LA NOSTALGIA 

ovvero IL DOLORE PER IL DESIDERIO del ritorno

Nell’Odissea, il poema del ritorno, la nostalgia ritorna ad ogni dove. 

Questo sentimento, infatti, percorre tutta l’opera di Omero. 

La ‘nostalgia’ è il desiderio di qualcosa (o qualcuno) che è assente o che si è perso.

Odisseo, mosso dal desiderio del ritorno a Itaca, fece di tutto per tornarvi, dopo anni di guerra, lontananza e viaggi con i suoi compagni. 

Ora, solo, prima di arrivare a casa, vagò per tre anni e arrivò, naufrago, nell’isola della ninfa Calipso, la quale si innamorò di lui e lo volle trattenere.

Là, Odisseo trascorse ben sette anni con la dea nella serenità, nell’agio e tra i piaceri più vari. 

Con lei, tuttavia, si sentiva prigioniero. 

Lui, che aveva combattuto in guerra, che aveva perso tutti i suoi compagni sentiva il senso della mancanza della sua casa, di sua moglie e del figlio, oltre chè dei suoi genitori.

La sua era una nostalgia più grande di ogni altro sentimento, perché era solo e separato da tutto e da tutti. Ulisse, il più grande avventuriero di tutti i tempi, era anche il più grande nostalgico».

***

Così, anche nell’era della tecnologia, dei viaggi rapidi e delle scoperte, delle connessioni subliminari e dell’Intelligenza Artificiale, nessuno ha ancora scoperto una macchina del Tempo, che possa permetterci di ritornare alla nostra Itaca e solcare il mare dell’indifferenza.

Odisseo, Penelope, Itaca, le avventure ai confini del mondo, le irraggiungibili sorti delle anime dell’Aldilà, restano per sempre il Mito.

Il Mito è l’età d’oro dell’Umanità, che si evolve sempre più, ma con il cuore vorrebbe tornare alla propria casa, culla degli affetti primordiali.

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LE RADICI DELLA REPUBBLICA-3

Storia d’Italia dal 1975 al 94

Negli anni Settanta si erano succeduti i seguenti governi: Emilio Colombo, Giulio Andreotti per due volte, Rumor per due volte; Moro per due volte, Andreotti per due volte, Francesco Cossiga per due volte, fino ad arrivare al 1980. Tutti centristi.

Sul piano politico si venne determinando uno stallo per via dell’erosione dei consensi al centro-sinistra, che portò alla fine anticipata di due legislature. Cominciò allora a prendere corpo l’idea di un compromesso storico fra le principali forze politiche del paese, che dalla DC si estendesse al PCI.

Enrico Berlinguer, nel 1976 dichiarò di voler promuovere la cosiddetta linea euro-comunista, cioè un’alleanza col Partito Comunista Francese e quello Comunista di Spagna, che prevedeva un approdo “democratico” al comunismo in Europa, a prescindere dal sostegno dell’Unione Sovietica. 

Il compromesso storico nel 1977 vide un ritorno delle agitazioni e dei movimenti di piazza, con scontri molto più feroci di quelli del Sessantotto: le violenze sfociarono in azioni armate con lanci di molotov, uccisioni sia di poliziotti sia di manifestanti, assalti alle sedi del MSI, e strascichi come la strage di Acca Larenzia.

Anche le BR giunsero ad alzare maggiormente il tiro, dopo che la loro nuova guida, Mario Moretti, aveva preso il posto di Cagol, morta nel 1975, e di Curcio, arrestato nel 1976. Moretti diede alla lotta armata l’ordine di «mirare al cuore dello Stato», portando a un incremento degli attentati: nel 1977 le persone uccise ad opera delle BR salirono a trentuno.

Berlinguer, ritenendo che il PCI stesse pagando più di tutti il proprio appoggio al governo Andreotti, con una perdita di consensi, fece pressioni per avervi un maggior coinvolgimento. Fu allora che si ebbe l’episodio più eclatante quando il 16 marzo 1978 le BR rapirono il Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, uno dei maggiori sostenitori del compromesso storico, in via Fani a Roma, proprio nel momento in cui il Presidente del Consiglio incaricato, Giulio Andreotti, stava tentando di far nascere il primo governo con i voti diretti del PCI.

Il fronte politico si divise allora tra i fautori della trattativa con le BR (soprattutto il PSI), e i sostenitori della fermezza (democristiani e comunisti), convinti che lo Stato non si dovesse piegare ai loro ricatti; alla fine prevalsero questi ultimi.

Il conseguente omicidio di Moro, il cui cadavere fu fatto ritrovare in via Caetani, a metà strada tra le sedi della DC e del PCI, gettò l’Italia intera nello scompiglio e nel caos. 

Il ministro dell’Interno Cossiga, che si era opposto alla trattativa con le BR, fu costretto alle dimissioni. Anche il presidente della Repubblica Leone fu accusato di non aver fatto abbastanza per salvare Moro; sottoposto tra l’altro a una campagna mediatica da parte dell’Espresso e del Partito Radicale, che lo ritenevano coinvolto nello scandalo Lockheed, che in quegli anni stava portando a svariate inchieste giudiziarieLeone si dimise di lì a poco, nonostante la sua estraneità ai fatti riconosciuta vent’anni dopo dagli stessi radicali.

L’omicidio di Moro accelerò di fatto la fine dei governi di solidarietà nazionale, portando alla fine anticipata della legislatura nel 1979, e lasciando nella Repubblica Italiana la lugubre sensazione di avviarsi verso un inesorabile declino. 

Il pesante clima ideologico degli anni Settanta, che aveva portato a un vertiginoso accrescimento della tensione sociale e politica, cominciò a dissolversi all’inizio degli anni ottanta, durante i quali avvenne la cosiddetta svolta del «riflusso», inaugurata nell’autunno del 1980 dalla marcia dei Quarantamila a Torino, quando tornò alla ribalta l’esistenza di una «maggioranza silenziosa» che si contrapponeva al clamore degli scontri sociali del decennio precedente: il 14 ottobre numerosi quadri intermedi della Fiat, stanchi delle continue proteste dei sindacati, che si opponevano alla cassa integrazione di diversi operai, proposta dall’azienda per rilanciarsi, e che impedivano loro di entrare in fabbrica a lavorare, diedero vita a un corteo “silenzioso” per la città che mise a tacere gli scioperi e le occupazioni. 

Ci fu, nel complesso, un ritorno delle persone dalle piazze al privato; cominciò l’era della televisione commerciale, unito a un decollo della pubblicità e a un incremento dei consumi. Crebbe la disaffezione dei cittadini per la politica, ma aumentò il senso di ottimismo e di benessere sociale. A livello politico iniziò a prevalere la personalizzazione sull’appartenenza ideologica; ci fu così un declino del potere dei sindacati e del Partito Comunista Italiano, parallelamente all’ascesa di Bettino Craxi tra le file del Partito Socialista Italiano, chiamato nel 1976 a risollevare le sorti del partito, che allora si trovava ai minimi storici, stretto nella tenaglia del tentativo di compromesso storico tra la DC e il PCI

Craxi, allontanandosi in maniera sempre più marcata dal PCI, si propose di costruire un’alternativa di sinistra alla DC, che fosse costituita non già da un partito comunista colluso con l’Unione Sovietica, ma da una sinistra riformista

Craxi cominciò ad attaccare il PCI, rimproverandogli di essere ancora alle dipendenze di Mosca nonostante i proclami di segno opposto. Craxi era riuscito a far eleggere presidente della Repubblica Sandro Pertini, uomo della vecchia guardia del PSI, che durante il suo mandato si proporrà un riavvicinamento più amichevole e sereno dei cittadini alle istituzioni, promuovendo ad esempio incontri e afflussi di scolaresche al Quirinale. Per il suo carisma, il suo modo di fare schietto e ironico, il suo affetto verso i bambini, Pertini sarà ricordato come il presidente più amato dagli italiani. 

Nell’estate 1980 avvenne la strage di Ustica, un disastro aereo di un DC-9 dai contorni tuttora non chiariti. Il 2 agosto avvenne poi la strage di Bologna in cui morirono ottantacinque persone e se ne ferirono duecento. I processi che ne seguirono decretarono la colpevolezza di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, membri dei Nuclei Armati Rivoluzionari di ispirazione neofascista. Tra i fatti di cronaca, la disgrazia toccata al piccolo Alfredino Rampi turbò assai l’opinione pubblica. Nel calcio esplose il primo scandalo scommesse di notevole rilievo, che vide la condanna di numerosi calciatori e la penalizzazione di alcune importanti squadre di club.

Si erano avvicendati governi fragili e di breve durata che si rivelarono inadeguati a gestire le conseguenze del terremoto dell’Irpinia del 1980, in occasione del quale Pertini auspicò invano il ricompattarsi di una grande coalizione. Si ripresentò la minaccia della guerra fredda con l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica e la sua decisione di rivolgere contro l’Europa occidentale una moderna generazione di missili a testata nucleare SS20; tra i paesi NATO si cominciò allora a discutere se installare nuovi euromissili MGM-31 pershing e cruise in risposta.

Nel marzo 1981 una perquisizione nella villa di Licio Gelli da parte della Guardia di Finanza condusse alla scoperta della loggia massonica P2, un’organizzazione clandestina anticomunista con presunti scopi eversivi, che contava tra i suoi iscritti, oltre a Gelli, anche Roberto Calvi, responsabile del fallimento del Banco Ambrosiano trovato misteriosamente impiccato a Londra sotto un ponte, e il banchiere Michele Sindona, ritenuto mandante dell’omicidio del giudice Giorgio Ambrosoli che stava indagando su irregolarità nelle sue operazioni finanziarie. Sempre nel 1981 ci fu l’attentato al Papa polacco Wojtyła, avversario dei regimi comunisti, la cui elezione al soglio pontificio era stata mal vista negli ambienti dell’Est europeo.

Tra gli eventi sportivi di rilievo ci fu tuttavia nel 1982 l’inaspettata vittoria della nazionale italiana di calcio guidata da Bearzot ai mondiali di Spagna

Le forze dell’ordine, intanto, grazie al varo di nuove leggi e ad innovativi metodi di indagine, riuscirono ad arrestare i capi delle Brigate Rosse, finendo per smantellarne l’organizzazione, che ricevette un duro colpo nel gennaio 1982 con la spettacolare liberazione da parte dei NOCS del generale statunitense James Lee Dozier rapito un mese prima.

Nel giugno 1981 riuscì il tentativo di Pertini di mettere alla guida del governo il primo politico non appartenente alle file della DC, il repubblicano Giovanni Spadolini. Sotto la sua presidenza, che inaugurava la formula del pentapartito (alleanza governativa fra DC-PSI-PLI-PSDI-PRI)l’Italia inviò in Libano per la prima volta un contingente militare all’estero. Questo governo fu il preludio della chiamata a Palazzo Chigi del socialista Bettino Craxi, investito da Pertini nel 1983 in seguito ad elezioni anticipate: queste videro un pesante tracollo della DCuna flessione del PCI, e una risalita del PSI

Quello di Craxi sarà infatti il governo più lungo di tutti quelli finora mai avuti. Esso sarà caratterizzato da un energico decisionismo, con frequente ricorso a decreti-legge, a differenza di quelli precedenti a guida democristiana più inclini alle mediazioni. Tra i suoi primi atti di rilievo, Craxi firmò nel febbraio del 1984 l’accordo di villa Madama, un protocollo aggiuntivo ai Patti lateranensi già stipulati nel 1929 e ratificato in seguito dalla legge 206 del 1985, che ribadiva la sovranità e la reciproca indipendenza di Stato e Chiesa.

