Antonio Scurati (Napoli, 25 giugno 1969) è uno scrittore e giornalista italiano, docente di letterature comparate e di scrittura creativa all’Università IULM di Milano, collaboratore de il Corriere della Sera, Internazionale e La Stampa.
Di madre napoletana e di padre di Cusano Milanino, si è laureato in Filosofia all’Università degli Studi di Milano; prosegue gli studi all’École des hautes études en sciences sociales di Parigi e completa la sua formazione conseguendo un dottorato di ricerca in Teoria e analisi del testo all’Università degli Studi di Bergamo. Professore a contratto nell’ateneo bergamasco, coordina il Centro studi sui linguaggi della guerra e della violenza. Sempre presso l’Università di Bergamo insegna Teorie e tecniche del linguaggio televisivo.
Nel 2018 pubblicò Mussolini, Il figlio del secolo, seguito da Mussolini, L’uomo della provvidenza nel 2020 e da Mussolini, Gli ultimi giorni dell’Europa nel 2022; il romanzo ha vinto il Premio Strega nel 2019.
Nel settembre 2022, dopo un’intervista, parla di Giorgia Meloni definendola “erede di Mussolini”.
In questi giorni ha fatto scalpore la scelta della Rai di non far intervenire Scurati in una trasmissione dove si ricorda l’Anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Scurati avrebbe dovuto ricevere 1800 euro di compenso per qualche minuto di lettura del suo messaggio. La polemica sembrerebbe essere invece legata alle parole scritte…in cui Scurati accusa apertamente la Meloni e il suo governo di essere eredi del fascismo.
La Meloni, per far capire che non è questione di censura ma di costo elevato di un discorso minimo, ha pubblicato sui suoi account social il messaggio. Ci ha ragione? Scurati o la Meloni?
Storicamente le cose che elenca Scurati sono tutte successe, ma la Meloni ha pubblicato il messaggio per far capire che non si è censurato il pensiero di uno scrittore, nemmeno quando attacca il governo. In ogni democrazia la polemica è necessaria, ma non è ammissibile che il servizio pubblico paghi 1800 euro per pochi minuti o che si accusi a piè pari tutta la classe politica di governo per non pronunciare la parola “antifascismo”.
Allora anche bisogna avere il coraggio di dire e di scrivere che durante la guerra e anche dopo, vennero compiuti atti riprovevoli dalla sinistra, comunista e socialista. Perché non si parla mai dei delitti degli estremisti di sinistra? Perché è accettabile solo quello che pare ad una categoria?
La verità storica non è univoca.
Questo il testo dell’intervento:
“Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924.
Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro.
Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania.
In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944.
Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.
Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista.
Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia?
Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.
Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).
Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra.
Finché quella parola, Antifascismo, non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana.”