LE VITE DEGLI ALTRI

L’opera e il film Le vite degli altri sono opera di Florian Henckel von Donnersmarck nato nel 1973 a Colonia, Germania Occidentale, in una famiglia cattolica ma cresciuto in America. Dopo essersi diplomato in un Liceo Cattolico studiò letteratura russa per due anni a  San Pietroburgo. Nel 1977 a New York iniziò il suo amore per il cinema. Nel 1996 iniziò a studiare regia di fiction all’Università di Televisione e Cinema, di Monaco di Baviera. Il suo primo lungometraggio Das Leben der Anderen (Le vite degli altri), che necessitò di tre anni per essere scritto, diretto e completato, vinse l’European Film Award come miglior film, miglior attore e miglior sceneggiatura nel 2006; nel 2007 vinse l’Oscar al miglior film straniero . Attualmente è sposato e ha tre figli. 

Le vite degli altri è un dramma ambientato a Berlino Est negli anni Ottanta del Novecento; si confronta con la storia della DDR  controllata dalle spie della Stasi, temuto organo di sicurezza e spionaggio interni.

Il capitano della Stasi Gerd Wiesler viene incaricato di spiare Georg Dreymanfamoso scrittore teatrale e intellettuale, ritenuto all’apparenza non pericoloso per l’ideologia del Partito Socialista Unificato di Germania (SED). Anche il superiore di Wiesler, il tenente colonnello Anton Grubitz, lo incoraggia, promettendogli una promozione nel caso riesca a scoprire qualcosa di compromettente su Dreyman. Insieme alla sua squadra, Wiesler approfitta di una breve assenza di Dreyman dal suo appartamento per piazzarvi numerose microspie.

L’operazione è voluta dal ministro della cultura Bruno Hempfinteressato ad avere per sè la compagna di Dreyman, l’attrice Christa-Maria Sieland

Wiesler, uomo solo e senza una vita privata, inizia a spiare Dreyman e la compagna, cominciando un po’ alla volta a incuriosirsi all’arte e alla letteratura, aspetti della vita a lui fin lì sconosciuti. Qualche giorno dopo Albert Jerskaun vecchio amico di Dreyman, già da anni impossibilitato a lavorare per via delle sue idee politiche, e per questo ormai stanco e disilluso, si suicidaQuesto fatto porta Dreyman a cambiare definitivamente opinione sulla Repubblica Democratica Tedesca, decidendo di fare qualcosa per ribellarsi alla società in cui vive.

Con una macchina per scrivere portata clandestinamente a Berlino Est dall’Occidente, Dreyman comincia a stendere un saggio anonimo sull’alta e anomala percentuale di suicidi nella DDR. Lo scrittore non sospetta di essere in realtà ascoltato giorno e notte da Wiesler, che tuttavia, sempre più affascinato dallo spirito libero e dalle relazioni sentimentali, di amore e d’amicizia, della coppia di artisti, pian piano si sottrae all’incarico di trovare materiale compromettente e, anzi, non fa nulla per ostacolare Dreyman dai suoi intenti; al contrario, lo protegge indirettamente cercando di insabbiare l’intrigo il più a lungo possibile.

Quando Christa-Maria viene portata alla sede centrale della Stasi per un interrogatorio, finisce con il rivelare a Grubitz il coinvolgimento di Dreyman nell’articolo, che tanto scalpore ha destato nel partito socialista; l’appartamento di Dreyman è subito ispezionato, ma la macchina per scrivere non viene trovata. Grubitz, comunque, per provare la lealtà di Wiesler, fissa un nuovo interrogatorio dell’attrice, in cui ella rivela definitivamente il nascondiglio dell’oggetto.

Appena prima dell’ennesima ispezione, Wiesler si affretta verso l’abitazione di Dreyman e porta via la macchina per scrivere. Quando Grubitz inizia a cercare proprio nel nascondiglio escogitato da Dreyman e rivelato da Christa-Maria, questa — non sapendo che il posto è ormai vuoto —si precipita fuori di casa e si getta sotto un camion di passaggio, che la uccide sul colpo. L’indagine su Dreyman si chiude in un nulla di fatto ma, pur senza poterlo provare, ora a Grubitz è chiaro che Wiesler ha protetto l’uomo; lo affronta e gli preannuncia la fine della sua carriera.

Due anni dopo la caduta del muro, nel 1991, in seguito alla riunificazione, Dreyman reincontra Hempf e apprende che anche la sua vita, come quella di tanti altri innocenti cittadini, era spiata. Una volta letti i documenti della Stasi relativi alla sua persona, molto perplesso, capisce finalmente che l’agente “HGW XX/7”, sigla identificativa di Wieslerlo ha coperto. Riesce a rintracciarlo; ora l’uomo si guadagna da vivere come semplice fattorinoDreyman vorrebbe andare a parlargli ma, non trovando parole o gesti che possano esprimere la gratitudine per avergli salvato la vita, se ne va.