Legato in amicizia all’emergente imprenditore Silvio BerlusconiCraxi inaugurò un nuovo corso economico che trovò una sponda nel liberismo di Reagan e della Thatcher. In particolare egli si propose di combattere la pesante inflazione che si trascinava sin dagli anni settanta, motivo di stagnazione e crescita lenta, individuandone la causa principale nella scala mobile, ossia nel meccanismo di adeguamento automatico dei salari all’aumento del costo della vita. Il Partito Comunista Italiano, in aperta sfida a Craxi, proclamò dei pesanti scioperi insieme alla CGIL.

Poiché Craxi non demorse, Berlinguer fece indire un referendum per sconfiggere il suo decreto convertito intanto in legge, ma morì improvvisamente per un aneurisma nel giugno 1984 durante un comizio in vista delle imminenti elezioni europee.

Negli anni Ottanta si susseguirono i seguenti governi:  Forlani, Spadolini per due volte, Fanfani,  Craxi per due volte, Fanfani, Goria, De Mita e Andreotti fino al 1991.

Sul versante estero, Craxi da un lato rafforzò i legami dell’Italia con il Patto Atlantico, intensificando i rapporti con l’America di Ronald Reagan, ma dall’altro mantenne una politica filo-araba nella questione israelo-palestinese del Medio-Oriente, spalleggiato dal ministro degli Esteri Andreotti.

Nella seconda metà degli anni ottanta ci fu una crescita significativa del PIL, ossia della ricchezza degli italiani, anche grazie al calo dell’inflazione, che portò l’Italia ad affermarsi come la quinta potenza economica mondiale. Si impose il made in Italy, trascinato dalla moda e dai prodotti alimentari di consumoDa paese di emigranti l’Italia si scoprì terra di immigrati, provenienti soprattutto dai paesi “extracomunitari” del terzo mondo

Avvenimento epocale fu la caduta del muro di Berlino avvenuta il 9 novembre 1989

Il 12 novembre 1989 Achille Occhetto, da poco più di un anno divenuto segretario del Partito Comunista Italiano, annunciò la “svolta della Bolognina”, che comportava l’abbandono della tradizione comunista e l’avvio alla socialdemocrazia, pur mantenendo tuttavia la distanza che lo separava dal PSI.

Nel 1990 si celebrò il Campionato mondiale di calcio in Italia. 

Avevano cominciato poi a svilupparsi nuovi partiti di protesta nei confronti di quella che è stata definita partitocrazia, che contestavano un eccessivo carico fiscale, ravvisavano malsani rapporti tra politica e imprenditoria, ed esigevano la necessità di riforme. In particolare la Lega Nord, della quale fu nominato Segretario generale Umberto Bossi, già eletto la prima volta in Senato nel 1987 si fece portatrice di una tale protesta, arrivando a prospettare l’autonomia del Nord Italia dal resto del paese.

Con Francesco Cossigaeletto nel 1985 con una larghissima maggioranza, si assistette a un incremento di interventi nella vita politica: dopo la caduta del muro Cossiga iniziò una fase di conflitto, spesso provocatoria e con una fortissima esposizione mediatica, verso il sistema dei partiti, da lui accusato di immobilismo, e contro la politicizzazione dei magistrati.

Nel novembre 1990, Occhetto annunciò il cambio di nome del suo partito, che si sarebbe chiamato Partito Democratico della Sinistra (PDS), evitando la denominazione “socialista” e prefigurando già in questo modo la chiusura di ogni possibilità di intesa col PSI. Nonostante gli umori contrari della base, il 3 febbraio 1991 il PCI deliberò il proprio scioglimento, provocando la scissione di Armando Cossutta e Fausto Bertinotti che daranno vita al Partito della Rifondazione Comunista.

Il perdurare del gelo nei rapporti tra PSI e PDS continuò a mantenere il sistema politico in una fase di stallo. Da più parti si cominciò a pensare che la paralisi del sistema favorisse la corruzione. 

Si era fatto intanto sempre più minaccioso l’attacco della mafia nei confronti dello Stato, un attacco cominciato sin dall’omicidio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa nel 1982, e acuitosi a partire dal 10 febbraio 1986, data di inizio del maxiprocesso contro “Cosa nostra”, avviato in seguito alle dichiarazioni dei pentiti Tommaso Buscetta, Totuccio Contorno, e Francesco Marino Mannoia, rilasciate al giudice Giovanni Falcone, e che aveva portato all’arresto di 456 imputati. Tra questi vi erano Luciano Liggio e Michele Greco, esponenti della cosca di Corleone, capeggiata da Salvatore Riina, Leoluca Bagarella e Bernardo Provenzano, che erano saliti al vertice della cupola mafiosa sconfiggendo il clan rivale di Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo. All’indomani delle sentenze costoro scatenarono una rappresaglia non solo contro le famiglie dei pentiti, ma anche contro alcuni referenti politici, già sospettati di collusione, presumibilmente per aver fatto mancare la consueta protezione nei loro confronti: nel 1988 uccisero l’ex sindaco di Palermo Giuseppe Insalaco, e nel 1992 il presidente della DC siciliana Salvo Lima.

Furono uccisi anche i magistrati Antonino Saetta nel 1988, Rosario Livatino nel 1990, e Antonino Scopelliti nel 1991. Nel 1992, pochi mesi dopo che la Corte di Cassazione ebbe confermato le condanne del maxiprocesso, due grandi stragi colpirono l’Italia: la strage di Capaci avvenuta sull’autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci a pochi chilometri da Palermo, in cui persero la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta (Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro); e la strage di via d’Amelio in cui morì il giudice antimafia Paolo Borsellino e la sua scorta, avvenuta per l’esplosione di una Fiat 126 contenente circa 100 chilogrammi di tritolo. 

Nel 1992 le indagini della magistratura milanese, dette Mani pulite, sul fenomeno dilagante delle tangenti (da cui il nome dello scandalo chiamato appunto Tangentopoli), portarono alla scoperta di numerosi intrecci irregolari tra politica e affari, originati da un consociativismo patologico.

Sul piano economico, intanto, l’Italia subì una pesante crisi finanziaria: nel 1992 la lira venne svalutata e uscì dal Sistema monetario europeo avendo superato i margini di fluttuazione consentiti.Cresceva anche il debito pubblico, salito costantemente sin dagli anni settanta per il vertiginoso aumento della spesa pubblica, causato da un oneroso sistema di Stato sociale e dall’attuazione di politiche keynesiane di sostegno alla produzione. 

Nelle elezioni politiche del 5 aprile 1992 la DC ottenne il minimo storico con quasi il 30% dei suffragi pur conservando la maggioranza relativa, PDS e PRC assommati ricevettero molti meno voti del vecchio PCI, mentre gli altri partiti di governo rimasero pressoché stabili nelle preferenze; la Lega Nord ottenne un risultato sorprendente vincendo in numerosi collegi settentrionali e ottenendo quasi il 9% a livello nazionale. Anche La Rete e i Verdi riuscirono a fare eleggere alcuni loro candidati: conseguenza del voto fu un parlamento molto frammentato e senza una maggioranza robusta. Quando, a maggio, le Camere appena riunite furono chiamate a votare il nuovo Presidente della Repubblica, fu eletto il democristiano Oscar Luigi Scalfaro, che si rifiutò di concedere incarichi ai politici vicini agli inquisiti: Craxi, che aspirava a tornare alla presidenza del Consiglio, dovette rinunciare in favore di Giuliano Amato. In seguito alla strage di via d’Amelio (19 luglio), in cui rimasero uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta, il governo Amato diede il via all’Operazione Vespri siciliani, con cui vennero inviati in Sicilia 7000 militari per presidiare gli obiettivi sensibilie dispose inoltre il trasferimento in blocco di circa cento detenuti mafiosi nelle carceri dell’Asinara e di Pianosa

La DC ricevette accuse di collusione con la mafia, con l’incriminazione dello stesso Andreotti nel marzo 1993, mentre il 15 gennaio venne catturato dal CrimOr il capo di Cosa nostra Totò Riina, latitante dal 1969. Amato rassegnò le dimissioni e subentrò un governo guidato per la prima volta non da un parlamentare ma da un tecnico indipendente, Carlo Azeglio Ciampi, che avrebbe traghettato il sistema verso la seconda repubblica.

Intanto le bombe di mafia esplosero per la prima volta fuori dalla Sicilia, tramite autobombe nel maggio 1993 furono compiuti l’attentato di via Fauro a Roma e la strage di via dei Georgofili a Firenze, mentre il 27 luglio 1993 avvenne la strage di via Palestro a Milano e quaranta minuti dopo gli attentati alle chiese di Roma infine il 31 ottobre a causa di un malfunzionamento fallì l’attentato allo Stadio Olimpico di Roma. Questa strategia si collocava nell’ambito della feroce risposta di Cosa Nostra all’applicazione di nuovi strumenti legislativi per la lotta alla mafia (articolo 41 bis, legge sui collaboratori di giustizia). Nello stesso periodo scoppiò anche lo “scandalo SISDE”, relativo alla gestione di fondi riservati, che arrivò a coinvolgere il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. 

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LE RADICI DELLA REPUBBLICA -2

(dal 1966 al 1975)

Le elezioni del 1963 videro un rafforzamento del PCI e dall’altro del PLI.

Fanfani fu costretto a ritirarsi dalla scena politica; il presidente della Repubblica Antonio Segni formò un nuovo governo nell’estate. Fu nell’autunno che si verificò il terribile cedimento della diga del Vajont, nel fondovalle veneto, che provocò la morte di circa 2000 persone

Nel dicembre del 1963 fu incaricato Aldo Moro di formare il primo vero governo di centro-sinistra “organico”, cioè con l’entrata effettiva dei socialisti al governo.

Nel maggio 1964 il governo Moro cadde per una questione riguardante il finanziamento pubblico alle scuole cattoliche.Ma già il ministro del Bilancio, il democristiano Emilio Colombo, aveva criticato Moro per un’eccessiva arrendevolezza nei confronti di alcune riforme auspicate dai socialisti, come quella sulle Regioni e sull’urbanistica, e su cui Nenni si rifiutava di cedere, sebbene il PSI avesse messo in minoranza il suo esponente più radicale, Riccardo Lombardi.

Di fronte allo stallo venutosi a creare, il presidente della Repubblica Segni convocò il comandante dell’arma dei Carabinieri Giovanni De Lorenzo, il quale partecipò in seguito ad una riunione con Moro e alcuni dirigenti della DC. Qualche anno più tardi si parlerà del tentativo, o piuttosto della minaccia, di attuare un piano eversivo, noto come il “Piano Solo“, per far rientrare nei ranghi la sinistra, e convincerla ad ammorbidire le proprie posizioni. Ci fu una scissione nel PSI da parte della componente più estremista del partito, che diede vita al PSIUP.

