La ricerca psicanalitica aiuta a capire le fonti del Male
Alla fine dell’Ottocento, grazie alla psicoanalisi, si iniziò a studiare la mente umana, in modo più attento di quanto fosse accaduto in passato e facendolo in modo scientifico.
La morale, nella stragrande maggioranza dei paesi dell’occidente europeo, era associata alla religione e non si pensava ai comportamenti umani al di fuori dell’ottica del bene e del male, del peccato e della purezza. Ad esempio, male e perversione erano ritenute due parole che indicavano la stessa cosa: la trasgressione e quindi il peccato appunto.
Le persone perverse, ossia quelle che l’opinione pubblica vedeva come disadattate e fuori dalla norma, venivano dette “delinquenti” e venivano catalogate come riprovevoli.
Sebbene questa originaria convinzione negativa si sia rivelata antiscientifica, essa appare in parte legittima se viene rapportata alla natura stessa della perversione.
La nozione di peccato è, infatti, centrale nella perversione, perchè sottolinea la percezione soggettiva dell’azione trasgressiva e malevola da cui nasce il piacere.
Il desiderio di trasgredire l’ordine morale, di umiliare, di sovvertire o di essere crudele, avvertiti come “naturali” nel perverso, costituiscono infatti per persone del genere, l’unico immaginario comportamentale e sessuale possibile, che permette il raggiungimento del piacere.
Gli individui perversi non negano affatto la loro “perversità”. Anche se si riconoscono come diversi, essi si trovano in sintonia con la loro condotta; la mancanza di un conflitto interiore nella loro psiche, impedisce la percezione del disagio. Dal di fuori, invece, le persone ritenute depravate e quindi perverse, sono ritenute (forse anche a giusta ragione) immorali o amorali…anormali.
Ma siamo sicuri che si possa dire così del tutto e per una sola categoria di persone? Vedremo.
Un metodo idoneo e abitualmente adottato nello studio psicoanalitico della perversione è quello che la confronta con la relazione d’amore.
L’amore relazionale consiste in un incontro armonioso ed equilibrato, tra ricerca di gratificazione personale e senso altruistico di attenzione e di rispetto per il piacere dell’altro.
In altre situazioni, ad esempio come nel caso delle persone perverse, l’impulso sessuale esige invece un soddisfacimento immediato, con ciò rivelando una disgiunzione tra sessualità e amore.
Nei soggetti narcisistici e amorali, dall’amore tenero e appassionato si passa ad una sessualità dominata da componenti aggressive, all’universo sessuale sadico.
La sessualità deviante appartiene al mondo dell’eccitazione e della pornografia e ha le sue radici nella fantasia aggressiva e di possesso. Non solo: gli individui perversi sono fermi ad un bisogno di soddisfacimento primario, tipico dei primi anni di vita, quando un bambino ancora non razionalizza e cerca la madre o il padre, affinchè lo sostentino o lo accontentino. Laddove, nel perverso, questo desiderio primario non sia stato soddisfatto a suo tempo, rimane sempre un fondo oscuro di ricerca…anche per tutta la vita.
Aggressività e distruttività
L’aggressività è espressione di un’emozione come, ad esempio, nel caso dell’odio che scatena la violenza contro un nemico.
La distruttività non esprime un’emozione: essa è fredda e indifferente. È puro piacere nel distruggere, un piacere che si alimenta dall’atto stesso. Si può essere distruttivi senza odiare; odiare, infatti, è spiacevole e implica un conflitto, mentre il sadismo distruttivo è piacevole.
L’aggressore può identificarsi con la vittima e mettere fine alla violenza.
La distruttività, invece, non permette alcuna identificazione con la vittima, anzi la sua eventuale sofferenza incrementa il piacere.
Nella sfera psichica la distruttività è alla base di alcuni quadri psicopatologici quali la perversione, le sindromi anoressiche e borderline, le tossicomanie e le psicosi.
Nel campo sociale e politico la distruttività ha animato le più grandi tragedie del secolo scorso come quelle del nazismo e del comunismo ideologico.
Il piacere del male
L’atteggiamento distruttivo si accompagna a una speciale forma di piacere, che rende il male preferibile e più potente del bene.
Nei casi patologici gravi, il male induce verso una forma di orgasmo mentale che consente di agire al di fuori di ogni consapevolezza e responsabilità. Nel caso specifico e nelle forme estreme del piacere perverso, come nelle perversioni criminali, il fascino del dominio assoluto sulla vittima produce un piacere devastante come una droga.
Come avviene per le droghe che producono assuefazione, l’azione distruttiva, per mantenere vivo l’eccitamento, deve aumentare continuamente le dosi di “cattiveria”
La differenza tra il male ordinario e il Male assoluto della perversione, consiste nel fatto che, mentre nel caso del male ordinario, il soggetto agisce perché accecato dall’odio e dal risentimento, nel caso del Male assoluto non esistono emozioni o sentimenti negativi ma domina l’indifferenza.
Si cerca il male per il piacere del male. Per il sadico l’importante è poter dominare un soggetto completamente acquiescente. Il Male assoluto, proprio per la sua assenza di passione, ha delle regole, che caratterizzano la scalata progressiva verso il piacere. Il perverso è un “recidivo” ossia un individuo che ripete sempre le stesse azioni quando se ne offre la possibilità.
Il Male assoluto della perversione coincide con il raggiungimento del Potere Assoluto, che è possibile spesso nella fantasia del perverso dove i ruoli sono stabiliti all’inizio.
Il potere della fantasia è, infatti, centrale nella perversione.
Criminalità e perversione
La fantasia perversa può non solo spingere ad azioni criminali, ma anche strutturare in questo caso una condizione di coscienza dissociata, di tipo ipnoide.
I perversi dopo aver compiute le loro azioni criminali le cancellano o allontanano dal ricordo, quasi seppellendole.
Nella letteratura psicoanalitica si è molto riflettuto sulla criminalità e sulla perversione, su ciò che le lega e ciò che le distingue.
Secondo una delle tesi correnti nella criminalità la distruttività si manifesterebbe allo stato puro, mentre nella perversione sarebbe legata e mitigata dalla sessualità.
L’osservazione che il soggetto perverso di solito concorda con il partner il gioco aggressivo ha indotto a pensare che l’amore o l’interesse sessuale riduca il desiderio di fare male. La consensualità tra violentatore sadico e vittima masochistica è sancita dal contratto stabilito tra i due, per cui la sottomissione volontaria di chi subisce limita l’estensione del danno. Nella criminalità perversa, al contrario, il violentatore agisce contro e indipendentemente dalla vittima.
Secondo un’altra interpretazione dei fatti tra perversione e criminalità ci sarebbero differenze solo quantitative: la perversione sarebbe un fatto privato che diventa pubblico, e quindi criminale, nel momento in cui l’atto sessuale viene agito e produce danni tali da rientrare nei delitti punibili dalla legge. Non sappiamo perché la crudeltà agita e la sofferenza inflitta producano un eccitamento orgiastico mentale. Possiamo solo registrare il fatto che il legame con l’estasi sessuale rende sempre più devastante e pericolosa la crudeltà. La distruttività trionfa attraverso l’atto criminale perché è in grado di provocare questo tipo di piacere mentale.