Passano altri due anni, si arriva al 1993, e durante il suo lavoro Wiesler nota per caso la pubblicità del nuovo romanzo scritto da Dreyman, dal titolo “Sonata per gli uomini buoni”. Sfogliandolo in una libreria, vi legge «dedicato a HGW XX/7, con gratitudine» e decide di acquistarlo; quando il commesso gli chiede se lo desidera in una confezione regalo, lui risponde con un lieve sorriso: «No, lo prendo per me».

Recensioni sul libro e sul film

 (…) Un testo esemplare. Con tutti i suoi elementi in ordine, caratteri, situazioni, processi psicologici, incidenti, sorprese. Mentre la regia riesce a evocarvi attorno le atmosfere terribili di quei luoghi e di quei giorni, all’insegna sempre di una paura che dilaga ovunque tappando la bocca a tutti e disseminando angosce e sospetti. Con accenti, però, mai troppo marcati, anzi in cifre in cui il non detto, specie al momento di tirare certe somme, prevale senza mai uno strappo. Affidato a immagini che sembrano quasi fotografare dal vero quei colori verdastri, grigi, opachi, soffocanti, tipici in quegli anni della vita di Berlino Est. Vi concorrono degli interpreti che, specie per quel che riguarda il protagonista, Ulrich Mühe, ne sembrano, almeno fin quasi alla fine, il riflesso più autentico e spettrale. Di fronte a lui Martina Gedeck compone, con lacerata intensità, il ritratto contraddittorio dell’amante dello scrittore. Dà volto a quest’ultimo Sebastian Koch, già visto di recente in ‘Black Book’ di Paul Verhoeven: asciutto, sincero, sofferto.” (Gian Luigi Rondi, ‘Il Tempo’, 4 aprile 2007)

“‘Le vite degli altri’ è un film sottilmente psicologico, dove la dialettica di simmetrie-opposizioni tra i due caratteri maschili funziona da motore principale degli eventi. Con orientamento sicuro, la sceneggiatura dello stesso Von Donnersmarck evita le possibili implicazioni patologiche del rapporto, prendendo una direzione umanistica e narrandoci, quasi a mezza voce, una presa di coscienza esemplare.” (Roberto Nepoti, ‘la Repubblica’, 6 aprile 2007)

“Una spy story ambientata a Berlino Est pre-caduta del muro che fa leva sull’ambiguità di tutti i personaggi per uscire dal film di genere ed entrare in quello della riflessione esistenziale. Il tema della sorveglianza della ‘vita degli altri’ in funzione di una ‘causa superiore’ è quanto mai attuale.” (Paola Casella, ‘Europa’, 6 aprile 2007)

“Alla fine il film si ferma mentre la storia (e a maggior ragione la Storia con S maiuscola) continua, anzi mentre lascia dietro di sé le tracce di tanti possibili cadaveri, se non letterali almeno metaforici. Ma nel ricordo dello spettatore quelle ‘metafore’ acquistano la consistenza delle visioni più reali e concrete, quelle che solo il grande cinema riesce a regalarci: il quadro di una umanità costretta a far i conti con la più preziosa delle proprie qualità, la dignità. Von Donnersmarck ci dice che ci sono tanti modi per cercarla e per trovarla, che qualche volta possono passare anche attraverso i più impervi percorsi, lungo le strade più grigie (tra i meriti non secondari del film – che gli hanno fatto vincere meritatamente 3 European Film Awards e l’Oscar come miglior titolo straniero – ci sono anche un’ambientazione e una scenografia praticamente perfette) attraverso i più squallidi dei lavori. Basta non dimenticare mai che la propria vita, e quelle degli altri, dipendono solo da lei. Dalla dignità.” (Paolo Mereghetti, ‘Corriere della Sera’, 6 aprile 2007)

“‘Le vite degli altri’ è costruito come un thriller e tiene col fiato sospeso per 138 minuti, gli attori sono tutti perfetti e la ricostruzione della Germania dell’Est è al tempo stesso agghiacciante e struggente. Un Oscar meritatissimo.” (Alberto Crespi, ‘L’Unità’, 6 aprile 2007)

“Implacabile come un thriller, ma rigoroso e penetrante sul piano psicologico e fattuale, Le vite degli altri non è solo uno straordinario film storico che getta una luce cruda sulla vita quotidiana in quel paese così assurdo e diverso da tutti che oggi sembra una finzione letteraria. E’ anche una parabola spietata e insieme ottimista sul Potere, in ogni epoca e luogo, nutrita di dettagli di prima mano che accentuando la credibilità dell’insieme potenziano anche la sua carica simbolica. Non a caso il regista nelle interviste cita lo scandalo Telecom. E negli Usa già si pensa a un remake.” (Fabio Ferzetti, ‘Il Messaggero’, 6 aprile 2007)

“Molto ben fatto, pieno d’umanità, recitato magnificamente, il film non si perde nell’aneddoto ma trasforma il suo soggetto in un’analisi pietosa, in un avvertimento generale.” (Lietta Tornabuoni, ‘L’Espresso’, 12 aprile 2007)