Nel 1966 invece il PSI, la cui direzione era passata da Nenni a Francesco De Martino, dopo aver contribuito ad eleggere Saragat presidente della Repubblica, si fonderà con il PSDI, rimarginando la scissione dello stesso Saragat avvenuta nel 1947, andando così a formare il Partito Socialista Unificato. La fusione si rivelerà però fallimentare alle elezioni del 1968, dopo le quali i due partiti torneranno a dividersi.

Il sessantotto e la contestazione

Nell’agosto 1964, a Jalta, moriva Togliattileader storico del PCI, che aveva guidato il partito comunista lungo quello che allora si definiva “doppio binario“: della legalità democratica da un lato, e della fedeltà all’Unione Sovietica dall’altro.

Dopo la sua scomparsa, nel 1966 si svolse il primo scontro nel congresso del PCI: l’ala “destra” di Giorgio Amendola, propensa a stimolare il centro-sinistra sul terreno delle riforme, contro quella di “sinistra” di Pietro Ingrao, che cavalcava temi come l’anti-capitalismo e chiedeva più attenzione al dissenso cattolico e ai movimenti giovanili; il compromesso fu trovato nella figura di mediazione, Luigi Longo

Ma a sinistra dello stesso PCI stavano cominciando anche a formarsi dei movimenti spontanei, che contestavano la guerra americana in Vietnam solidarizzando coi vietcong, simpatizzavano per la Cina maoista che criticava la degenerazione a suo dire “borghese” dell’URSS, e idealizzavano la rivoluzione cubana di Fidel Castro e Che Guevara, il quale aveva coniato lo slogan «Dieci, venti, cento Vietnam».

Negli anni sessanta la stratificazione sociale della popolazione italiana era cambiata dopo il boom economico, l’urbanizzazione creata dai flussi migratori interni aveva aumentato la concentrazione della popolazione, esisteva ormai un ceto medio e si cominciava a delineare un prototipo di italiano medio. L’apertura agli stili di vita e ai fenomeni musicali internazionali, specialmente tra i giovani, portò alla comparsa dei cosiddetti capelloni, già nel 1965. Icona del nuovo costume fu il Piper, storica discoteca di Roma. Guardati sempre più con diffidenza, la nuova Beat Generation italiana tuttavia si guadagnò la simpatia dell’opinione pubblica in occasione della terribile alluvione di Firenze del 4 novembre 1966, quando gli studenti accorsi da tutta Italia per prestare soccorso furono chiamati gli «angeli del fango».

I cambiamenti nella mentalità di questi gruppi giovanili esplosero nel 1968, l’anno che vide l’Italia trasformarsi radicalmente sul piano culturale e sociale, in seguito alle migliorate condizioni di vita dovute al boom economico degli anni precedenti, e al sorgere di movimenti radicali, soprattutto di estrema sinistra.

Le proteste partirono da una contestazione studentesca dei metodi di insegnamento nelle università, ritenuti “autoritari”, e si estenderanno fino a saldarsi con i movimenti degli operai. Nel marzo 1968 si svolse la prima “battaglia” a Valle Giulia; seguì un mese di “autogestione” sgombrata dopo un mese dalla polizia. 

A Milano fu assalita la sede del Corriere della Sera. Seguirono altri episodi di contestazioni che si protrassero fino a tutto l’anno successivo. 

La base ideologica di queste sollevazioni consisteva soprattutto nel “terzomondismo”, ossia nella solidarietà verso le lotte rivoluzionarie dei popoli poveri e lontani dall’Occidente. In Italia però, a differenza delle altre liberaldemocrazie occidentali, la contestazione del ’68 verrà sempre più egemonizzata dall’ideologia comunista

Si trattava di gruppi per lo più autonomi dai partiti, sorti dalle assemblee, dai collettivi, e dalle occupazioni, che dipingevano gli americani come i nuovi “nazisti”, che giunsero a scavalcare a sinistra lo stesso PCI, ritenendo il filo-sovietismo quasi un tradimento dell’autentico marxismo, di cui consideravano invece degno interprete il dittatore cinese Mao Tse-tung, e contestavano alle radici lo Stato e le istituzioni borghesi.

L’intellettuale Pier Paolo Pasolini fece notare tuttavia come la base sociale dei contestatori italiani fosse costituita proprio da studenti piccolo-borghesi anziché da proletari; a costoro rivolse un’invettiva poetica, intitolata Il Pci ai giovani!!: 

«Avete facce di figli di papà. Buona razza non mente. Avete lo stesso occhio cattivo. Siete paurosi, incerti, disperati (benissimo) ma sapete anche come essere prepotenti, ricattatori e sicuri: prerogative piccoloborghesi, amici. Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti! Perché i poliziotti sono figli di poveri. Vengono da periferie, contadine o urbane che siano. »

Tra i nuovi gruppi extra-parlamentari di estrema sinistra, che avevano quasi tutti intenti rivoluzionari, emersero l’Unione Comunisti Italiani, simpatizzante di Mao Tse-tung; Potere Operaio di Oreste Scalzone, che vedeva negli operai la forza propulsiva della rivoluzione; Movimento Studentesco di orientamento leninista; e Lotta Continua di Adriano Sofri, rivolto a tematiche sociali più generiche e dedito a diffondere la cosiddetta “controinformazione“.

Tra i partiti, quello che più di tutti seppe trarre vantaggio dalla contestazione fu comunque il PCI, che guadagnò terreno a spese dei socialisti. Nello stesso anno ci fu tuttavia un sessantotto controcorrente, noto come la primavera di Praga, ossia il tentativo della Cecoslovacchia guidata dal riformista Alexander Dubček di sottrarsi al giogo sovietico, tentativo duramente represso dall’Armata Rossa. Il PCI, con Enrico Berlinguer, criticò e condannò i crimini di Mosca (a differenza del 1956 durante l’invasione dell’Ungheria), senza però giungere ad un’effettiva rottura. Berlinguer anzi rafforzò ancor più i legami del PCI con l’URSS, per non distruggere il mito sovietico di cui si alimentava la base del partito, ritenendo l’invasione della Cecoslovacchia un errore da mettere tra parentesiQuesto atteggiamento suscitò le critiche di un folto gruppo di intellettuali comunisti, riuniti intorno alla rivista Il manifesto, tra cui Luigi Pintor, Aldo Natoli, Lucio Magri, Rossana Rossanda. Il PCI in modo dittatoriale, come suo stile in URSS, decise di espellere i dissidenti del Manifesto

Anche nel mondo cattolico cresceva il fermento, in particolare si chiedeva alla DC di aprirsi alle nuove rivendicazioni sociali, o di solidarizzare coi vietcong, e di prendere le distanze dagli USA.

Aldo Moro lasciò il campo a Mariano Rumor.

Nel 1969, intanto, sul fronte della prima guerra di mafia, il 10 dicembre ebbe luogo la strage di Viale Lazio, in cui assassini travestiti da finanzieri uccisero sei persone.

La crescita del conflitto sociale portò al cosiddetto autunno caldo del tardo 1969, quando i movimenti studenteschi sessantottini si saldarono con le sollevazioni e le proteste del mondo operaio. Per la prima volta dal 1946, le tre sigle sindacali CGIL, CISL, UIL, si ritrovarono unite. Il movimento ottenne vari successi come le 40 ore lavorativeuna regolamentazione degli straordinari, la revisione del sistema pensionistico, il diritto di assembleanel 1970 verrà infine approvato lo statuto dei lavoratori

Nello stesso anno fu approvata da una maggioranza trasversale, con l’esclusione della DC e del MSI, anche la legge sul divorzioappoggiata dall’emergente leader radicale Marco Pannella, che si distinguerà sempre più per le sue battaglie in materia di diritti civili. Un altro risultato a cui si giunse sulla scia delle agitazioni sociali fu l’istituzione, sempre nel 1970, delle Regioni come enti autonomi, in particolare le regioni rosse: l’Emilia-Romagna, la Toscana e l’Umbria, alla guida dei comunisti.

Gli anni di piombo

Negli anni settanta alcuni dei numerosi movimenti politici si estremizzarono, degenerando nel terrorismo rosso e in quello nero, dando vita ad organizzazioni di estrema sinistra come le Brigate Rosse (BR) e di estrema destra come i Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR).

Il nuovo decennio si aprì col cosiddetto “triennio di destra”, ossia con uno spostamento dell’intero quadro politico sul versante conservatore, dovuto sia ad un nuovo protagonismo del MSI guidato da Giorgio Almirante, sia all’emergere della cosiddetta “maggioranza silenziosa“, composta da esponenti del ceto moderato intimoriti dalle contestazioni della sinistra. 

I fatti di Reggio Calabria del 1970.

Nel luglio 1970 scoppiò la rivolta di Reggio Calabria, dovuta alla decisione del governo di centro-sinistra di collocare il capoluogo della neonata regione a Catanzaro. La sommossa fu capeggiata dal missino Ciccio Franco, sindacalista della CISNAL, che rilanciò l’espressione «boia chi molla!» di mussoliniana memoria. Dopo tre mesi di scontri violenti, che videro la città di Reggio assediata dall’esercito, i moti furono sedati, ma nel 1972 il MSI diventerà il primo partito della Calabria.

Ancora nel 1971, il MSI si rivelò determinante nell’elezione del nuovo presidente della Repubblica Giovanni Leone. Alle elezioni anticipate dell’anno seguente, il MSI raggiunse il suo massimo storico fino ad allora, grazie anche alla fusione con i Monarchici. A causa dei modesti risultati del PSI, venne formato un governo Andreotti – Malagodi che vedeva un ritorno alla formula centrista con l’esclusione dei socialisti e un ingresso organico dei liberali.

Nel dicembre del 1970 c’era stato un tentativo di colpo di Stato, noto come il Golpe Borghese, organizzato da gruppi neofascisti capitanati da Junio Valerio Borghese, ex-figura carismatica della Repubblica Sociale Italiana. Il golpe sarebbe stato progettato nei minimi dettagli: gli uomini di Borghese avrebbero dovuto occupare il Ministero dell’interno, il Ministero della difesa, le sedi della RAI, e rapire il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e il capo della polizia Angelo Vicari; si parlò anche di un presunto appoggio da parte di organi eversivi ed occulti come la loggia massonica P2. Mentre però l’operazione stava iniziando, Borghese avrebbe annullato l’azione misteriosamente, sancendo il fallimento del golpe.

La notizia del golpe si andava comunque ad inserire in un clima allarmistico di attentati, che connotarono quegli anni detti perciò di piombo, attentati inaugurati dall’esplosione di una bomba in Piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969 che provocò la morte di diciassette persone e ottantotto feriti. Dapprima le indagini seguirono la pista anarchica incriminando Pietro Valpreda; i processi successivi decretarono invece la matrice neofascista dell’attentato, la responsabilità dell’organizzazione eversiva Ordine Nuovo guidata da Franco Freda e Giovanni Ventura e la condanna di Carlo Digilio. Fu accusato anche un amico di Valpreda, Giuseppe Pinelli, in seguito rivelatosi del tutto estraneo all’attentato, che morì in circostanze mai chiarite cadendo da una finestra della questura dov’era interrogato; il Movimento Studentesco, ipotizzando cospirazioni e trame oscure, accusò di omicidio il commissario Luigi Calabresi che stava conducendo l’interrogatorio. Calabresi fu poi assassinato il 17 maggio 1972 da alcuni esponenti di Lotta Continua.

