Un sano realismo aiuta a superare le contrapposizioni
Io sono nata in un periodo successivo alla seconda guerra mondiale, negli anni settanta. Erano anni di terrorismo rosso e nero. Mio nonno era un militare e in casa mia si parlava di guerra. Non solo quella da lui vissuta, mai dimenticata, ma di guerra quotidiana che appariva nei telegiornali e nelle conversazioni della gente.
Mi ricordo che a circa nove o dieci anni già sapevo cosa fossero le Brigate Rosse.
Quando uscivo con le amiche per il Corso Vittorio Emanuele, quello della città di provincia in cui vivevo, avevo a distanza la scorta: infatti mio nonno lavorava ancora e aveva a che fare con il carcere di massima sicurezza della Sardegna del nord.
Ricordo che quando Aldo Moro venne ucciso a Roma, dinanzi alla casa lessi una frase che diceva qualcosa del genere: “Lotta dura senza paura”… non mi stupii perché era quotidiana conversazione a casa.
Quando venni a Roma mi feci portare dinanzi alla casa di Aldo Moro.
A dieci anni mio zio mi fece leggere un libro che parlava delle brigatiste rosse.
Non ero spensierata come le altre bambine. Perché capivo già che l’odio di classe e il terrorismo erano un ostacolo alla felicità della gente. Capivo che molti lottavano per l’equità ma lottavano male.
A diciott’anni andai con mio nonno in un grande hotel per una riunione politica. Erano le mie prime elezioni, ossia quelle in cui avrei votato.
C’erano tanti uomini. Io ero una ragazzina di diciott’anni dinanzi a nonni! Eppure parlai dinanzi a loro perché mio nonno voleva che dicessi la mia.
Non dico di che partito fossero lui e loro, ma ricordo che non volli essere nella lista.
Votai ma non votai per loro.
Votai per un ideale di libertà.
Poi la vita mi ha portato nel campo accademico, ma mi sono sempre trovata in mezzo a rossi e neri. Credo che anche se i tempi sono cambiati, in fondo, in Italia, ci sono sempre schieramenti.
Sempre ho voluto tenere alta la bandiera della libertà e della democrazia e non delle parti.
Poi la chiamata di Dio è venuta sul solco di questo desiderio di equità e di giustizia.
Non solo sociale, ma anche e soprattutto umana.
Per me la buona politica è la ricerca della felicità personale e sociale e questi aspetti non si scindono.
Certamente però ho imparato molto dagli anni Sessanta e Settanta. Ho imparato a non dare per scontata la lotta e la possibilità di un confronto per una politica realista.