ll figlio dell’altra (Le Fils de l’autre) è un film del 2012 diretto da Lorraine Lévy.
Uscito in Francia il 4 aprile 2012, è stato distribuito in Italia da Teodora Film, il 14 marzo 2013.
Joseph Silberg è un ragazzo palestinese di origine -senza saperlo-che vive a Tel Aviv con suo padre, colonnello dell’aeronautica israeliana e sua madre, medico per un ospedale della città. Durante la visita militare si scopre che il gruppo sanguigno di Joseph non è compatibile con quello dei suoi genitori.
L’analisi del DNA prova definitivamente che il giovane è stato scambiato, alla nascita, con Yacine Al Bezaaz, che vive in Palestina nei territori occupati della Cisgiordania.
Joseph e Yacine sono quindi sconvolti e confusi per tale scoperta, che getta nel panico le due famiglie, culturalmente molto distanti, che proveranno ad avvicinarsi ma le “questioni politiche” superano la buona volontà, e i due padri finiscono per scontrarsi per la guerra che divide entrambi i loro popoli.
I due ragazzi si incontrano e si chiedono come cambierà, per lo scambio d’identità, il loro destino. Dopo un primo periodo, i loro incontri si fanno più frequenti e i due giovani iniziano a conoscere l’uno la famiglia dell’altro, incominciando a superare le loro differenze.
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Sorella del celebre scrittore Marc Lévy (di cui ha portato sullo schermo il romanzo Mes amis, mes amours), Lorraine Lévy inizia la sua carriera come regista e autrice per il teatro.
Dopo la fondazione della Compagnie de l’Entracte nel 1985, scrive e dirige “Finie la comedie” (1988), “Zelda” (Prix Beaumarchais nel 1991) e “Le Partage” (1993, presentato al festival d’Avignon). All’inizio degli anni 2000, comincia a lavorare per la televisione come sceneggiatrice, firmando più di 30 copioni per le maggiori reti nazionali, incluse France Television, Canal+ e TF1. Il suo primo film per il grande schermo, La premiere fois que j’ai eu 20 ans, -La prima volta che ebbi vent’anni-, è del 2005, anche se il successo arriva con Mes amis, mes amours (2008), -Amici miei, amori miei- una commedia brillante con un cast che comprende Vincent Lindon, Pascal Elbe e Virginie Ledoyen.
Nel 2010 firma come regista, oltre che come sceneggiatrice, Un divorce de chien!, -Un divorzio da cani-sempre per la tv. Il figlio dell’altra è il suo ultimo film per il cinema.
La regista Lorraine Lévy, è francese ed ebrea di nascita, alla sua terza regia con questo film particolare, che racconta la scoperta di uno scambio in culla avvenuto ad Haifa, 18 anni prima, tra un ragazzo ebreo e un arabo palestinese, le cui famiglie vivono divise dal muro che separa le due popolazioni. Allo shock per la situazione sono proprio i ragazzi e le madri i più veloci ad adattarsi.
Lorraine Lévy venne intervistata e le chiesero se fossero loro, i ragazzi, la speranza di un futuro di pace: “Sì, la speranza è nei giovani, perché là ho trovato, da una parte e dall’altra del muro che li separa, una gioventù, israeliana e palestinese, bella, ardente e con tanta voglia di libertà, come tutti i giovani del mondo,” disse la regista.
“Credo davvero che sarà questa gioventù a cambiare le cose. Poi ci sono le madri, più che le donne, perché quando le madri si alleano, diventano una vera e propria forza politica. Quando succede questa storia, i padri hanno la sensazione di aver perso un figlio, mentre per le madri c’è un figlio in più, non un figlio in meno. Gli uomini sono molto più legati alla tradizione, a quello che i padri hanno loro trasmesso e che sentono di dover, a loro volta, trasmettere al proprio figlio, mentre le madri sono visceralmente attaccate alla vita e ai figli”.
“Ho trovato più interessante, nel mio film, restare dentro un’altra realtà, che non fosse sempre quella dello scontro di civiltà, una realtà più interiore. Infatti ho voluto terminare il film sulla stessa immagine dell’inizio, ma rovesciata, perché i due ragazzi sono, anche visivamente, l’uno il rovescio della medaglia dell’altro. Perciò ho trovato questo finale più aperto, più leggero, più arioso. Non mi interessava affatto fare un film pesante, duro, serio, volevo che si potesse anche sorridere e ridere, che fosse come la vita”.
Il film è molto critico anche verso l’uso strumentale della religione. Lorraine Lévy ci dice in proposito: “Trovo che possedere la fede sia un regalo della vita, perché è una forza eccezionale. Io non ho la fortuna di averla e mi dispiace molto, perché quando vedo la gente che ha la fede, mi rendo conto che ha una grande forza. Però sono molto più critica con l’utilizzo che alcuni fanno della fede, con quello che gli uomini fanno dell’idea di Dio. Molto spesso questa idea, che dovrebbe unire gli uomini, li separa, ed è quello il problema”.
La regista ha girato il film a Israele con un cast e una troupe, composta “da ebrei israeliani, arabi israeliani e arabi palestinesi”, che hanno aiutato a dare una forma più realistica alla sceneggiatura coi loro consigli.
Tel Aviv è un luogo in cui la gioventù è libera, i ragazzi vivono sulla spiaggia, ci dormono, ci mangiano, c’è una tale libertà che non ci si immagina nemmeno che il paese possa essere in guerra. Poi, quando si va a Gerusalemme, si trova una città incredibilmente ispirata, dove coesistono tutte queste diverse religioni e c’è questa coabitazione, a volte felice e a volte no, tra israeliani e palestinesi. Amos Oz, uno scrittore israeliano, che la regista ha amato molto e che l’ha ispirata per questo film, in uno dei suoi libri dice che tutte le persone che camminano per le strade di Gerusalemme, per lui non sono delle silhouette, ma dei punti interrogativi. Dice la Lévy che l’immagine di tutti questi punti interrogativi che si incrociano in questo modo è molto bella e vera.
Mettersi nei panni degli altri…provare a evitare sempre di criticare…conoscere bene le persone…prima di dire qualcosa …questo è ciò che ci insegna questo bellissimo film, che a mio modesto avviso, andrebbe fatto conoscere a tanta gente che giudica, giudica senza sapere.
La vera ignoranza è quella del cuore.