Seguirono altri episodi rimasti tristemente celebri, come l’attentato alla questura di Milano ad opera dell’anarchico Bertoli nel 1973, quello al treno Italicus nel 1974, e nello stesso anno la strage di piazza della Loggia a Brescia, entrambi compiuti da organizzazioni terroristiche neofasciste. Nell’agosto 1970 erano poi comparsi davanti alla Siemens di Milano i primi volantini a firma BRgruppo terrorista di estrema sinistra, guidato all’inizio dagli esponenti di Movimento Studentesco Renato Curcio e Mara Cagol, che divenne sempre più violento, giungendo a rapire, gambizzare e uccidere personalità del mondo culturale e politico ritenuti “reazionari”, a cominciare dal rapimento di Sossi e dall’omicidio di due missini a Padova nel 1974. La sinistra comunista non riuscì a riconoscere che le BR provenissero dal suo stesso retroterra ideologico.

Crisi energetiche ed austerity

La crisi energetica del 1973 fu dovuta principalmente all’improvvisa e inaspettata riduzione del flusso dell’approvvigionamento di petrolio proveniente dalle nazioni appartenenti all’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio verso le nazioni importatrici ed al conseguente aumento del prezzo. L’Italia intraprese una politica di risparmio energetico, la cosiddetta “austerity”. Una successiva crisi con caratteristiche analoghe si verificò nel 1979.

Il PCI stava conoscendo una crescita elettorale progressiva e impetuosa, mentre la DC subì nel 1974 la sconfitta al referendum abrogativo della legge sul divorzio. Si trattò di un successo per il movimento femminista, il quale comincerà a battersi per la legalizzazione dell’aborto che riuscirà a ottenere nel 1978. Nello stesso anno sarà emanata la legge Basagliacon la quale venivano chiusi i manicomi. Negli anni settanta la crescita economica che aveva portato al boom si arrestò, iniziò un periodo di recessione aggravato dalla crisi petrolifera del 1973 dovuta alla guerra dello Yom Kippur tra Israele e mondo arabo. Ne conseguì un periodo di austerity caratterizzato dalle prime “domeniche a piedi” per il divieto di circolazione degli automezzi. Aumentò il disagio sociale e crebbe spaventosamente l’inflazione. Affiorò anche il risvolto negativo del tumultuoso sviluppo industriale dei decenni precedenti, con danni ambientali denunciati dai primi movimenti ambientalisti, e nuove forme di inquinamento; tra i fatti più gravi, da annoverare il disastro di Seveso, un comune della provincia di Milano investito da una nube di diossina nel luglio 1976.

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ISRAELE DAL 2008 AL 2021

CONFLITTI CONTINUI IN CORSO…

Hamas è sempre stata per Israele una “entità ostile”: il gruppo radicale non ha mai riconosciuto come legittimo lo stato di Israele, e si è sempre opposto ai tentativi di mediazione diplomatica, come fa ancora oggi.

Tra il 2007 e il 2008 ci furono continui attacchi e bombardamenti tra Hamas e Israele, interrotti solo da deboli cessate il fuoco. 

Gli scontri divennero particolarmente intensi tra il dicembre del 2008 e il gennaio del 2009. In risposta ai continui missili e razzi lanciati da Hamas sui territori israeliani, vicini al confine con la Striscia, per tre settimane Israele bombardò Gaza e invase via terra il territorio della Striscia. 

Nei combattimenti, che si conclusero con un cessate il fuoco, furono uccisi almeno 1.200 palestinesi e 13 israeliani. 

Dall’inizio del suo mandato nel 2009, il presidente statunitense Obama chiese ripetutamente che il governo Netanyahu interrompesse ogni espansione degli insediamenti, nei territori palestinesi occupati; tuttavia, nel febbraio 2011 gli USA posero il veto su una risoluzione dell’ONU che avrebbe condannato gli insediamenti come illegali. 

Nel luglio 2013, iniziarono nuovi negoziati diretti tra Israele e l’OLP a Washington. 

La guerra tra Israele e Hamas non ha mai avuto fine e in quel periodo durò circa 50 giorni e furono uccisi oltre 2.200 palestinesi, tra cui moltissimi civili, e 71 israeliani (66 soldati e 5 civili). Centinaia di edifici nella Striscia di Gaza furono distrutti o danneggiati, tra cui scuole, case e ospedali. 

L’estate del 2014 segnò un acuirsi del conflitto tra Israele ed Hamas nella striscia di Gaza. Il 12 giugno tre ragazzi israeliani vennero rapiti nei pressi di Hebron e ritrovati morti il successivo 30 giugno. 

Il governo israeliano accusò subito i militanti di Hamas di aver eseguito il rapimento e l’uccisione. Dal canto suo, uno dei leader di Hamas, Khaled Meshaal, pur dichiarando di non sapere a chi attribuire l’azione, si “congratulò”, mettendola in relazione con la situazione dei prigionieri palestinesi. 

Il 21 agosto successivo arrivò la prima rivendicazione formale dell’uccisione dei tre ragazzi da parte di un altro leader di Hamas, Salah Arouri. 

L’8 luglio, Israele diede inizio all’operazione Protective Edge, con l’obiettivo di arrestare i lanci di razzi da parte di Hamas e di distruggere i tunnel utilizzati dai combattenti palestinesi. L’operazione Protective Edge proseguì per i mesi di luglio ed agosto sinché, il 26 agosto 2014, il capo negoziatore di Hamas al Cairo, Moussa Abu Marzouk, annunciò il raggiungimento di una tregua duratura con Israele. L’annuncio della tregua arrivò dopo 51 giorni di guerra che causarono 2.136 morti tra i palestinesi (la gran parte civili, compresi quasi 500 bambini) e 69 tra gli israeliani (di cui 64 militari) e oltre 11.000 feriti. 

Il 31 dicembre 2014 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite respinse la risoluzione, presentata formalmente dalla Giordania, che chiedeva entro il 2017 la fine dell’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele, con una ripresa dei negoziati che avrebbero dovuto portare a un accordo sulla soluzione dei due stati con i confini del 1967 e capitale Gerusalemme est. 

Votarono a favore Russia, Cina, Francia, Argentina, Ciad, Cile, 

Giordania e Lussemburgo, contro Stati Uniti e Australia, si astennero Regno Unito, Lituania, Nigeria, Repubblica di Corea e Ruanda. 

Il 23 dicembre 2016 la risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, chiedendo ad Israele di porre fine alla sua politica di insediamenti nei territori palestinesi dal 1967, inclusa Gerusalemme Est, ribadì che non sarà riconosciuta alcuna modifica dei confini del 1967, eccetto quelle concordate dalle parti con i negoziati, insistendo sul fatto che la soluzione del conflitto in Medio Oriente passi per una soluzione negoziale per il progresso della soluzione dei due Stati al fine di giungere ad una pace definitiva e complessiva. 

Il 4 maggio 2019 un fitto lancio di razzi lanciata dall’ala militare di Hamas durante le giornate delle festività religiose dello Shabbat, ha colpito le cittadine limitrofe nel sud di Israele. 

In una rivendicazione, i militanti di Hamas hanno dichiarato che l’escalations è dovuto alla contestazione della manifestazione musicale internazionale Eurovision Song Contest che quell’anno si è svolto a Tel Aviv, dopo la vittoria nell’edizione precedente di Netta, una cantante israeliana. 

Nel 2021 le tensioni sfociarono in una nuova guerra tra Israele e i gruppi radicali che operano nella Striscia, soprattutto Hamas. 

Le cause scatenanti furono principalmente due: 1. lo sfratto di alcune famiglie palestinesi dal quartiere Jarrah, a Gerusalemme, e 2. l’intervento della polizia israeliana dentro e fuori la moschea di al Aqsa, nella Spianata delle Moschee, in seguito a vari scontri con le persone arrivate sul posto, in occasione delle celebrazioni per la fine del Ramadan.

Da Gaza, come ritorsione Hamas lanciò decine di razzi verso Gerusalemme, a cui Israele rispose con pesanti bombardamenti sulla città di Gaza: iniziò una nuova guerra. 

I bombardamenti durarono 11 giorni e si conclusero con un cessate il fuoco.  Almeno 256 palestinesi e 10 israeliani furono uccisi.

Gli ultimi avvenimenti sono quelli già delineati nell’articolo riguardante *I nemici di Israele*.

Ricerche attraverso Treccani on line

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I NEMICI DI ISRAELE

Prima di proseguire la carrellata degli avvenimenti più importanti dello Stato di Israele bisogna spiegare chi sono gli antagonisti: Hamas e Hezbollah, i nemici giurati di Israele, dietro ai quali ci sono la Siria e soprattutto l’Iran.

Che cosa è Hamas

Hamas significa Movimento della resistenza islamica ed è un’organizzazione estremista politico-religiosa palestinese, fondata nel 1987 da A. Yasin (ucciso in un raid missilistico israeliano nel 2004); il suo obiettivo è quello di liberare i musulmani palestinesi da Israele e costruire un unico stato islamico. Tale movimento è presente soprattutto a Gaza ed è stato negli anni responsabile di attentati. La sua matrice è fondamentalista.

Nel gennaio 2006, con le elezioni per rinnovare il Parlamento dell’ANP, ossia dell’autorità palestinese, Hamas vinse.

Il controllo esclusivo di Israele sulla Striscia di Gaza, che venne imposto nel 2007, per l’aggravarsi degli attentati di Hamas, ha prodotto un inasprimento del conflitto. 

Gli alleati di Hamas sono sempre stati il regime siriano, gli Hezbollah e l’Iran.

Chi sono gli Hezbollah?

Movimento e partito islamico sciita -ossia quella parte minoritaria di musulmani seguaci di Ali’, il cugino e genero di Maometto-, (“Partito di Dio“) che si formò negli anni Ottanta – nel corso della guerra civile libanese, tra fazioni cristiano-maronite e musulmane – come portavoce antioccidentale dei musulmani sciiti. 

Grazie alla Siria e all’Iran, tale movimento si è imposto in Medio Oriente. 

Possiede un apparato militare molto forte e risiede con i suoi membri a sud del Libano,  nella Valle della Bekaa. Quando Israele occupò il Libano, Hezbollah scrisse il suo programma ideologico detto Manifesto del 1985 e giurò fedeltà all’Iran, proclamando che avrebbe annientato Israele. Nel 2005 Hezbollah entrò nel governo libanese con 14 seggi. 

Il suo leader era Nasrallah -ucciso da poco, da Israele-. Sempre Hezbollah ha avuto armi e personale dall’Iran. Dal 2008 Hezbollah ha mosso le sue pedine all’interno del Parlamento libanese e ha portato il paese quasi ad una guerra civile. Dal 1997 gli Stati Uniti lo hanno inserito nella lista dei terroristi internazionali. Radicato ormai tra la popolazione e artefice di un vero e proprio Stato parallelo, nel maggio 2018 Hezbollah ha ottenuto una consistente affermazione politica. 

Ancora nel 2018, la scoperta di infrastrutture sotterranee sul lato libanese, che penetravano nel territorio controllato da Israele, ha generato reciproche e ripetute aggressioni, condotte con lanci di razzi e attacchi aerei, che hanno raggiunto un acme imprevisto il 7 ottobre 2023 in concomitanza con l’inaspettata offensiva, lanciata dai miliziani palestinesi di Hamas, contro diverse città israeliane. L’escalation militare ha aperto uno scenario di guerra in cui Hezbollah è intervenuto, affiancando l’organizzazione politico-militare palestinese e compiendo raid missilistici, contro basi militari israeliane, del Nord del Paese, tra i più gravi dei quali quello che ha colpito nel luglio 2024 la cittadina di Majdal Shams, nel Golan, territorio siriano occupato da Israele nel 1967 e abitato in larga maggioranza da drusi –una setta musulmana che crede nell’incarnazione di Allah, in un uomo-. 