“Siamo a Berlino, nel 1984. L’ordine di avviare l’inchiesta parte dal ministro della Cultura, invaghitosi della donna e il fine è tutt’altro che politico. Il poliziotto, un capitano, esperto e spietato investigatore – magistralmente interpretato da Ulrich Mühe – all’inizio è rigoroso nel suo incarico, ma il contatto con le vite dei due intellettuali insinuerà in lui emozioni mai provate. Emozioni destinate ad aprire una crepa nelle granitiche certezze dell’ideologia e a cambiare la sua vita, portandolo a compiere una scelta difficile, rischiosa, ma alla fine inevitabile. “Stai ancora dalla parte giusta?”, gli chiede il superiore che inizia a sospettare della sua condotta. “Sì”, è l’asciutta risposta. Ma la parte giusta è già cambiata. Ed è nei delicati ingranaggi di questo lento processo di cambiamento che lo spettatore è accompagnato da una regia accorta, da una sceneggiatura senza pause nel ritmo narrativo e da una recitazione intensa, mai sopra le righe. Grande successo in Germania, nonostante pochi credessero in questo lavoro, Le vite degli altri è un film molto bello, giocato sulla ricerca dei sentimenti e delle emozioni reali della gente oltre la maschera imposta dal regime totalitario. Ed è una pellicola che può essere guardata da punti di vista diversi, a seconda del personaggio che si prende come riferimento. Perché ogni “vita” racconta una storia diversa.” (Gaetano Vallini, “L’Osservatore Romano”, 14 aprile 2007) 

“Lasciatemi dire e se sbaglio lapidatemi: c’è più cinema in una sola inquadratura di Nuovo mondo che in quasi due ore e mezzo di Le vite degli altri. (…) Tutto si risolve nei dialoghi, affidati a interpreti tanto professionali quanto privi di fascino, e per il resto lo sfondo è di una raggelante genericità. Manca (e non è un difetto da poco) ogni sensibilità visiva. Per di più la vicenda è mal raccontata, le motivazioni sono improbabili e nell’insieme “Le vite degli altri” conferma che il bello e il politicamente corretto sono cose distinte.” (Tullio Kezich, ‘Magazine’ 19 aprile 2007).

ALCUNE PRECISAZIONI UTILI PER CAPIRE IL FILM “LE VITE DEGLI ALTRI”

Le vite degli altri è un film drammatico, un thriller del 2006, diretto da Florian Henckel von Donnersmarck. Questo film vinse il premio Oscar per il miglior film straniero in gara.   k

Siamo nella DDR. Nella Berlino dell’Est, 1984. LA “DDR” è l’acronimo di “Deutsche Demokratische Republik”, ovvero la Repubblica Democratica Tedesca. Questo era uno stato socialista esistito dal 1949 al 1990, comunemente indicato come Germania Est o Germania Orientale.

Il capitano della Stasi, Gerd Wiesler, deve spiare un famoso scrittore teatrale di nome Georg Dreyman.

La “STASI” è l’acronimo di “Ministerium für Staatssicherheit” in tedesco, che tradotto in italiano significa “Ministero per la sicurezza dello Stato”. Era la principale organizzazione di sicurezza e spionaggio della DDR, fungendo da strumento governativo per il Partito Socialista Unificato di Germania (SED).

Fondato nel 1950, la STASI aveva il compito di assicurare il potere della SED e fu sciolto ufficialmente nel 1990.

Wiesler e i suoi agenti piazzarono microspie nell’appartamento del regista, anche se all’apparenza non sembrava pericoloso per il partito socialista Unificato di Germania (SED).

Il film esplora le vite di questi personaggi e come cambiano a seguito di questo rapporto di sorveglianza. 

Elogi e critiche al film

“Le vite degli altri” ha ricevuto diverse critiche, sia positive che negative. 

Ecco alcuni punti salienti:

Il film è stato lodato per la sua rappresentazione del clima paranoico caratterizzante gli ultimi anni della Repubblica Democratica Tedesca (DDR) e del suo contesto culturale.

È stato descritto come un dramma politico-sociale intenso e coinvolgente, diretto con equilibrio e sorretto da una sceneggiatura di spessore e di grande linearità.

Gli interpreti sono stati elogiati per la loro misura e compostezza, in particolare Ulrich Muhe, che ha interpretato il capitano Gerd Wiesler.

Tuttavia, ci sono state anche alcune criticheAlcuni hanno sostenuto che il film non scava abbastanza in profondità, non va al di sotto della superficie degli eventi e dei personaggi, e cede spesso ad una retorica del senno di poi.

È stato anche suggerito che il film si concentra troppo su un singolo personaggio (l’agente della Stasi) piuttosto che esplorare le vite di più personaggi.

In generale, “Le vite degli altri” è considerato un film ben fatto e coinvolgente.

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