, un’oasi appunto, come appariva allora Bengasi.
I giardinieri arabi mantenevano, in ordine, ogni angolo. Nelle notti calde di un agosto africano, mentre cantavano le cicale, dai minareti attigui si sentiva il muezzin richiamare alla preghiera.
Alle tre di notte, quel richiamo stridulo spezza il sonno. Non è come ascoltare le nostre campane. Ne ho avuto esperienza tempo addietro…in uno dei miei viaggi in Siria.
Eppure, se si ha fortuna, si può riacquistare qualche ora di sonno e attendere i servi che aprano le imposte delle finestre…
Un’altra foto mostra mio bisnonno in tenuta militare che aspetta l’arrivo delle Autorità italiane, capeggiate da Italo Balbo.
Altri tempi.