A tale aggressione ha fatto seguito la dura reazione di Israele, che ha compiuto vari raid nel settore settentrionale del Libano, nel corso dei quali ha perso la vita il capo militare dell’organizzazione F. Shukr, la cui morte ha inasprito ulteriormente il conflitto, provocando la minaccia di rappresaglie, appoggiate dall’Iran, in risposta alle quali Israele ha effettuato una serie di attacchi preventivi. Nel settembre 2024, il Nord del Libano, con particolare concentrazione nell’area di Beirut, è stato oggetto di reiterati raid israeliani, che hanno decapitato i vertici politici e militari del movimento islamico, culminando con l’uccisione di Nasrallah, a seguito di un massiccio attacco aereo, mirato contro il suo quartier generale, ubicato nella periferia meridionale della città.

Ritornando ad Hamas, nel maggio 2011, dopo il sequestro del soldato israeliano Gilat Shalit, l’organizzazione ha concesso la liberazione del prigioniero, in cambio di quella di oltre mille prigionieri palestinesi detenuti in Israele

Il 2012 ha segnato una svolta nelle strategie di Hamas, che ha preso le distanze dai suoi tradizionali alleati e si è avvicinata all’orbita filoccidentale. Nel maggio 2014 a Gerusalemme ci fu, però, un drammatico aumento della tensione, sfociato nel settembre 2015 in una nuova ondata di violenza, poi rientrata anche grazie al mancato appoggio delle principali organizzazioni politiche palestinesi. 

Nel maggio 2021 violenti scontri scoppiati, a seguito dell’allontanamento di alcune famiglie palestinesi da un quartiere di Gerusalemme, hanno provocato una recrudescenza del conflitto israelo-palestinese, nel corso della quale le due parti si sono affrontate con scontri di artiglieria e attacchi aerei, che hanno provocato la morte di circa 200 individui. 

La tregua tra Hamas e Israele è stata raggiunta alla fine di maggio, quando è stato concordato il cessate il fuoco, sebbene negli anni successivi si siano alternate ricorrenti aggressioni e tregue temporanee, come nell’agosto 2022 e nel maggio 2023. Al tentativo di ostacolare il processo di normalizzazione delle relazioni tra Israele e Paesi arabi intrapreso nel 2020, con la firma degli accordi di Abramo, va invece ascritta l’inaspettata offensiva lanciata nell’ottobre 2023 da Hamas contro diverse città israeliane attraverso incursioni via terra e raid aerei dei miliziani palestinesi dalla Striscia di Gaza – supportati dal Libano con reiterati lanci di razzi di Hezbollah – cui Israele ha risposto con attacchi via cielo e via terra e con l’assedio totale dell’area. L’escalation militare ha aperto uno scenario di guerra in cui al gennaio 2024 si è registrato a Gaza un bilancio di oltre 30.000 morti e la distruzione pressoché totale dell’area, mentre ogni tentativo di mediazione è fallito. Nel luglio 2024 il leader dell’organizzazione Haniyeh è stato ucciso a Teheran durante un raid israeliano, ciò destando diffuse preoccupazioni nella comunità internazionale per il rischio di un ulteriore inasprimento del conflitto con l’intervento dell’Iran; nel mese successivo è stato nominato alla guida dell’organizzazione Y. Sinwar, ucciso nell’ottobre 2024 dall’esercito israeliano in uno scontro a fuoco nella città di Rafah.

Fonte: Treccani,

con adattamenti e approfondimenti più recenti.

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STORIA CONTEMPORANEA DI ISRAELE

DAL 1948 AL 2010

​​​​​Il 14 Maggio 1948 Israele ha proclamato la propria indipendenza.

Meno di 24 ore più tardi, gli eserciti regolari di Egitto, Giordania, Siria, Libano e Iraq invadevano il paese, costringendo Israele a difendere la sovranità che aveva riguadagnato nella sua antica patria. In quella che divenne nota come Guerra d’Indipendenza di Israele, le Forze di Difesa Israeliane (IDF), appena formate e malamente equipaggiate, respinsero gli invasori in duri combattimenti a più riprese che durarono circa quindici mesi e che videro da parte israeliana circa 6.000 caduti (quasi l’1% della popolazione ebraica del paese a quell’epoca). Nei primi mesi del 1949, vennero condotti negoziati diretti sotto gli auspici delle Nazioni Unite fra Israele e ciascuno dei paesi invasori (eccetto l’Iraq, il quale si rifiutò di negoziare con Israele). Le trattative produssero come risultato accordi armistiziali che riflettevano la situazione al termine dei combattimenti. Di conseguenza, la pianura costiera, la Galilea e l’intero Neghev, vennero a trovarsi sotto la sovranità israeliana, Giudea e Samaria (il West Bank), furono sotto il governo giordano, la Striscia di Gaza rientrò sotto l’amministrazione egiziana e la città di Gerusalemme fu divisa fra la Giordania, che ne controllava la parte orientale e la Città Vecchia, e Israele, sotto il cui controllo si trovava il settore occidentale.​

La Costruzione dello Stato

Una volta finita la guerra, Israele concentrò i propri sforzi sulla costruzione di quello Stato per il raggiungimento del quale il popolo aveva lottato tanto duramente e tanto a lungo. La prima Knesset (Parlamento) composta da 120 membri, si riunì dopo elezioni nazionali (25 Gennaio 1949) in cui quasi l’85% degli aventi diritto di voto andò alle urne. Divennero leader del paese due delle persone che avevano condotto Israele allo Stato: David Ben Gurion, capo dell’Agenzia Ebraica, venne eletto come Primo Ministro, e Chaim Weizman, capo dell’Organizzazione Sionistica Mondiale, fu scelto dalla Knesset come primo Presidente dello Stato. L’11 Maggio 1949 Israele occupò il proprio seggio in qualità di cinquantanovesimo membro delle Nazioni Unite. 

Tenendo fede al concetto di “raduno degli esiliati”, che risulta il cuore della ragion d’essere d’Israele, le porte del paese vennero spalancate, affermando il diritto di ogni Ebreo a giungervi e ad acquisirne, al suo ingresso, la cittadinanza. Nei primi quattro mesi d’indipendenza circa 50.000 nuovi arrivati, per lo più sopravvissuti alla Shoah, raggiunsero le coste d’Israele. Alla fine del 1951 era arrivato un totale di 687.000 fra uomini, donne e bambini, 300.000 dei quali profughi da paesi arabi, venendo così a raddoppiare la popolazione ebraica nel paese. Lo sforzo economico dovuto alla Guerra d’Indipendenza e la necessità di provvedere alla rapida crescita della popolazione resero necessaria austerità all’interno e aiuti finanziari dall’estero. L’assistenza offerta dal governo degli Stati Uniti, i prestiti di banche americane, i contributi di Ebrei della Diaspora, e i risarcimenti post-bellici dalla Germania, furono usati per costruire case, per meccanizzare l’agricoltura, per fondare una flotta mercantile e una compagnia aerea nazionale, per sfruttare le risorse minerarie disponibili, per sviluppare industrie ed espandere reti stradali, di telecomunicazioni e di energia elettrica. 

Verso la fine del primo decennio la produzione industriale era raddoppiata così come il numero delle persone impiegate, mentre le esportazioni industriali vennero quadruplicate. La vasta espansione di aree coltivate aveva portato all’autosufficienza nella fornitura di tutti i prodotti alimentari di base fatta eccezione per carne e granaglie, mentre circa 20.000 ettari di terreno, per lo più desertico, furono rimboschiti e vennero piantati alberi lungo quasi 800 chilometri di strade principali. Il sistema educativo, che era stato sviluppato dalla comunità ebraica nel periodo precedente alla fondazione dello Stato e che includeva ora anche il settore arabo, ebbe una grande espansione. La frequenza scolastica divenne gratuita e obbligatoria per tutti i bambini dai 5 ai 14 anni (dal 1978 l’età della scuola dell’obbligo è stata elevata ai 16 anni ed è gratuita fino ai 18 anni). Fiorirono le attività culturali e artistiche che mescolavano elementi mediorientali, nordafricani e occidentali, e questo perché gli Ebrei che giungevano da ogni parte del mondo, portavano con sé tanto le tradizioni peculiari delle proprie comunità, quanto aspetti della cultura prevalente nel paese in cui erano vissuti per generazioni. Quando Israele ha celebrato il suo decimo anniversario, la sua popolazione contava oltre due milioni di abitanti.

 La Campagna del Sinai – 1956

Gli anni della costruzione dello Stato furono rattristati da seri problemi legati alla sicurezza. Gli accordi armistiziali del 1949 non solo non riuscirono a spianare la strada di una pace duratura, ma vennero anche costantemente violati. In contrasto con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 1 Settembre 1951, venne vietato a navi israeliane e a navi battenti bandiera israeliana, di attraversare il Canale di Suez, fu rafforzato il blocco agli Stretti di Tiran, sempre più di frequente pattuglie di terroristi provenienti dai paesi arabi confinanti effettuavano incursioni in territorio israeliano compiendo assassinii e sabotaggi, e la penisola del Sinai fu gradualmente trasformata in una enorme base militare egiziana.

Con la firma di un patto di triplice alleanza fra Egitto, Siria e Giordania (Ottobre 1956), la minaccia incombente sull’esistenza d’Israele si intensificò. Nel corso di una campagna militare della durata di otto giorni l’esercito israeliano conquistò la Striscia di Gaza e l’intera penisola del Sinai, fermandosi a 16 chilometri a est del Canale di Suez. La decisione delle Nazioni Unite di istallare una Forza d’Emergenza (UNEF) lungo il confine fra Egitto e Israele e le assicurazioni da parte egiziana sulla libera navigazione nel Golfo di Eilat, convinsero Israele a ritirarsi gradualmente (Novembre 1956 – Marzo 1957) dalle zone conquistate poche settimane prima. Di conseguenza gli Stretti di Tiran furono riaperti, consentendo sia lo sviluppo del commercio con paesi asiatici e dell’Africa orientale, sia le importazioni di petrolio dal Golfo Persico.

Anni di Consolidamento

Nel corso del secondo decennio d’esistenza di Israele (1958-68) le esportazioni raddoppiarono e il PIL ebbe ogni anno una crescita di circa il 10%. Sebbene alcuni dei prodotti che precedentemente venivano importati, come la carta, i pneumatici, apparecchi radio e frigoriferi, venissero ora prodotti da industrie locali, la crescita più rapida avvenne nei settori fondati più recentemente, come quello della metallurgia, della costruzione di macchinari, della lavorazione dei prodotti chimici e dell’elettronica. Dato che il mercato interno dei generi alimentari prodotti localmente si stava rapidamente avvicinando a un punto di saturazione, il settore agricolo iniziò a produrre una varietà più ampia di prodotti, sia per l’industria delle conserve che per prodotti freschi da esportare. Per far fronte al volume commerciale in aumento, fu costruito un secondo porto d’acque profonde sulla costa mediterranea, ad Ashdod, che andò ad aggiungersi a quello già esistente di Haifa. A Gerusalemme venne edificata una sede permanente per la Knesset, mentre vennero costruite nuove strutture per il Centro Medico Hadassa e per l’Università Ebraica in luoghi alternativi, per sostituire quelle che si trovavano sul Monte Scopus, che dovettero essere abbandonate dopo la Guerra d’indipendenza. 

