Quel che resta…

Paragono la vita ad una escursione in montagna.

Quando si è piccoli, si vive sospesi, in un gioco fuori dal tempo.

Altri fanno le regole, tu le vivi -volente o nolente-.

Quando passi i dodici anni, inizi a ragionare e a confrontarti, con il mondo e con le ansie e le gioie, che i grandi ti mettono davanti.

Nell’età dell’adolescenza, inizi a starti stretta, stretto.

Vedi che la corda che ti teneva legata/o ai tuoi, in qualche modo si sta allentando.

Nell’età della prima giovinezza, inizi a pensare a come stare al mondo, in modo autonomo.

Le peggiori liti in casa sono per questo.

La scuola è il campo in cui ti metti in discussione. La vita fuori è il desiderio. Fai le prime stupidaggini. Chi non le ha fatte?

Non sei ancora te stessa/ te stesso. Vorresti essere tu l’artefice del tuo destino e ancora non sai che lo sarai solo in parte.

La gente intorno è come a teatro. Ti guarda a volte distratta a volte attenta. Tu puoi essere il protagonista o lo spettatore della tua stessa messinscena…

Se sei protagonista, aspettati grandi voli e grandi cadute; se sei brava/o, aspettati invidia e solitudine oppure lotta e dolore.

Arriva il salto nel mondo accademico o nel lavoro: qui hai, in un piatto d’argento, due possibilità: o riesci bene o ti parcheggi a spese altrui.

O vivi o sopravvivi.

La vita è la giungla in cui puoi dimostrare di essere o un capo-branco oppure un gregario.

Nel mondo non c’è un quieto vivere. Quello lo lasciamo ai trapassati.

Poi sali la montagna. La metafora va bene…Il desiderio di guardare il panorama, respirare l’aria fresca, camminare libera/o da vincoli.

Hai la pienezza della vita davanti.

Ti senti forte, giovane, capace, audace. Magari riesci bene con gli altri…riesci bene con te stessa/o e non ti fermi molto a riflettere. Dici che c’è tempo, tutto il tempo davanti.

Poi sali e sali. Ti guardi allo specchio. Dove è andata quella bambina, quel bambino che eri? Si vede già dalla pelle… le prime rughe, le prime preoccupazioni, le stanchezze. Ma che voglia di restare a dormire, la mattina, invece del solito tramestio.

Gli altri aspettano da te il massimo: non li puoi deludere! E perché tutto questo daffare?

Ma tu? Dove stai? Sei presente a te stessa/ te stesso? Vuoi fare una escursione in cui non si senta la fatica?

Impossibile.

Poi arrivi presto alla fine dell’Università. Le prime soddisfazioni e il primo impiego.

Forse già la scelta: la carriera, l’amore, la famiglia o la missione.

Tutti hanno un itinerario.

A trent’anni sei già al primo impiego.

Lo specchio è sempre lì al mattino. Ti guardi, ma non ti vedi. Ti trucchi magari o ti avvii i capelli per sembrare migliore di quel che sei.

La notte poi non dormi più le tue ore di fila. Dovunque tu sia, in qualsiasi ambiente, hai da fare i conti con i compromessi della vita. E perché sempre i compromessi? Magari esiste un’isola sconosciuta in cui vorresti andare…come un naufrago che trova la sua vera terra accogliente.

La metafora della montagna ritorna a galla. E arrivi presto alla cima: la gloria, gli onori, i riconoscimenti… insieme ai fallimenti e alle delusioni. La gente non è come te l’aspettavi da ragazza/o.

Anche il carattere ne risente. Ti fai più pensosa/ o. Hai l’età- dicono-!

Ma poi, quando stai sulla cima e ti guardi vedi che quella/ o che eri, a dodici anni, reclama di essere ascoltato e amato. Reclama la sua parte di verità.

La notte ti svegli e dici: “Ho raggiunto la cima e gli obiettivi. Ora che mi resta?”

….

Ti resta di affrontare ancora una strada interiore, in cui non sono più gli altri i protagonisti e i manipolatori, ma sei tu: con ciò che hai conquistato e con le tue fatiche.

Questo discendere dalla montagna e dentro di te, è il momento più vero.

E ciò che resta da fare è la parte migliore!

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