Nello stesso periodo venne fondato il Museo d’Israele, con lo scopo di raccogliere, conservare, studiare ed esporre i tesori culturali e artistici del popolo ebraico. costantemente e vennero a svilupparsi stretti legami con gli Stati Uniti, con i paesi del Commonwealth britannico, con la maggior parte degli stati dell’Europa occidentale, con quasi tutti i paesi dell’America Latina e dell’Africa e con alcune nazioni asiatiche. Furono intrapresi vasti programmi di cooperazione internazionale e centinaia di medici, ingegneri, insegnanti, agronomi, esperti di irrigazione e giovani organizzatori condivisero le proprie conoscenze e le loro esperienze con persone di altri paesi in via di sviluppo. Nel 1965 avvenne lo scambio di ambasciatori con la Repubblica Federale di Germania, un passo che fino ad allora era stato rimandato per gli amari ricordi del popolo ebraico dei crimini commessi nei propri confronti durante il regime nazista (1933-1945). La normalizzazione delle relazioni fra i due paesi fu preceduta da una veemente opposizione e da un acceso dibattito pubblico.

La Guerra dei Sei Giorni – 1967

Le speranze di un altro decennio di relativa tranquillità furono mandate in frantumi dal progressivo aumento degli attacchi terroristici arabi lungo i confini egiziano e giordano, dai persistenti bombardamenti dell’artiglieria siriana sugli insediamenti agricoli del nord della Galilea e dal massiccio riarmo militare condotto dai confinanti stati arabi. Quando l’Egitto mosse nuovamente un ingente numero di truppe nel deserto del Sinai (Maggio 1967) e ordinò alle forze di pace delle Nazioni Unite (dispiegate dal 1957) di uscire dalla zona, reimpose il blocco agli Stretti di Tiran ed entrò in un’alleanza militare con la Giordania, Israele si trovò di fronte eserciti arabi ostili su tutti i fronti. Poiché i suoi vicini si preparavano a distruggere lo stato ebraico, Israele fece appello al diritto all’autodifesa, lanciando un attacco preventivo (5 Giugno 1967) contro l’Egitto nel sud, seguito da un contrattacco contro la Giordania ad est e lo sbaraglio delle forze siriane trincerate nelle alture del Golan al nord. Al termine di sei giorni di combattimenti le precedenti linee armistiziali furono sostituite da altre nuove, in cui Giudea, Samaria, Gaza, la penisola del Sinai e le Alture del Golan, si trovavano sotto il controllo israeliano. Il risultato di ciò fu che i villaggi situati a nord furono liberati, dopo 19 anni, dai continui bombardamenti siriani, il passaggio di navi israeliane o battenti bandiera israeliana attraverso gli Stretti di Tiran fu assicurato, e Gerusalemme, che era stata dal 1949 divisa fra il controllo giordano e quello israeliano, venne riunita sotto l’autorità di Israele.

​Di guerra in guerra

Conclusa la guerra, il difficile compito della diplomazia d’Israele era quello di tradurre i propri risultati militari in una pace permanente basata sulla Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che richiamava al riconoscimento della sovranità, della integrità territoriale e della indipendenza politica di tutti gli stati della regione e del loro diritto di vivere in pace in confini sicuri e riconosciuti, liberi da minacce o da atti di forza. Tuttavia la posizione araba, così come venne formulata nel Vertice di Kartoum (Agosto del 1967) dichiarò: Nessuna pace con Israele, nessun negoziato con Israele e nessun riconoscimento di Israele. Nel Settembre del 1968, l’Egitto iniziò una “guerra d’attrito” con azioni sporadiche e statiche lungo le rive del Canale di Suez, che crebbero fino a divenire veri e propri combattimenti circoscritti, causando gravi perdite per entrambe le parti. Le ostilità cessarono nel 1970 quando Egitto e Israele accettarono un nuovo cessate il fuoco lungo il canale di Suez.

La Guerra del Kippur – 1973

Tre anni di relativa calma lungo i confini, furono interrotti a Yom Kippur (Giorno dell’Espiazione), il giorno più sacro del calendario ebraico, allorquando Egitto e Siria lanciarono un attacco coordinato a sorpresa contro Israele (6 Ottobre 1973), con l’esercito egiziano che attraversò il Canale di Suez e le truppe Siriane che penetrarono nelle Alture del Golan. Nelle successive tre settimane le Forze di Difesa Israeliane capovolsero le sorti della battaglia e respinsero gli aggressori, attraversando il Canale di Suez in Egitto e avanzando fino ad arrivare a 32 chilometri dalla capitale siriana Damasco. Due anni di difficili negoziati fra Israele ed Egitto e fra Israele e Siria produssero degli accordi di disimpegno, in base ai quali Israele si sarebbe ritirato da parte dei territori conquistati durante la guerra.

Operazione Pace per la Galilea – 1982

Israele non ha mai desiderato un conflitto con il proprio vicino a nord, il Libano. Tuttavia, quando l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) si è dispiegata nel sud del Libano dopo esser stata cacciata dalla Giordania (1970) ed ha eseguito ripetute azioni terroristiche contro città e villaggi del nord d’Israele (Galilea) che hanno causato molte vittime e notevoli danni, le Forze di Difesa d’Israele ha attraversato il confine ed è entrato nel Libano (1982). L’Operazione “Pace in Galilea” ha avuto come risultato la rimozione dalla maggior parte delle infrastrutture organizzative e militari dell’OLP dall’area. Per i successivi 18 anni Israele ha mantenuto una piccola zona di sicurezza nel sud del Libano adiacente al suo confine settentrionale, per salvaguardare la propria popolazione in Galilea dai continui attacchi di elementi ostili.

La Seconda Guerra del Libano

Nel Maggio del 2000 Israele ha ritirato tutte le sue forze dalla zona di sicurezza nel sud del Libano. Il Libano, tuttavia, ha mancato di rispettare le risoluzioni 425 e 1559 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, in cui si chiama allo smantellamento di Hizbullah e al dispiegamento dell’esercito libanese nel sud del Libano. Come risultato di questo fallimento, nel Luglio del 2006 sono esplosi violenti combattimenti dopo che Hizbullah ha rapito due soldati israeliani e ha iniziato il bombardamento di città a nord di Israele. Nel conflitto che ha fatto seguito, che è poi divenuto noto come Seconda Guerra del Libano, sono stati lanciati oltre 4.000 razzi contro obiettivi civili in Israele. I combattimenti sono stati interrotti nell’Agosto del 2006 e il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato la risoluzione 1701 in cui si fa appello al rilascio incondizionato dei soldati israeliani catturati, al dispiegamento dell’UNIFIL e dell’esercito libanese su tutto il confine meridionale del Libano e alla istaurazione di un embargo sulle armi fornite ai gruppi armati libanesi.

L’Operazione a Gaza – 2008

Dopo il ritiro di Israele dalla Striscia di Gaza e da quattro insediamenti del Nord del West Bank, avvenuto nel 2005, e a seguito della elezione di Hamas nel 2007, il terrorismo contro Israele si è intensificato. Migliaia di razzi sono stati lanciati dalla Striscia di Gaza verso il sud di Israele dando come risultato danni alla proprietà, colpendo fisicamente e psicologicamente la popolazione che viveva nel sud del Paese e creando una situazione in cui Israele è stata forzata a intraprendere un’azione militare sotto forma dell’operazione che prese il nome di Piombo Fuso (dal 27 Dicembre 2008 al 18 Gennaio 2009).

Dalla Guerra alla Pace

Le elezioni del 1977 per la Knesset portarono al potere il blocco del Likud, una coalizione di partiti liberali e centristi, ponendo fine a quasi trenta anni di dominio politico del partito Laburista. Il nuovo Primo Ministro, Menachem Begin, reiterò l’impegno, preso da tutti i capi di governo che lo avevano preceduto, di adoperarsi per il raggiungimento di una pace permanente nella regione e lanciò un appello a tutti i capi arabi perché ci si sedesse ad un tavolo negoziale. Il ciclo dei rifiuti arabi agli appelli per la pace lanciati dagli israeliani fu rotto dalla visita a Gerusalemme del Presidente egiziano Anwar Sadat (Novembre 1977), seguita da negoziati fra Egitto e Israele sotto gli auspici americani. Gli Accordi di Camp David (Settembre 1978), risultato di tali trattative, comprendevano una struttura per una pace globale nel Medio Oriente, inclusa una dettagliata proposta di autogoverno per i Palestinesi. Il 26 Marzo 1979, Israele ed Egitto hanno firmato a Washington DC un trattato di pace che poneva fine allo stato di guerra esistente fra i due paesi, durato 30 anni. Secondo le condizioni stabilite nel trattato, Israele si sarebbe ritirata dalla penisola del Sinai, sostituendo le precedenti linee del cessate il fuoco e degli accordi armistiziali con confini internazionali reciprocamente riconosciuti. Tre anni di colloqui tra Giordania e Israele, a seguito della Conferenza di Pace di Madrid del 1991, culminarono in una dichiarazione congiunta di Re Hussein del Regno Hashemita di Giordania e del Primo Ministro Yitzchak Rabin (nel Luglio del 1994), che pose fine allo stato di guerra tra i due paesi, durato 46 anni. Il trattato di pace israelo-giordano è stato firmato al passaggio di confine di Aravà (nei pressi di Eilat in Israele e di Aqaba in Giordania), il 26 ottobre 1994, alla presenza del Presidente americano Bill Clinton.

Sfide Interne

Nel corso degli anni ’80 e ’90, Israele ha assorbito oltre un milione di nuovi immigrati, principalmente dall’ex-Unione Sovietica, dall’Europa dell’Est e dall’Etiopia. L’afflusso di una tale quantità di nuovi consumatori, come pure di un ampio numero di lavoratori specializzati e non specializzati, spinse l’economia verso un periodo di espansione accelerata. Dopo le elezioni per la Knesset del 1984 salì al potere un governo composto dai due maggiori blocchi politici: i Laburisti (centro-sinistra) e il Likud (centro-destra). Nel 1988 esso fu sostituito da una coalizione guidata dal Likud che, al termine della sua cadenza quadriennale, fu seguita, nel 1992, da una coalizione composta dal Partito Laburista e da altri partiti di dimensioni minori del centro-sinistra. Dopo l’assassinio del Primo Ministro Yitzchak Rabin nel 1995, nel 1996 si svolsero nuove elezioni. Con le elezioni dirette del Primo Ministro, Benyamin Netanyahu andò al potere e formò una maggioranza guidata dal Likud. Meno di tre anni dopo, il suo governo fu battuto. Nel 1999 Ehud Barak, leader del partito “Un Israele” (centro-sinistra), fu eletto Primo Ministro e formò un governo di coalizione; si dimise poi nel Dicembre 2000. Nel Febbraio 2001 Ariel Sharon, presidente del Likud, è stato eletto primo ministro e ha mantenuto questa carica fino al 2006, quando è stato colpito da un ictus. Ehud Olmert, capo del partito Kadima, fondato da Sharon nel Novembre 2005, gli è succeduto come primo ministro. Dopo le dimissioni di Ehud Olmert, a seguito di elezioni anticipate tenute nel Febbraio del 2009, è stato eletto come primo ministro Benyamin Netanyahu, il quale ha formato un governo di coalizione con un’ampia base. Ognuno di questi governi ha operato, secondo le proprie convinzioni politiche, per il raggiungimento della pace, per lo sviluppo economico e per l’assorbimento degli immigranti.​

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ANIME STANCHE

Esther D.V., classe 1925, giovane ebrea romana, residente in Via della Reginella n.3, rione S.Angelo.

Famiglia umile e povera, come quasi tutti gli ebrei romani del Ghetto.

Estate 1943.

L’estate romana è afosa e umida. A casa, dentro quattro mura non si può stare.

Fratelli e padre, per le vie di Roma, a vendere poche cianfrusaglie.

Lei e la mamma, fuori dall’uscio, a cucire camicie di signori.

Brave sarte.

La gente passa. I ragazzini urlano. 

Esther ha diciotto anni. Fra poco suo padre la farà sposare. Non sa chi sia l’eletto; un poco ha vergogna di parlarne. Lei però non vorrebbe sposarsi. Specialmente di quei tempi, in cui si ha paura della guerra, della gente…

La mamma dice che una brava ragazza fa felice il padre e la madre, sposandosi, secondo la legge di Mosè, dando al mondo una larga progenie…

Esther, però, non è come tutte le altre ragazze. Lei avrebbe voluto studiare e si rammarica di non aver potuto.

È capace. Ha un forte senso pratico e anche tanta arguzia. 

Al tempio, nel matroneo, con le altre, lei non parla alle funzioni. 

Lei prega, ma non ripetendo ciò che sente o legge.

Lei guarda sempre la volta celeste e pensa a come deve essere Domineddio.

Sua madre la osserva quando cuce.

Si punge sempre perché …sa fare, sì, ma è un fare di malavoglia.

Lei sogna. 

Ha sentito dire che se si sposa andrà a fare un viaggio vicino Roma. 

Ai Castelli.

Però a lei non interessa, perché nemmeno lo conosce il suo futuro marito.

Settembre. A tavola suo padre e i suoi fratelli parlano e dicono che la situazione a Roma sta peggiorando. Devono decidere cosa fare. 

Non si può restare. I giovani vorrebbero scappare. Ma dove? Il padre è più pratico. Non si può mica andare all’avventura! E poi chi lo dice che sia tutto vero quello che giunge alle loro orecchie? 

Così giorno per giorno spostano la decisione.

Ogni volta nel piazzale del Tempio si informano da altri più istruiti.

C’è chi dice che non è vero il racconto della gente che viene deportata.

C’è chi dice invece che presto verranno. Ma chi? 

I tedeschi. 

Esther ha paura. Guarda sempre in cielo. Lei è molto religiosa. Sa che Domineddio non può abbandonare il suo popolo, anche se per secoli il suo popolo ha sofferto.

Esther pensa che forse ci sarà una maledizione su di loro. 

Però senz’altro, come sempre si riuscirà ad andare avanti.

***

Ottobre 1943.

Le giornate sembrano tutte uguali. Ogni tanto con le cugine si esce in piazza o si passeggia vicino al Lungotevere. Roma è bellissima di ottobre. 

Suo fratello maggiore ha detto a cena che ha incontrato un certo Michele T. 

Esther sa che Michele è il promesso, ma non lo ha ancora visto.

Ogni volta che ne parlano a casa, sente il cuore battere forte, ma non per l’emozione.

Ore 5,20 del 16 ottobre.

Lo Shabbat, iniziato la sera prima, porta con sé un senso di tranquillità e di silenzio. Non si lavora. I fratelli e il padre dormono. Lei è sveglia nella sua parte di letto, condiviso con la madre.

In strada ad un certo punto si odono delle voci. Sono le 5.30

Rumori, bambini che piangono, urla. Dalle scale rumore di gente che scende.

Tutti si svegliano. 

Esther si mette indosso la sopravveste ed esce verso la cucina. Sua madre parla con il fratello maggiore e suo padre. Non capisce perché parlano piano e fitto fitto.

-Ci sono i soldati …sotto.-

Suo fratello e suo padre svegliano gli altri due più giovani e, mezzi vestiti, salgono sul ballatoio che collega gli edifici. La madre si veste in fretta e anche Esther.

Il cuore le va all’impazzata.

-Esther vai da zi’ Rosina e dille che apra la botola della cantina, che scendiamo.-

Esther scende le scale e c’è gente che va su. Sono i vicini. Salgono per il terrazzo come i suoi fratelli.

Lei scende al secondo piano.

La porta è aperta, ma zi’ Rosina non c’è.

Lei sa che esiste una seconda botola che dà verso un cunicolo interno al cortile. Invece che quella della cantina, prende quell’altra.

La mamma tarda a venire, però siccome sanno tutte e due la strada, lei va e pensa che presto sua madre sarebbe andata.

Si nasconde nella parte interna della botola. 

Si sente poco da lì. 

Esther prega. 

“Domineddio ma cosa ti abbiamo fatto? Salvaci. Mamma, papà, Marcello, Mauro, Aldo.”

Nel frattempo fuori è un caos. Camion, soldati, cani lupo. 

Gente che urla e gente che scappa. 

Mitragliatrici. Bambini che piangono.

Esther rimane lì e le sembra una eternità. Non esce perché ha paura e si addormenta. 

Svegliatasi ripercorre a ritroso la via della botola e si ritrova nella casa della zi’ Rosina.

Non c’è nessuno. La porta aperta, per terra qualche giacca di donna, quella di Zi’ Rosina e forse delle figlie. C’è un vento strano che viene dal pianerottolo.

Esther osserva e capisce che sono andati via tutti, perchènemmeno si sente nulla da fuori. Risale a casa. Non c’è nessuno. Il padre e i fratelli sono scappati su, li ha visti bene, ma la mamma? Pensa che sia andata con la Zi’ Rosina e le figlie.

Poi si siede in cucina. Chiude la porta d’ingresso. Un brivido di freddo. 

Sono le tre. Non si può stare così in eterno: pensa. Mangia un pezzo di pane azzimo, preparato per lo Shabbat. La pentola con le verdure sta sulla stufa, ma tutto è freddo. Cibo e cuore sono freddi.

Che fare? Pensa che forse nel palazzo ci sarà qualcuno ancora, ma non è stupida. Ha capito che i soldati erano per loro. E lì sono tutti ebrei. 

Si rannicchia nel letto. Anche le lenzuola e la coperta di lanetta sono fredde. La sensazione della morte.

“Domineddio, dove saranno. Magari papà e i fratelli sono al sicuro. Ma mamma? Mamma non può mica avermi lasciata sola”.

Si addormenta. La mattina successiva, ancora la stessa sensazione di silenzio e di morte. Non c’è nessuno in strada. Il palazzo è deserto. Decide che va a dare uno sguardo alla casa di fronte. Ci sarà certo qualcuno che uscirà da altre botole.

Esce, cammina davanti al palazzo di fronte, guarda in su, sui ballatoi e vede solo roba stesa. Le amiche del vicinato non rispondono. Non passa nessuno. 

E allora capisce.

“Hanno portato tutti via!”

Pensa che forse in Piazza può esserci almeno qualche passante. Qualche cristiano, insomma qualcuno che sappia.

La gente non c’è. Le pare un incubo. Arriva fino all’Isola Tiberina, ma non passa il ponte.

Allora decide che sarà meglio inoltrarsi a Trastevere. Là abita una sua insegnante. Una certa Silvina D.

Chissà che lei sappia.

Aspetta dinanzi al portone per un’ora. Dopo appare la donna. Porta della spesa. Non la riconosce quasi. 

“Sono Esther D.V., Maestra non mi riconosce?”

Sì la donna la riconosce e la fa entrare in casa, un po’ guardinga. Poi l’abbraccia.

“Che ci fai qui Esther? Non sai che ci sono i tedeschi in giro? E i tuoi?”

“Sono qui per questo. Sono venuti i tedeschi ieri mattina e hanno portato via la gente. Forse mio padre e i miei fratelli sono in salvo. Mia madre non so. Io ero chiusa in una botola.”

La donna guardò con dolce tristezza la ragazza. Le accarezzò i capelli. 

“Cara mia, hanno portato via tutti. Dicono che li portano a nord. Ma tu sei qui. Se vuoi per qualche giorno puoi stare. Poi però non potrai e devi cercare altro”.

Esther ha capito. Non sa che dire. A casa potrebbe stare. Ma come vivere? Non ha soldi e anche se c’è un po’ di cibo, non durerà. Allora dice alla sua insegnante che andrà a vedere se trova qualcuno e in caso contrario si porterà qualche vestito e sarà lì l’indomani.

Esce, guardinga. Si dirige fino a Piazza Belli. Si vede il ponte. C’è un vento che si porta via tutto…e forse quel vento si è portato via anche i suoi.

A passo svelto con la testa china, verso l’altro lato del Tevere. A metà ponte, guarda giù verso il fiume eterno che scorre. Pensa che, disperata, potrebbe buttarsi giù e farla finita, però una voce dentro le dice di no. Lei crede ancora che Domineddio possa salvarla.

Ripensa alla storia sua, alla gente del Ghetto, a suo padre, a sua madre e ai fratelli.

Poi pensa che qualcuno deve aver fatto la spia, perchèdella botola della cantina sapevano in pochi: quelli del piano terra, la Zi’ Rosina e la sua famiglia. Allora saranno stati quelli del piano terra.

Poi però non si capacita.

Mentre fa veloce, non guarda nessuno. Arriva a casa da vie traverse. Ci metterebbe cinque minuti, ma ora decide meglio andare alla larga.

Non c’è nessuno. Quelli che passano sono gente che va al lavoro e saranno dei Gentili, dei cristiani.

Forse era meglio stare dalla Maestra.

Il giornalaio apre. 

“Esterina, che fai in giro? -chiede.

“Sor Ricca’, hanno portato via tutti. Non so che fare.”

“Lo so, lo so, stella mia. Senti se vuoi vieni a casa nostra. Mi’ moglie fa’ spazio e dove mangiamo in nove mangiamo in dieci”.

Esther pensa che sia possibile. Ma prima vuole andare a casa. Ha freddo e non è il freddo esterno a farle male. E’ il freddo dell’anima.

“Grazie Sor Ricca’. Se ho bisogno verrò. Vado a vedere se trovo gente mia.”

Si salutano. Dopo mezz’ora arriva sotto casa. Entra dal portone aperto. Nessuno. Nemmeno un gatto. Sale su. Tutto come quella mattina.

A casa sente ansia a restare. 

Decide di andare a casa della zia. Forse fuori quartiere non è successo nulla. 

Per strada incontra una lontana conoscente.

“Esterina. Sei qui?”-

“Sor Giudi’…-quasi in lacrime- non ci sta più nessuno”.

“Esteri’. Hanno portato via tanta gente. Vieni da noi. Siamo fuori, verso Centocelle. Lì abbiamo chi ci aiuta”.

Esther pensa a delle suore che stanno vicino a Campo dei Fiori. Lì era andata con sua madre, per portare della roba.

Lei è molto religiosa. Andrà lì. E magari anche chiede di restare. Lei non vuole morire. Se proprio deve, morirà, ma con Domineddio.

“Esteri’, non fare complimenti. Senti, prendi le tue cose e vieni con me. Prendiamo la circolare e andiamo fino a Centocelle.”

Esther guarda la Sora Giuditta e pensa che non può. Lei deve stare in un luogo dove sempre possa pregare Domineddio.

Sora Giuditta guarda la ragazza e pensa che è un peccato se rimane sola. Ma poi, spinta dalla fretta della vita, la saluta, incoraggiandola.

Anni Cinquanta

Esther ha seguito la via del suo cuore. Ha lasciato casa, i ricordi, mamma e papà e i fratelli.

Ha pensato di andare dalle suore di Campo dei Fiori. La madre Superiora l’ha accolta molto bene. Esther ha detto la verità. Lei ha perso tutti ma vuole stare lì. Ha capito che Domineddio salva ancora. Sono gli uomini i cattivi. Sono prigionieri del male e nemmeno tentano di salvarsi.

Leggendo il giornale della portineria, Esther, ormai suora, legge che a tradire il suo popolo è stata una certa Pantera, una certa Celeste Di Porto, che lei ben conosceva, poco più grande, forse di due o tre anni.

La Pantera ha tradito il suo popolo. Ma Domineddio ha salvato Esther.

Esther chiuse il giornale che parlava del processo e iniziò una nuova vita.

 

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NON C’È UN TEMPO

Non vi è un tempo

sicuro

quel tempo cioè

in cui trovare la stabilità.

Esiste invece

un infinito

dentro e fuori

fatto di ricerca

incessante

di un Eterno.

E beati coloro

che lo trovano!

MS

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LA PANTERA

Celeste Di Porto

(Roma, 29 luglio 1925 – Roma, 13 marzo 1981) è stata una collaborazionista durante l’occupazione nazista di Roma, pur essendo ebrea lei stessa.

Biografia

Celeste nacque nel 1925 a Roma, nel ghetto ebraico. Descritta come una ragazza bellissima e spregiudicata, viste le umili origini fu costretta a lavorare già da adolescente, accettando occupazioni come domestica o commessa presso altri suoi correligionari residenti nel ghetto.

Divenne poi cameriera presso il ristorante “Il Fantino”, di Piazza Giudia[1] (da cui ottenne il suo secondo soprannome, Stella di Piazza Giudia), sempre all’interno del ghetto, noto per essere luogo di frequentazione di fascisti. Qui conobbe il milite Vincenzo Antonelli, con il quale ebbe forse una relazione sentimentale, sebbene fosse già promessa sposa a un altro ebreo del ghetto (in quel periodo era ancora uso all’interno della comunità ebraica romana combinare i matrimoni). La ragazza divenne oggetto di dibattito nel ghetto sia per questa sua relazione, sia per le asserite amicizie con esponenti del fascismo.

Collaborazione con i nazisti

Fino all’8 settembre 1943 le sue amicizie non provocarono altre conseguenze oltre ai pettegolezzi. Dopo l’armistizio, con l’occupazione di Roma da parte delle truppe tedesche, iniziarono i rastrellamenti ai danni della popolazione ebraica: su ogni ebreo consegnato dalla popolazione alla Gestapo vi era una ricompensa di 5.000 lire (quasi lo stipendio annuo di un operaio). L’amicizia di Celeste con gli squadristi non solo la protesse, ma la fece diventare un’attiva delatrice di suoi correligionari. Dopo il 16 ottobre 1943, giorno del rastrellamento del ghetto, collaborò alla cattura di numerosi ebrei, al punto di guadagnarsi il soprannome “pantera nera”, essendo noto il suo mestiere di spia, nonostante la giovane età (poco più che diciottenne).

Il caso più eclatante fu a seguito dell’attentato di via Rasella, in cui persero la vita 33 militari tedeschi, per la cui rappresaglia la Di Porto segnalò i nascondigli di ventisei ebrei, che furono fucilati nell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Nell’elenco dei fucilati fu inserito anche il fratello di Celeste, Angelo, che la ragazza fece risparmiare offrendo in cambio un conoscente, il pugile ebreo romano Lazzaro Anticoli, detto Bucefalo. Poco prima di finire alle Fosse Ardeatine, il giovane riuscì ad incidere sulla parete della sua cella del carcere romano di Regina Coeli un graffito in cui apertamente accusava Celeste Di Porto per la sua morte: “Sono Anticoli Lazzaro, detto Bucefalo, pugilatore. Si nun arivedo la famija mia è colpa de quella venduta de Celeste. Arivendicatemi”[2].

Celeste si preoccupò anche di proteggere le amiche di infanzia con cui ancora aveva rapporti e i propri familiari, avvisandoli per tempo delle retate dei nazisti.

Dopoguerra

Quando il 4 giugno 1944 Roma fu occupata dalle truppe anglo-americane, come molti altri collaborazionisti Celeste fuggì da Roma dirigendosi a Napoli, dove le sue vicende non erano note. Lì, sotto il falso nome di Stella Martellini (Stella era chiamata in famiglia per la sua bellezza, Martellini era un negozio ariano vicino al ghetto romano), per sopravvivere divenne prostituta in una casa d’appuntamento frequentata sia dalle truppe d’occupazione alleate, sia da gente comune. Proprio a causa della sua attività, un giorno incontrò due ebrei del ghetto romano che la riconobbero: dovettero intervenire le truppe alleate per salvare la ragazza dal linciaggio della folla inferocita. Venne portata in caserma, ma dopo qualche giorno fu rilasciata. Celeste Di Porto si rifugiò allora in un convento di suore di clausura a Perugia, nel frattempo conobbe lungo la fuga il suo futuro marito.

Nel corso di uno dei processi per i crimini di guerra del primo dopoguerra, fu arrestata nuovamente e condannata a scontare 12 anni di carcere; il suo difensore Francesco Carnelutti affermò che il suo comportamento era dovuto all’astio che si era formato tra lei e i popolani del ghetto per come era stata trattata da ragazza, sia per la sua bellezza e il suo fare disinibito per l’epoca, sia per le sue modeste condizioni economiche, che la costrinsero a lavori molto umili. In carcere, Celeste strinse amicizia con l’adolescente Tamara Cerri, amante di Pietro Koch; la Cerri dichiarò che Celeste si sarebbe vantata di non aver fatto del male ad alcuno, anzi di aver salvato molti ebrei. A seguito dell’indulto approvato nel secondo dopoguerra e alla successiva amnistia, Celeste scontò 7 anni di pena. In carcere si convertì al cattolicesimo e annunciò di voler prendere i voti religiosi, anche se in seguito vi rinunciò. Una volta uscita dal carcere, dopo un breve periodo passato a Trento durante il quale si avvicinò al movimento dei focolari, si trasferì infatti nuovamente a Roma, dove iniziò a lavorare presso una modista; dopo poco, si sposò. Ebbe una figlia, che è tuttora in vita. Morì nel 1981.

Nella letteratura

Lo scrittore emiliano Giuseppe Pederiali pubblicò nel 1995 un romanzo intitolato Stella di Piazza Giudìa, basato sulla vicenda di Celeste Di Porto.

Note

  1. ^ L’attuale Piazza delle Cinque Scole
  2. ^ Silvio Bertoldi, L’ebrea che vendeva gli ebrei, Corriere della Sera, 28 ottobre 1994, pag.29

Bibliografia

  • Michela Ponzani, Il tempo e la storiaCeleste di Porto: la pantera nera del ghetto, 21 ottobre 2016. URL consultato il 9 giugno 2017.
  • Anna Foa e Lucetta Scaraffia, Anime nere. Due donne e due destini nella Roma nazista, Venezia, Marsilio, 2021.
  • Giuseppe Pederiali, Stella di Piazza Giudìa, Firenze, Giunti, 1995.
  • La Storia siamo noiCercando Stella. La vita di Celeste Di Porto (puntata del 24 gennaio 2008).
  • Giuseppe Mayda, Storia della deportazione dall’Italia 1943-45, Torino, Bollati Boringhieri, 2002. pp. 139-142.
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NON HO DIMENTICATO NULLA

Ancora ieri passai per quella riva, con la nostalgia della giovinezza passata.

I platani allineati lungo il viale, le macchine che passavano rapide, all’imbrunire.

Il lungo Tevere Ripetta, l’Ara Pacis, il ponte…

La mente ai sedici anni.

La presenza della mamma, la sua irriverente vitalità, i sogni di gloria.

Un pensiero alla vita, non come una ragazza, ma come una donna matura.

Avere sedici anni e averne cinquanta. La stessa cosa.

Mia madre che mi dice: 

“Esci. Guarda alla vita. Non sei tu che ti inchini alla vita, ma la Vita si inchina a te”.

Esco e passeggio sola.

La solitudine è una condizione costituzionale.

La solitudine è un vaso di Pandora, dentro il quale scopri tutto.

Poi una folata di vento autunnale mi risveglia.

Non ho più sedici anni: cinquant’anni e non sentirli.

E il pensiero a chi fu.

Mia madre in me e io in lei, eppure io qui e lei in altra dimensione.

Il Tevere è placido stasera. Vedo già illuminarsi le banchine. 

Qualcuno, giù, sta passeggiando.

Una coppia, qualche solitario come me…qualche animale, forse dei piccioni, forse anche dei gatti selvatici…un battello.

Rivedo Via Margutta, il cancello e sento i ciottoli sotto le scarpe. 

Salgo le scale fino all’attico.

Mia madre mi apre. Dove sei stata?

A passeggiare. Guardo alla vita con gli occhi dello spettatore attento. 

La vita è come un teatro, un palcoscenico in cui ognuno fa la sua parte.

Poi si spengono le luci…ognuno per sé e Dio per tutti.

Non m’accorgo che ho oltrepassato il lungotevere Ripetta e non ho voglia di tornare a casa.

Ascolto il cuore che mi dice di proseguire. Arrivo a Castel Sant’Angelo. Gente che va e gente che viene.

Turisti.

Che tristezza. Roma è eterna. La sporcano. Che vilipendio!

Penso alla pulizia, alle camere di casa e del lavoro. 

Mia madre non faceva metter piede a nessuno. Tutto profumava di pulito.

Ma anche la polvere e la sporcizia dicono qualcosa: dicono il tempo che passa e ciò che resta.

Mentre passa la vita, sarà come andare da una riva all’altra del Tevere, come sulla barca di Caronte o su una zattera…

Il confine tra il qui e lì è talmente breve…

E’ sera. La gente torna a casa. Poca gente per strada. Solo vetture.

Arrivo all’Isola Tiberina. Io vivo nel passato. 

Mi immagino il 1943. La gente che scappa, i camion dei tedeschi.

Il dolore e la morte. La malinconia. Mio padre di un anno.

Una rappresentazione mentale nella quale si può vivere a distanza.

Dove siete? Mamma, papà, nonni, zii?

Avete oltrepassato il cancello o il fiume?

Avete solcato il confine tra la vita terrena e quella eterna e il vostro volto si staglia, mentre guardo verso il cielo.

Roma, città eterna.

Roma, la città dove vivere e morire.

Che strano…un carrettino suona una canzone di Charles Aznavour… 

Non je n’ai rien oublié ….

No, non ho dimenticato nulla.

Nemmeno io.

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